L'Apparato del Triduo
La ricorrenza del Sacro Triduo dei Morti rappresenta per l'intera comunità di Gandino un momento particolarmente intenso e sentito.
Anche per questo l'allestimento particolarmente grandioso predisposto in Basilica assume un valore intrinseco che non può essere spiegato dalla semplice tradizione.
Già nel ‘700 infatti i gandinesi volevano sottolineare con particolare fasto questa ricorrenza, tanto che in pochi anni l'apparato del Triduo fu commisionato, pagato e rifatto per ben due volte.
L'apparato attuale del Triduo dei Morti è una struttura spettacolare costituita da una grande raggiera (diametro di metri 5) a quattro cerchi concentrici che viene fissata sopra l'altare maggiore, e dalle piramidi, ossia molteplici bracci lìgneì a volute con portacandele che s'innalzano sopra l'altare fino alla raggíera; dietro sta il grande postergale cremisi, un tempo a strisce rosse e gialle. Sulle piramidi trovano posto 116 candele, mentre nei raggi della raggiera vi sono occhi con vetri policromi ora illuminati da lampadine elettriche (un tempo lumini) con l'effetto dei colori dell'iride secondo la descrizione dantesca della visione di Dio.
Durante le funzioni al centro della raggiera viene posto l'ostensorio ambrosiano conservato in Museo, dono dei Giovanelli, datato 1605.
Un primo apparato del Triduo era stato invece commissionato a Donato Fantoni nel 1777: questo fu realizzato secondo il disegno conservato nell'archivio Fantoni di Rovetta (e presente in copia nel nostro archivio parrocchiale) e pagato entro il 1779 (almeno 958 lire). Purtroppo di questo apparato ora non si ha più notizia: potrebbe essere andato disperso, oppure (considerando l'elevato valore pagato) recuperato ad altro uso o ceduto ad altra parrocchia. Ipotesi che comunque non hanno trovato alcun riscontro.
Già nel 1779 (lo stesso anno nel quale fu saldato il debito con Donato Fantoni) i deputati per il Trìduo, non soddisfatti dell'opera fantonìana, avevano chiesto un disegno a G. Battista Caniana e tra il 1788 e il 1791 gli furono pagati 1514 lire (come da ricerche effettuate da Don Francesco Ghilardi) per l'opera che ancor oggi si ammira, molto più imponente di quella fantoniana che rispondeva meglio al gusto dei committenti.
Nel '700 alle colonne venivano appesi i quadri-scheletro conservati, a partire dal 1964, nel Museo della Basilica (Vedi l'articolo "Il culto dei morti a Gandino" pubblicato sul numero di Febbraio 2001 della Valgandino). Esiste anche un apparato ottocentesco di drappi coprilesene neri con dipinti teschi, tibie incrociate e le fiamme dell'inferno che era utilizzato con i quadri scheletro per coprire le lesene perimetrali interne della Basilica.
L'apparato fu completato con 4 lampadari e nel 1815 con 27 mascheroni portacandele, in legno laccato e dorato, da appendere alle colonne.
L'insieme dell'apparato esprime la contemplazione del tema della morte nella prospettiva della Chiesa trionfante: i bagliori delle candele rappresentano le anime dei fedeli defunti, ma anche dei vivi, che si protendono in adorazione a Dio, sorgente di luce e di pace eterna.