Gandino ricorda il pittore Franco Radici

Un attento osservatore che ha voluto scoprire  e salvare gli scorci più significativi della sua terra

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08/08/2015
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F. Radici, «Chiostro dell’antico convento francescano», 1994

Un sereno osservatore, capace di riassumere nei tratti e nei colori l’essenza di una Bergamasca d’altri tempi.
Nel decimo anniversario della morte Gandino dedica, sino al prossimo 31 ottobre, una mostra antologica al pittore concittadino Franco Radici, morto a Bergamo il 1 settembre 2005. L’iniziativa riprende un filone espositivo che negli ultimi decenni ha reso omaggio alla grande tradizione dei pittori gandinesi e intende valorizzare l’arte e soprattutto lo spirito di un uomo che ha tanto amato la sua terra natale.
L’esposizione (coordinata da Pro Loco, Comune e Museo della Basilica) è allestita negli spazi del Convento delle Orsoline di via Castello, non lontano dal palazzo di vicolo Rottigni dove Radici nacque nel 1930. La vita di questo «illustratore » (come amava definirsi) fu guidata da due grandi passioni: la montagna e l’arte. La prima vissuta con l’instancabile attività nell’ambito del Cai, la seconda portata avanti con la voglia di scoprire e salvare luoghi e umori di una Bergamasca in profonda evoluzione, quasi a ripercorrere nello spirito i «Disegni di viaggio» di Luigi Angelini.
«Dalle opere di Radici – spiega Gustavo Picinali, curatore della mostra – traspare l’amore per ciò che è quotidiano: i luoghi abitati dalla gente umile e da questa trasformati per necessità e con discrezione, quasi a non voler rompere l’equilibrio della natura. Franco nel nome e nei modi, vive l’arte come la maggior parte della nostra gente, senza densi ragionamenti e a volte incomprensibili giustificazioni critiche. Suo pregio indiscusso è l’aver documentato i luoghi e le cose della nostra Valle, consapevole che gli ultimi decenni stavano trasformando e impoverendo la qualità del nostro territorio, cristallizzata per secoli».
Radici ha insegnato all’Istituto magistrale «Secco Suardo » per 25 anni. Nell’ambito di una produzione vastissima, che la mostra limita alla natia Val Gandino, illustrò cinque volumi, tra cui il rinomato «Roccoli della bergamasca», dove collaborò, come negli altri volumi, con Santino Calegari. Collezionista e studioso di mappe antiche della Bergamasca, curò un’importante mostra nel 1975 al Centro San Bartolomeo di Bergamo. Parte della sua raccolta sterminata di fotografie e diapositive è stata donata dalla famiglia al Museo e all’archivio parrocchiale di Gandino, dove è stata ordinata e digitalizzata.
«Si deve a lui - sottolinea Picinali - l’innovazione di disegnare sull’antico intonaco strappato dal sottotetto della casa paterna e di altre case di Gandino. L’irregolarità della superficie crea effetti particolari e fa vibrare il dipinto, creando una sorta di profondità naturale. Spesso si ispirava a vecchie fotografie, unica testimonianza di manufatti ormai persi. Non si fermava alla pura riproduzione, ma introduceva nei disegni una carica umana e morale».
Fra il 1981 e il 1983 predispose 12 litografie per rappresentare, su «La Val Gandino», i portali in arenaria del centro storico di Gandino. In occasione della mostra è stato stampato un ricco catalogo, con i saggi di Gustavo Picinali, Marisa Picinali e Francesco Rizzoni e le fotografie di Marco Presti.
La mostra è aperta ogni sabato e domenica dalle 15 alle 18. In alcune date specifiche (13 settembre, 11 ottobre, 25 ottobre) sono previste visite guidate al complesso conventuale delle Orsoline, comprese le antiche cantine, e alla vicina casa natale del pittore.

Autore: 

Giambattista Gherardi

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