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Data pubblicazione:
02/09/2005
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Se n'è andato per sempre nella tarda mattinata di ieri, lasciandosi dietro oltre mezzo secolo di disegni, libri, viaggi e meticolose ricerche alla scoperta del patrimonio architettonico e culturale delle valli bergamasche. Franco Radici, studioso di storia dell'arte, artista, insegnante e alpinista, si è spento all'età di 74 anni a causa di una malattia che lo aveva colpito lo scorso febbraio.
Originario di Gandino, il professor Radici viveva con la moglie in viale Vittorio Emanuele ed aveva un figlio. In città e in provincia è ricordato per le sue due principali passioni: la montagna e l'arte. La prima lo aveva accompagnato quando era più giovane: a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta Radici fu infatti protagonista di alcune spedizioni sulle Dolomiti e sulle vie principali della Presolana.
Interruppe le escursioni in montagna all'inizio degli anni Sessanta, ma il suo impegno nel Cai di Bergamo, di cui era socio dal 1947, non si è mai fermato: «Era nella commissione culturale - racconta il presidente del Cai Paolo Valoti - e per diversi anni è stato redattore del nostro annuario. È stato uno dei soci che ha creduto per primo nel progetto del Palamonti e ultimamente aveva dato la sua disponibilità anche a raccogliere, catalogare e valorizzare i quadri e le varie opere artistiche del Cai, un patrimonio di cui aveva intuito il valore e il significato. Purtroppo non ha avuto il tempo di intraprendere questo progetto e anche per questo ha lasciato un vuoto incolmabile». «Era ricordato dai soci anziani e da quelli più giovani - prosegue Giancelso Agazzi, presidente della commissione culturale del Cai -: come un uomo di grande cultura e curioso di scoprire il territorio bergamasco, in particolare nell'ambito dell'architettura tradizionale, su cui aveva compiuto studi e realizzato disegni».
La passione per la montagna, dunque, era indissolubilmente legata a quella per l'arte, a cui Radici ha dedicato tutta la sua vita: diplomatosi in disegno e storia dell'arte, il professor Franco Radici era stato per diversi anni insegnante di queste due materie all'istituto magistrale Secco Suardo, scuola dove era stato anche vicepreside. All'inizio degli anni Novanta, poi, raggiunta l'età della pensione, aveva dedicato gran parte del suo tempo al disegno e alla ricerca sul territorio: «Realizzava affreschi su tela - racconta il figlio Marco - e illustrazioni per libri e pubblicazioni sulle Orobie e sul patrimonio culturale della provincia di Bergamo». Tra i libri realizzati da Radici, «I roccoli della Bergamasca», dedicato all'architettura tradizionale della nostra provincia, e «Immagini della Bergamasca», scritto con Santino Calegari e Pino Capellini. Numerose anche le pubblicazioni sulle valli bergamasche, in particolare la Valle Imagna e la Val Taleggio.
«Tra i suoi interessi - prosegue il figlio Marco - c'era anche la cartografia: collezionava mappe storiche e le cercava pazientemente nelle biblioteche e nei mercatini. Ne aveva una ventina e nel 1975 le aveva anche esposte in una mostra al centro San Bartolomeo».
Appassionato e meticoloso nelle sue ricerche sul campo, Franco Radici aveva anche ricostruito l'intero albero genealogico della sua famiglia, risalendo addirittura a un suo antenato di Gandino, il primo Radici, di cui si parla in un documento risalente al Medioevo.
Ed è proprio a Gandino che l'artista, che avrebbe compiuto 75 anni il prossimo 16 settembre, sarà tumulato dopo i funerali fissati per domani alle 9 in Sant'Alessandro della Croce. A Gandino aveva gli amici più cari: quelli che lo hanno conosciuto da bambino raccontano che un giorno, quando la madre gli chiese che cosa volesse fare una volta diventato grande, Franco rispose: «L'amico». Chi gli è stato vicino in questi anni non ha dubbi che ci sia riuscito.
Originario di Gandino, il professor Radici viveva con la moglie in viale Vittorio Emanuele ed aveva un figlio. In città e in provincia è ricordato per le sue due principali passioni: la montagna e l'arte. La prima lo aveva accompagnato quando era più giovane: a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta Radici fu infatti protagonista di alcune spedizioni sulle Dolomiti e sulle vie principali della Presolana.
Interruppe le escursioni in montagna all'inizio degli anni Sessanta, ma il suo impegno nel Cai di Bergamo, di cui era socio dal 1947, non si è mai fermato: «Era nella commissione culturale - racconta il presidente del Cai Paolo Valoti - e per diversi anni è stato redattore del nostro annuario. È stato uno dei soci che ha creduto per primo nel progetto del Palamonti e ultimamente aveva dato la sua disponibilità anche a raccogliere, catalogare e valorizzare i quadri e le varie opere artistiche del Cai, un patrimonio di cui aveva intuito il valore e il significato. Purtroppo non ha avuto il tempo di intraprendere questo progetto e anche per questo ha lasciato un vuoto incolmabile». «Era ricordato dai soci anziani e da quelli più giovani - prosegue Giancelso Agazzi, presidente della commissione culturale del Cai -: come un uomo di grande cultura e curioso di scoprire il territorio bergamasco, in particolare nell'ambito dell'architettura tradizionale, su cui aveva compiuto studi e realizzato disegni».
La passione per la montagna, dunque, era indissolubilmente legata a quella per l'arte, a cui Radici ha dedicato tutta la sua vita: diplomatosi in disegno e storia dell'arte, il professor Franco Radici era stato per diversi anni insegnante di queste due materie all'istituto magistrale Secco Suardo, scuola dove era stato anche vicepreside. All'inizio degli anni Novanta, poi, raggiunta l'età della pensione, aveva dedicato gran parte del suo tempo al disegno e alla ricerca sul territorio: «Realizzava affreschi su tela - racconta il figlio Marco - e illustrazioni per libri e pubblicazioni sulle Orobie e sul patrimonio culturale della provincia di Bergamo». Tra i libri realizzati da Radici, «I roccoli della Bergamasca», dedicato all'architettura tradizionale della nostra provincia, e «Immagini della Bergamasca», scritto con Santino Calegari e Pino Capellini. Numerose anche le pubblicazioni sulle valli bergamasche, in particolare la Valle Imagna e la Val Taleggio.
«Tra i suoi interessi - prosegue il figlio Marco - c'era anche la cartografia: collezionava mappe storiche e le cercava pazientemente nelle biblioteche e nei mercatini. Ne aveva una ventina e nel 1975 le aveva anche esposte in una mostra al centro San Bartolomeo».
Appassionato e meticoloso nelle sue ricerche sul campo, Franco Radici aveva anche ricostruito l'intero albero genealogico della sua famiglia, risalendo addirittura a un suo antenato di Gandino, il primo Radici, di cui si parla in un documento risalente al Medioevo.
Ed è proprio a Gandino che l'artista, che avrebbe compiuto 75 anni il prossimo 16 settembre, sarà tumulato dopo i funerali fissati per domani alle 9 in Sant'Alessandro della Croce. A Gandino aveva gli amici più cari: quelli che lo hanno conosciuto da bambino raccontano che un giorno, quando la madre gli chiese che cosa volesse fare una volta diventato grande, Franco rispose: «L'amico». Chi gli è stato vicino in questi anni non ha dubbi che ci sia riuscito.
Data di inserimento:
07-09-2005