Impatto ambientale, la Bocconi studia mais e Taleggio

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Data pubblicazione: 

10/03/2015
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Un’attività didattica coi bambini

Quanto costa, in termini di impatto ambientale, produrre un chilo di farina oppure una forma di Taleggio?
Le variabili sono tante e anche nel caso di prodotti frutto di una filiera corta «a chilometri zero» è necessario certificarne l’Impronta Ambientale. A fine 2014 è stato ufficialmente stipulato, in vista di Expo Milano 2015, l’accordo di collaborazione fra la Regione Lombardia e l’Iefe (Istituto di economia e politica dell’energia e dell’ambiente) dell’Università Bocconi, che punta a certificare la qualità dei prodotti agroalimentari in relazione al consumo di risorse (acqua, combustibili, energia) necessario per la loro produzione.
In Lombardia la valutazione riguarderà tre filiere (definite cluster), di cui due bergamasche: quelle della Comunità del Mais Spinato di Gandino, del Consorzio Taleggio (con sede a Treviglio) e del Consorzio Provolone Valpadana (con sede a Cremona). In pratica si tratta di stabilire quanta energia deve essere consumata (e di riflesso quanto inquinamento viene prodotto) per partire dal campo (o dalla stalla) e arrivare sulla tavola dei consumatori, anche attraverso fasi di trasformazione che coinvolgono operatori diversi.

«Le impronte ambientali – spiega Fabio Iraldo dell’Università Bocconi – verranno utilizzate come criteri di qualità sia durante Expo Milano 2015, sia successivamente. Il progetto prevede la sperimentazione a livello locale della metodologia “Pef – Product Environmental Footprint” elaborata dalla Commissione Europea nel 2103». I rilevamenti che gli studiosi della Bocconi effettueranno sui luoghi di coltivazione, allevamento e trasformazione consentiranno di valutare l’impatto ambientale complessivo connesso al ciclo di vita di un prodotto, considerando anche le emissioni e i rifiuti generati in tutte le fasi della vita del prodotto stesso, incluso lo smaltimento/riciclo finale».
L’Impronta ambientale di prodotto, consente di calcolare e quantificare l’impatto ambientale in diverse categorie, come ad esempio effetto serra, consumo di risorse rinnovabili, formazione di smog fotochimico. «Per ciascun prodotto – aggiunge Iraldo - verrà redatto un vero e proprio ecoprofilo, individuando le operazioni che generano maggiori impatti e le soglie di criticità su cui è opportuno intervenire». Durante tutta la durata del progetto è prevista, per le filiere oggetto di studio, la partecipazione a eventi di livello nazionale ed europeo, nei quali l’esperienza di ciascun cluster sarà promossa e divulgata, con particolare riferimento a Expo Milano 2015.
« Il fine ultimo – conclude Iraldo – è definire margini di miglioramento e incentivare lo sviluppo di pratiche virtuose e mezzi innovativi».

Autore: 

Giambattista Gherardi

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