Storia e bontà alla cannella Ecco la «cruca» di Gandino

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03/04/2015
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La tradizionale «cruca»

Un concentrato di storia e genuina semplicità.
Puntuali come ogni anno, durante la Quaresima e in particolare il Venerdì Santo, i fornai di Gandino sfornano la «cruca», una sorta di panettone povero e basso che affonderebbe le proprie origini addirittura al Cinquecento. «È una vivanda – scriveva Antonio Tiraboschi nel 1873 – fatta con farina di frumento, zucchero, uva candiotta e altre droghe, cotta nell’olio». Ingredienti legati al giorno di magro ma anche, come conferma uno studio di Silvia Tropea Montagnosi, alle contaminazioni gastronomiche favorite nei secoli dai commercianti di pannilana.
Esemplari in questo senso l’uso di cannella (segno della Mittel Europa) ed uva di Candia, che arrivava da Creta a Venezia, dove i gandinesi avevano fiorenti contatti. Oggi la Cruca è prodotta da quattro panifici: Il Fornaio dei fratelli Imberti, F.lli Picinali, F.lli Persico e La Spiga d’Oro di Paolo Anesa, che mantengono viva una tradizione apprezzata anche dai turisti. I gandinesi hanno un ricordo particolare delle «cruche» preparate sino agli anni ’60 da Angelo e Pietro Motta, due fratelli che gestivano forni in contrada Cerioli e sul sagrato della Basilica.
Dalla serata di ieri, al termine della «Messa in cena Domini» è tornato anche il rito delle campane legate, che saranno sostituite da un’altra tradizione tutta gandinese: quella degli «urlatori». Per due giorni Emanuele Bertocchi e Celestino Caccia (entrambi del Gruppo campanari) utilizzeranno l’uno la propria voce possente e l’altro il suono della «tola» (una tavoletta in legno con battenti in ferro opportunamente scossa) per diffondere, in tutta la valle, il richiamo alle funzioni.
Dall’alto dei 73 metri del campanile della basilica, la loro opera ricorda lo stile dei muezzin visti dai gandinesi sui minareti d’Oriente.

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