Da metà ’800 al 1922 un mottetto del musicista seriano fu attribuito al genio di Salisburgo
E un’aria del bergamasco fu eseguita alla prima di «Mitridate» per il capriccio di un tenore
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Per oltre settant’anni è stato ritenuto un capolavoro del grande Wolfgang Amadeus Mozart, ma fra le note del mottetto «Adoramus te Christe» scorreva sangue bergamasco: quello del gandinese Quirino Gasparini, vissuto fra il 1721 e il 1778. Il brano, a quattro voci e basso continuo, è stato addirittura registrato nel catalogo creato da Ludwig von Köchel a metà Ottocento. Solo nel 1922 Hermann Spiess, maestro di cappella a Salisburgo, segnalò la corretta attribuzione al musicista bergamasco.
Le strade di Gasparini e Mozart si incrociarono a Torino, dove Gasparini era maestro di Cappella del Duomo, nel 1771: il compositore austriaco raggiunse il Piemonte per la rappresentazione al Teatro Regio de «L’Annibale in Torino» di Paisiello. È probabile che Mozart abbia appuntato, per ragioni di studio, la partitura dell’ «Adoramus te, Christe» su un foglietto oggi conservato nella Biblioteca statale di Berlino.
La mancanza della firma di Quirino Gasparini suffragò per decenni l’idea che si trattasse di una sorta di inedito mozartiano, e come tale fu catalogato. Solo successive ricerche consentirono di rintracciare un altro manoscritto dello stesso brano (oggi nell’archivio della Cattedrale di Salisburgo) in cui il nome di Gasparini era chiaramente indicato. Nel 1771 Mozart era un giovane compositore prodigio (aveva 15 anni) che seguiva con ammirazione le opere del bergamasco, di 35 anni più anziano.
Quirino Gasparini era nato a Gandino il 24 ottobre del 1721. Si impose sin da giovane come direttore di cori e orchestre nelle cappelle di Bergamo, Brescia, Cremona e Vercelli. Fu allievo di padre Giovanni Battista Marini, con il quale intrattenne un ricco rapporto epistolare, in gran parte custodito nella Biblioteca del Conservatorio di Bologna. Ordinato sacerdote a Bergamo il 18 settembre del 1745, Quirino Gasparini divenne membro dell’Accademia filarmonica di Bologna sei anni più tardi. Fra il 1759 e il 1760 ricoprì il ruolo di maestro di cappella in Santa Maria Maggiore e in seguito fu anche a Venezia e poi a Torino, come maestro di cappella del Duomo.
A seguire Mozart nel viaggio del 1771 c’era probabilmente anche il padre Leopold e non è escluso che possa essere stato proprio lui ad annotare la musica di Gasparini. Fra i due compositori c’era comunque profonda stima e fra le carte di Mozart conservate a Salisburgo è stato rintracciato anche il manoscritto di un altro mottetto composto sicuramente da Gasparini, intitolato «Plangam dolorem meum». Gasparini fu un autore assai prolifico (ancor oggi sottovalutato), figlio di un’epoca in cui vissero compositori del calibro di Bach, Haydn, Pergolesi e Beethoven.
Si dedicò in particolare alla musica sacra (messe, salmi, inni, mottetti, litanie), ma anche a composizioni strumentali per trii e quartetti d’archi, organo e cembalo. Di Gasparini scrisse anche Johann Simon Mayr, nelle sue «Biografie di musicisti» conservate nel Fondo Mayr della Biblioteca civica Mai di Bergamo. «Non passava Principe per quella Regia città (Torino ndr) che non cercasse di Querino, per averne qualche sua composizione per il che oltremodo era affaticato, stando al studio settimane intiere senza porsi a letto, procurando di star svegliato con liquori e quantità di caffè».
Gasparini fu anche autore di due opere liriche: «Artaserse», rappresentata a Milano nel 1756 su libretto di Pietro Metastasio, e soprattutto «Mitridate re del Ponto», proposta a Torino nel 1767. L’originale di quest’ultimo lavoro è conservato nella Biblioteca nazionale di Parigi. Il libretto, scritto da Vittorio Amedeo Cigna Santi, è stato un ulteriore trait d’union con Mozart, che pure lo utilizzò per la sua composizione dal medesimo titolo andata in scena per la prima volta al Teatro Ducale di Milano il 26 dicembre del 1770. Nel volume «La celeste armonia » del 2001 Marino Anesa, cui si deve la riscoperta del compositore bergamasco, scrive: «A quel tempo i cantanti d’opera più famosi dettavano legge perfino ai compositori. Essi dovevano scrivere le arie a loro misura e gusto. Il tenore siciliano Guglielmo D’Ettore, cui era affidato il ruolo di Mitridate in occasione della prima, chiese a Mozart di riscrivere per ben quattro volte l’aria di sortita “Se di lauri”.
Il compositore austriaco finì per riprendere quasi letteralmente la linea del basso e l’andamento melodico dell’inizio dell’aria composta da Gasparini. Addirittura nel terzo atto dell’opera mozartiana D’Ettore cantò per intero l’aria “Vado incontro al fato estremo” nella stesura del musicista gandinese». Gasparini mantenne un costante rapporto anche con la natia Gandino. Nel 1765 compose e diresse nella basilica di Santa Maria Assunta le musiche per le celebrazioni solenni in onore dei santi patroni Ponziano, Valentino, Quirino e Flaviano.
Almeno metà delle composizioni di Gasparini sono conservate nel fondo musicale della Cappella dei Cantori del Duomo di Torino, 37 sono a Bergamo nella Biblioteca del clero di Sant’Alessandro in Colonna e 18 fanno invece parte del fondo musicale della basilica di Gandino.
Quirino Gasparini morì a Torino il 26 settembre 1778.