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Quando il presepio è un’opera d’arte.
Sempre più piccolo o ancora più grande, essenziale o brulicante di dettagli, di ceramica o di legno: durante le feste natalizie il presepe domina incontrastato il panorama espositivo, pronto a stupire con la sua perizia artigianale e a calare la Natività nelle atmosfere delle più diverse terre del mondo. Tanto più in un territorio come il nostro, che può vantare collezioni importanti, dal Museo di Dalmine a quello di Gandino fino agli Amici del Presepio di Ponte San Pietro.
Da non perdere, tuttavia, è l’opportunità di fare visita a quei presepi che appartengono alla dimensione dell’arte tout court: veri e propri microcosmi in cui gli autori hanno voluto mettere alla prova le loro abilità plastiche e narrative. È un capolavoro a sorpresa, di quelli ancora poco noti al grande pubblico, il magnifico gruppo ligneo policromo e dorato dell’ «Adorazione dei pastori» (cm 122 x 120), conservato nella Sacrestia della Basilica di San Martino a Treviglio e databile intorno al secondo decennio del Cinquecento.
Quasi una traduzione in scultura del linguaggio pittorico del vicino e celebrato polittico di Butinone e Zenale, è opera di straordinaria qualità per intaglio e raffinatezza decorativa, attribuita a Giovan Angelo Del Majno, uno dei protagonisti della scultura lignea lombarda rinascimentale. Dal Rinascimento all’età moderna: l’opera del celebre maestro vetraio muranese Archimede Seguso, custodita al Museo dei Presepi di Gandino, è un capolavoro in vetro di Murano e oro zecchino: un racconto in cinque scene, dall’Annunciazione alla Fuga in Egitto, interpretato da oltre quaranta figurine che sembrano nascere da un unico, fluido e incessante andamento curvilineo. Quello di Gandino è uno dei tre esemplari di presepi di grande dimensione realizzati dal maestro (insieme a quelli custoditi al Museo Nacional de Artes Decorativas di Madrid e nella chiesa veneziana di Santo Stefano).