Armi diverse contro la concorrenza asiatica: «Made in Italy», qualità, diversificazione, servizi al cliente Strategie personalizzate per le 17 aziende bergamasche presenti alla fiera Heimtextil di Francoforte
Per ogni azienda una strategia diversa: c'è chi diversifica e chi si specializza, c'è chi sposta la produzione e chi la concentra, c'è chi cerca nuovi mercati e chi punta su un rapporto sempre più stretto con i clienti attuali. È la conferma che il problema della concorrenza dei Paesi a basso costo nel settore tessile non si può risolvere con una ricetta unica, ma deve essere affrontato azienda per azienda, perché ognuna è un caso particolare. Lo si vede dai commenti delle aziende bergamasche che hanno partecipato questa settimana ad Heimtextil, la fiera di Francoforte, principale appuntamento internazionale del tessile per la casa. Emerge comunque un dato comune di fondo: nessuna voglia di cedere, ma la convinzione che ora più che mai è necessario avere un atteggiamento attivo.
Del resto, se la differenziazione con una licenza internazionale come quella conquistata dal Cotonificio Zambaiti di Cene non è una strada possibile per tutte le aziende, in particolare quelle di piccole dimensioni, ci sono altri mezzi per distinguersi dalla concorrenza.
Il servizio decisivo
«Ora sono i cinesi, ma prima erano i turchi e poi i pakistani, la competizione sui prezzi c'è sempre stata. E allora si cerca di difendersi offrendo qualcosa di più, con prodotti di nicchia, con lo stile e con la celerità nel servizio - commenta Rodolfo Galizzi della Cogal di Leffe (biancheria per la casa) - È importante cosa si presenta e come ci si presenta sul mercato. Da vent'anni abbiamo una partnership con una società olandese che ha aperto i mercati del Nord Europa, dove operiamo con il marchio Van Dick e di fatto metà del nostro fatturato lo realizziamo all'estero. Ma in Italia operiamo con il nostro marchio direttamente o produciamo per conto di distributori. Fare battaglia solo sul prezzo è impossibile, ma fortunatamente il prezzo è importante, ma non è sempre decisivo. Soprattutto con i grandi distributori è importante anche la velocità e la precisione nelle consegne. Così tutto questo, unito all'attenzione per l'innovazione e lo stile, per le idee e la velocità nel realizzarle, permette di contrastare chi punta solo sul prezzo. Probabilmente alcuni tipi di produzione del tessile casa sono destinati, senza interventi della Comunità europea, a scomparire, ma la produzione di livello può vivere».
L'arma del «Made in Italy»
L'affermazione del «Made in Italy», per il design, ma anche per la qualità della produzione, è «molto importante» secondo Paola Marincola, product manager della Emmebi di Carvico (accessori per tendaggi). L'azienda si avvale delle sinergie con la Industrias Murtra, il gruppo spagnolo che l'ha acquistata nel 1999, ma mantiene una sua precisa autonomia che le permette in particolare di sviluppare un design originale italiana e di fatto l'intera attività «decorativa» del gruppo. «Produciamo in Italia articoli che richiedono finiture innovative o trattamenti di particolare accuratezza che realizzati in altri Paesi non avrebbero la stessa resa. Ma il fatto di produrre in Italia è un «plus» richiesto da molti clienti esteri che vogliono design italiano e prodotti italiani - dice Marincola -. C'è comunque voglia di qualità e di scappare dai prodotti dalla Cina e dell'Est: questo comporta un prezzo superiore, ma noi ci rivolgiamo a una clientela di livello medio alta che capisce la differenza».
La diversificazione
Approfittare dell'interesse per il «Made in Italy» per estendersi ad altri settori è quello che sta facendo la Perego di Cisano Bergamasco (biancheria per la tavola e la casa, tessuti per arredamento, abbigliamento da lavoro e tecnici). «Da un paio d'anni abbiamo ampliato l'interesse ad altri settori, come quello dell'hospitality, dell'alberghiero, che ci hanno permesso di non essere legati solo al mercato italiano - dice l'amministratore delegato Gianfranco Perego - . Anche in questo comparto il «Made in Italy» è un valore in più, garanzia di prodotto con una fattura di buon livello. A Francoforte, che peraltro è soprattutto per i prodotti per la casa, abbiamo registrato un buon riscontro per la presentazione di questa linea, che consacra un'iniziativa avviata un anno e mezzo fa. Prodotti «made in Italy» che assicurino continuità di servizio e immagine incontrano i favori del mercato, anche se diversificare è un'operazione impegnativa. Noi, che produciamo quasi tutto in Italia e con una verticalizzazione che parte dalla tessitura per arrivare alla confezione (150 persone impegnate tra Cisano e Villasanta), puntiamo ad essere sempre più presenti sul mercato, nella fascia più alta e ricercata. Questo comporta la necessità di uno sforzo continuo nel distinguersi dai concorrenti per tipo e numero di proposte, per nuove idee, per un rinnovamento continuo anche nella composizione dei tessuti. Occorre certamente un'organizzazione che permetta di fare nuove proposte a frequenza sempre più strette, ormai quasi ai ritmi dell'abbigliamento, e che consenta di sviluppare un rapporto con il cliente in grado di rispondere o anche anticipare le sue esigenze, oltre a una capacità tecnologica in grado di gestire lotti sempre più ridotti perché la tendenza è quella di una produzione sempre più personalizzata».
Non sulla diversificazione, ma sulla specializzazione punta invece la Torri Lana di Gandino (tessuti per divani e poltrone). «Serviamo l'industria del mobile e non facciamo vendita al pubblico. È un settore dove, al momento, la concorrenza asiatica non è particolarmente forte - dice Loredano Tonon, designer dell'azienda - Abbiamo un rapporto consolidato con clienti di una certa levatura che ci conoscono da anni e per i quali, più che il prezzo, è importante la qualità, il gusto e la serietà aziendale. E come azienda di piccole dimensioni, con 35 dipendenti, abbiamo anche una flessibilità che altri non hanno».
La Martinelli Ginetto di Casnigo (presente a Francoforte anche con la Nord Ciniglia , la divisione dei filati di ciniglia) ha da sempre scelto di non andare direttamente sul mercato ma di operare «business to business», vendendo ad altri produttori che operano con il loro marchio nel settore della biancheria per la casa. La formula è in fondo quella del «conto terzi» ma con una specializzazione nella fascia alta del mercato, alla quale si è abbinata anche una parziale delocalizzazione, con l'apertura negli anni Novanta di una tessitura in Ungheria, mantenendo comunque cuore e controllo a Bergamo. Per il marchio proprio al momento non c'è interesse. «Finché la formula funziona - fanno sapere dell'azienda - non c'è interesse a cambiare entrando nella distribuzione, anche se ovviamente di fronte a prospettive di cambiamento del mercato non si può escludere niente».
C'è anche chi dell'apertura del mercato cinese non ha paura, ma anzi è estremamente contento.
«Per noi l'Estremo Oriente è il secondo mercato dopo gli Stati Uniti - dice Giuseppe Brignoli, responsabile vendite della Giuseppe Brignoli e Figli di Leffe (tessuti e biancheria per la casa) - Noi facciamo un prodotto di alto livello che vendiamo anche in Cina. Certo, anche i paesi orientali, che per ora puntano soprattutto sui volumi, stanno crescendo a livello qualitativo. Al momento però quei mercati sono ancora soprattutto un'opportunità per noi. Noi vendiamo soprattutto tessuti, oltre che capi confezionati con il nostro marchio, e realizziamo il 98% del fatturato all'estero. Più che la concorrenza ci preoccupa il dollaro debole, dato che gli Stati Uniti sono il nostro principale mercato, ma nonostante il cambio riusciamo ancora ad aumentare il fatturato. Devo dire che la nostra fortuna è stata quella di andare all'estero nel momento giusto: è la quindicesima volta che esponiamo a Francoforte e la prima volta che siamo venuti le nostre esportazioni erano zero. Comunque curare il mercato non basta: dobbiamo continuamente investire nei disegni, nella varietà e nell'offerta di colori, cercando di fare meno magazzino possibile e offrire allo stesso tempo un'ampia gamma di prodotti, un servizio accurato e una consegna espresso».
La Cina come mercato più che come minaccia è vista anche dalla Zambaiti Parati di Albino . «Da una decina d'anni puntiamo su un prodotto ad altissima immagine, con qualità e creatività a un livello tale che i cinesi non ci disturbano - spiega Alfio Casadei, responsabile export del marchio Murella (mentre il marchio Happidea è curato da Giuseppe Fumagalli) all'interno di Zambaiti Parati -. Dalla fine degli anni Novanta abbiamo poi anche una fabbrica vicino a Pechino che produce circa un milione di rotoli all'anno (un rotolo «equivale» a 5 metri quadrati NdR). Così adesso abbiamo una formula che opera su due fronti: in Italia ad Albino produciamo circa 8 milioni di rotoli all'anno di altissima qualità, che esportiamo per il 90%, arrivando anche in Cina. In Cina invece facciamo un prodotto di media immagine che vendiamo sul mercato locale, nei Paesi dell'Est Europa tramite una forza vendita diretta dalla Cina e anche in Europa occidentale tramite l'Italia. Il progetto cinese però è stato pensato soprattutto come un investimento a lungo termine, in attesa che il mercato locale della carta da parati crescesse. A quel punto noi saremo lì con il prodotto locale e anche con il prodotto italiano di qualità».
Produzioni in Cina
C'è anche chi non ha produzione cinese diretta, ma cerca di «sfruttarla» per consolidare quella italiana. «Per certe produzioni abbiamo bisogno della Cina - spiega Pierluigi Bergomi, amministratore unico del Trapuntificio Bergamasco di Credaro -. Per l'alta qualità continuiamo a produrre in Italia, ma se il mercato chiede la piuma d'oca, che arriva per il 90% in Cina, non possiamo pensare di inventarci produttori di piuma in Italia. Così se prima andavo avanti e indietro dalla Cina per vendere, adesso negli ultimi due anni ci vado per acquistare. È una questione legata anche all'andamento dei cambi: se ora la produzione è divisa a metà tra Italia e Cina, un ulteriore rafforzamento dell'euro rispetto al dollaro comporterà un aumento della parte cinese. L'Italia riesce a difendersi sul piano della qualità e della proposta, ma alcuni prodotti non si possono più fare per questioni di prezzo».
Sulla difficoltà di trovare nuovi clienti con l'euro forte concorda anche Severino Suardi, titolare della Fini.Cop di Gandino (biancheria per la casa), che peraltro da quando ha iniziato a esporre a Francoforte, otto anni fa, ha triplicato la quota di export, ora al 30% della produzione. «La fiera dà buoni risultati anche se i buoni contatti si hanno nei primi giorni: negli ultimi due c'è un'invasione di cinesi che vengono a vedere cosa fanno gli europei - commenta Suardi -. Credo che chi si limita a importare dalla Cina alla fine verrà scavalcato dal grossista cinese. Invece chi resiste con la sua produzione per un paio d'anni penso che avrà alla fine grandi benefici. Intanto bisogna cercare di differenziare la produzione, lavorando più sul servizio che sul prezzo, ma mantenendo sempre sotto controllo la qualità che non può essere assolutamente abbassata, tanto più adesso che anche i paesi emergenti la stanno alzando. L'unica nostra possibilità, come piccola azienda, è quella di essere molto flessibili. Si possono tenere e trovare clienti solo aiutandoli in tutte le loro esigenze, dai campioni ai disegni su richiesta, dagli ordini di piccoli lotti al servizio esclusivo. Ci siamo tolti dalla guerra del mercato non puntando alla massa e quindi al basso costo, dove ora esiste il problema Cina come una volta c'era il problema Meridione e tra qualche anno ci sarà magari il problema India. Un concorrente sui grandi volumi e sui prezzi ci sarà sempre, a meno che non riusciamo a selezionare il cliente che vuole un prodotto su misura. È come comprare un abito in un negozio o in sartoria: noi cerchiamo di essere la sartoria».
Nuove tecnologie
Infine l'innovazione di prodotto. A Francoforte era presente anche la Radici Fibres di Chignolo d'Isola , che ha esposto la gamma di prodotti della divisione poliestere, comprese le fibre «Ingeo» che il gruppo dal maggio 2003 produce dal mais su licenza Cargill Dow. «La strategia principale per combattere i prodotti a basso costo è un'offerta di qualità e di servizi che valga il premio di prezzo richiesto dalle produzioni occidentali - commenta Andrea Borgis, responsabile marketing poliestere Radici Fibres, -. Su questa strada cerchiamo di proporre cambiamenti e nuove soluzioni al cliente che permettono lo sviluppo di innovazione dei prodotti come elemento di differenziazione: e vediamo che questa strategia paga».