Gli esperti alla presentazione delle ante lignee restaurate, esposte nella basilica per una settimana
Squilli di tromba e note d'organo - preludio del concerto della trombettista Viviana Ferrari e del maestro don Ugo Patti - luci soffuse e un'atmosfera raccolta hanno fatto da cornice, nella basilica di Santa Maria Assunta in Gandino, alla presentazione delle ante lignee cinquecentesche recentemente restaurate. Le ante, sulle quali è dipinta a tempera l'Annunciazione, sono parte del patrimonio dell'originaria parrocchiale del '400 e si trovavano all'interno di una struttura lignea più ampia, andata perduta. Circa tre anni fa sono state trasportate a Bergamo per essere restaurate: sabato sera la comunità di Gandino (in chiesa era presente una piccola folla) ha festeggiato il loro ritorno in basilica. Le opere sono state scoperte all'inizio della serata, prima che i relatori, intervenuti per illustrare le fasi del lavoro di recupero, prendessero parola. «Il restauro delle ante - ha spiegato durante la conferenza il prevosto di Gandino, don Emilio Zanoli - si colloca all'interno di un progetto storico artistico che la parrocchia porta avanti da tempo, grazie agli Amici del museo, collaboratori generosi e competenti, a fondi della parrocchia, a contributi regionali, alla generosità di privati interessati all'arte. A tutti coloro che si sono impegnati in questo progetto, va il grazie della comunità».
Presenti all'incontro anche monsignor Lorenzo Frana, già osservatore della Santa Sede presso l'Unesco di Parigi, ed Emanuela Daffra, della Sovrintendenza ai beni artistici di Milano. A proposito delle ante, Daffra ha spiegato che «alcuni particolari dei dipinti e delle formelle intagliate del retro sono andati perduti per sempre: si pensi al manto della Madonna, un fondo rivestito di stelline d'oro, che oggi non c'è più. L'intervento di restauro si è comunque mosso all'insegna del massimo rispetto, dando il meritato risalto alle parti originali restanti». Originali raffinati ancora intatti, quali le vesti dei Re Magi, ottenute a graffito, cioè graffiando l'oro per rivelare gli strati di colore sottostanti.
«Ma chi era questo artista ignoto - ha proseguito Daffra -, che mostra di conoscere perfettamente i modelli dei dossali tedeschi quattro-cinquecenteschi, le incisioni del Dürer e lo stile del bresciano Vincenzo Foppa? Gandino era sì un luogo di scambi, ma questo è un filone ancora tutto da scoprire e sarebbe bello che il restauro promosso dai gandinesi divenga stimolo per approfondire lo studio del Quattrocento, periodo fondamentale per le sue influenze, nell'arte di questo paese». Il restauratore Tiziano Villa, della ditta «Villa» di Bergamo, ha illustrato le fasi del restauro, «durato a lungo anche perché una prima parte di questo è stata dedicata allo studio diagnostico, finalizzato a valutare la consistenza e la sovrapposizione degli strati di colore». «Le due ante erano sporche - ha spiegato ancora Villa -, le vernici, sia di natura proteica sia resinosa, erano alterate; vi erano più sovrapposizioni di colore, dovute anche ai due restauri precedenti. In generale le due ante presentavano condizioni precarie. Le due tavole lignee, assemblate con cavicchi e colla animale, avevano probabilmente subìto dei danni dovuti all'umidità. L'anta meglio conservata era quella raffigurante l'Arcangelo Gabriele, le cui tavole, prima del restauro, si presentavano ancora incollate, mentre quella raffigurante la Vergine, interessata da una profonda fenditura, presentava danni maggiori dovuti alla corrosione degli strati preparatori su cui è stato steso il colore». Ora, dopo anni di lavoro, le preziose opere sono tornate allo splendore: i visitatori le potranno ammirare nella parrocchiale per una settimana, prima di essere trasferite al museo della basilica.