Quando la ghiacciaia ce la facevamo in cantina

Così a Gandino il convento «salvava» i viveri

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Data pubblicazione: 

19/07/2015
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I sotterranei del convento di Gandino, dove c’era la ghiacciaia

Sull’estate del caldo record c’è anche la spada di Damocle dei blackout, con i consumi elettrici alle stelle per condizionatori e frigoriferi. Pensare oggi di farne a meno, specie per la conservazione dei cibi, sarebbe pura follia.
Qualche secolo fa (e nemmeno troppi) la corrente elettrica era però un lusso per pochi o addirittura non c’era. Per conservare i cibi (carni, formaggi, verdure) si ricorreva spesso a ghiacciaie e cantine. Se ne può ammirare un esempio nel convento delle Suore Orsoline di Maria Vergine Immacolata a Gandino, in contrada Castello.
«Si tratta – spiega Silvio Tomasini, rettore del Museo della Basilica – di un dedalo per certi versi ancora sconosciuto, che occupa una porzione significativa della struttura conventuale, quasi paritaria a quella di superficie. Un tempo in queste sale sotterranee si conservavano le derrate del convento e addirittura veniva pigiata l’uva e prodotto il vino, con un torchio ancora visibile». L’attuale convento si trova sull’area che a partire dal 1610 fu sede per due secoli di un monastero benedettino, poi soppresso da Napoleone.
«Le cantine – spiega Tomasini – sono ubicate sotto l’ala Ovest del chiostro. La struttura lineare della volta è rotta dall’innesto di finestre che mettono in comunicazione lo spazio sotterraneo con il giardino, un tempo adibito ad ortaglia. Un modo per “mettere al fresco” immediatamente il raccolto. Ciò è ancor più evidente nella grande sala ipogea, cui si accede con scala in pietra arenaria, oppure nei vani ancor oggi parzialmente inesplorati. Alcune botole consentivano di gettare nei sotterranei, durante l’inverno, neve e ghiaccio ammassati in superficie.
Le particolari condizioni climatiche del sotterraneo consentivano poi di preservarli sino alla stagione più calda».
Alla faccia del blackout.

Autore: 

Giambattista Gherardi

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