Omaggio ai partigiani Maistrak e Magnanino

Gandino rivive l’imboscata di 70 anni fa alla Cima Ripa dove furono uccisi Giovanni Cazzaniga e Tolmino Fontana

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Data pubblicazione: 

10/07/2014
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1974
La zona di via Opifici, teatro del duplice omicidio del 1944
Giovanni Cazzaniga
Tolmino Fontana

Diedero la vita per un ideale di libertà, Gandino li ricorda a 70 anni dalla morte.
È in programma domani alle 18 in località Cima Ripa (lungo la via Opifici che scende verso il Fondovalle) la commemorazione «Un angolo di storia» promossa dall’Associazione Partigiani d’Italia Valgandino col patrocinio del Comune. L’idea è quella di ricordare nel giorno e nel luogo di quei tragici eventi l’uccisione dei partigiani Giovanni Cazzaniga e Tolmino Fontana. «È una modalità– spiega Giovanni Cazzaniga dell’Anpi Valgandino (solamente omonimo dell’ucciso) – sperimentata alla Malga Lunga e monte Farno, dove lo scorso anno ricordammo l’uccisione di Imberti e Ghidini a Prato Porta. Rivivere quei giorni nei luoghi originari consente alle persone di comprendere quanto la Resistenza e le violenze fasciste abbiano segnato la vita delle comunità. Un monito d’attualità».
A ricordare il mortale agguato dell’11 luglio 1944 sarà lo storico Iko Colombi, che nelle ultime settimane ha raccolto negli archivi nuovi elementi. «Alcune donne del paese – spiega Colombi – avevano fatto conoscenza con uomini forestieri dall’apparenza distinta. Si dissero interessati a raggiungere in montagna le formazioni partigiane. Ottennero di incontrare all’allora Trattoria Trani il partigiano Giovanni Cazzaniga “Maistrak”, la cui famiglia risiedeva in zona. Arrivò accompagnato da un giovane cremonese, Tolmino Fontana “Magnanino”, da poche settimane sui monti. Si rivelò una tragica imboscata: Cazzaniga fu ucciso immediatamente, mentre Fontana cercò scampo in una via vicina, ma, colpito alla schiena, fu finito alla testa. I corpi privi di vita restarono a terra: era mezzogiorno e volontà dei fascisti era far sì che gli almeno mille operai che uscivano dagli opifici vedessero la fine che spettava a “quei fuorilegge” ».
La salma di Cazzaniga fu portata in casa dal padre (Angela, sorella di Giovanni fu testimone dei fatti), mentre quella di Tolmino fu raccolta pietosamente dall’allora curato don Francesco Ghilardi, assistito da alcuni volontari. Il prete fu poi interrogato e ammonito, mentre un volontario (un Trevaini domiciliato a Peia) fu arrestato, percosso e trattenuto per tre giorni nelle carceri di Sant’Agata. Giovanni Cazzaniga aveva solo 21 anni, il padre era originario di Erba, sposato con una gandinese, mentre Tolmino Fontana era nato a Robecco d’Oglio (Cremona) nel 1919, ultimo di diciotto fratelli. «Sin dopo la guerra – aggiunge Colombi – la sua identità restò sconosciuta.
Nel 1945, con annunci sui giornali cremonesi, i gandinesi rintracciarono la famiglia. Nel gennaio del 1946 le salme dei due partigiani vennero riesumate dalla fossa comune e furono celebrati solenni funerali in basilica». Il 3 settembre 1946 la Corte d’Assise di Bergamo condannò per l’omicidio a 16 anni e 8 mesi (con il condono di un terzo della pena) Giuseppe Isoretti e Gaetano Perola, ex militi repubblichini della 612ª Compagnia ordine pubblico, la cosiddetta Banda Resmini.
Furono invece assolti gli altri due accusati, Mangialardo e Giudici.

Autore: 

Giambattista Gherardi

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