L’Oriente chiuso nei nostri cassetti

La mostra di paramenti sacri a Radici Casa svela tesori ancora sconosciuti della Basilica di GandinoAccostandoli a preziosi tappeti antichi, forme e colori testimoniano un dialogo secolare tra Est e Ovest

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12/04/2014
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Piviale in raso di seta broccato in oro riccio, oro e argento filati e seta, fine del XVII secolo; Gandino, Basilica di Santa Maria Assunta
1. Velo di calice di manifattura lionese ma di gusto orientale; fine ’800  2. Velo di calice di manifattura italiana meridionale: dettaglio del ricamo  3. Velo di calice francese, con merletto in argento filato; inizio ’700

Cos’è un tessuto? Una membrana mobile, stesa tra il corpo e il mondo. Barriera di difesa verso l’esterno, dagli sbalzi di temperatura, e al tempo stesso luogo di manifestazione di abitudini, gusti, sensibilità profondamente interiori. Il vestito è una superficie su cui da sempre dipingiamo non solo colori e forme ma un’intera rappresentazione di ciò che è - sotto il profilo sociale, economico, ma anche psicologico e caratteriale - la persona che lo indossa. Che cosa sono, allora, questi uomini ricoperti di campanule, fiori di cardo e di passiflora, intrichi di foglie, rami fioriti e colombe, di sete blu ricamate in oro membranaceo?
Dietro questo gusto sontuoso ma anche spesso un po’ bizarre c’erano sacerdoti di Santa romana Chiesa o raffinatissimi intellettuali cinesi parati a festa per una grande occasione? Sconcerta un po’, fa vacillare i nostri confini estetici la bella mostra «Echi d’Oriente. Storie tessili tra Asia ed Europa nei tesori della Basilica di Gandino» che si è aperta mercoledì presso Radici Casa, a Orio al Serio.
Al primo piano preziosi tessuti occidentali (sulla destra) e orientali (sulla sinistra) si incontrano con tappeti antichi e contemporanei e raccontano di viaggi, di incontri (a Venezia, Genova, Marsiglia, Lione, Ancona, Trento, Innsbruck, Salisburgo e da lì verso Augusta e le Fiandre, Vienna, Praga...) tra i commercianti seriani e le carovane che arrivavano speculari dal medio e dal lontano Oriente. Il Museo della Basilica di Gandino, come noto, ospita una collezione di stoffe antiche e di paramenti liturgici eccezionale. I tessuti acquistati dai mercanti nelle grandi fiere europee servivano per realizzare preziosi vestiti, maschili e femminili, di uso laico; a volte in un secondo momento venivano donati alla Chiesa e trasformati in paramenti per uso liturgico; in altri casi venivano direttamente regalati alle parrocchie domestiche, anche in segno di gratitudine verso il destino, da questi viaggiatori di buona fortuna
«I tessuti erano un bene talmente prezioso e costoso da superare spesso l’argenteria e la pittura» spiega Silvio Tomasini, rettore del Museo della Basilica di Gandino e tra gli organizzatori della mostra, che ha tirato fuori dai cassetti capolavori di solito non visibili. E questi broccati di seta, taffetà cangianti, impreziositi dall’oro filato lungamente in sottili trine, alla luce mobile delle candele che illuminavano le chiese antiche dovevano suggerire agli occhi dei fedeli anche il bagliore del mistero.
Le macrofotografie realizzate per la mostra («che ha richiesto anche alcuni restauri», spiega Anna Maria Radici) restituiscono dettagli meravigliosi di queste lavorazioni, sia quando il filo è tessuto a telaio sia nei ricami, nelle intricatissime finiture realizzate a mano. La manifattura turca si sovrappone a quella veneziana, quella cinese si confonde con quella lionese: Oriente e Occidente dialogano con connessioni stilistiche ricercate, contaminazioni che mostrano come l’arte sia stata capace, anche in periodi di collegamenti lenti e costosi, di valicare frontiere e restituire suggestioni di civiltà lontane: quasi che la bellezza sia stata, nei secoli passati, una sorta di lingua universale, di salvacondotto generale.
In questa «abilità nello scoprire valori estetici anche in culture molto diverse », come dice Tomasini, c’è dunque anche una testimonianza storica dell’apertura mentale di questo piccolo popolo bergamasco viaggiante per le città d’Europa con il suo lavoro sulle spalle. Accanto ai paramenti liturgici la famiglia Radici ha dato fondo, per arricchire la mostra, alla propria collezione di preziosi tappeti provenienti da Cina, Persia, Caucaso, e sono forti anche qui i rimandi fra le loro decorazioni floreali e geometriche e i disegni che ritroviamo sui piviali, i veli di calice, le stole.
Al piano terra è allestita anche una mostra sui «Talenti tessili » seriani, che racconta delle famiglie storiche della valle. Apertura fino al 2 giugno, dal martedì a sabato ore 9-12,30 e 15-19,30 (visite guidate su prenotazione).

Autore: 

CARLO DIGNOLA

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