Nasce un progetto provinciale in vista del 2015
Bergamo capitale mondiale del mais. Oggi è quantomeno un azzardo, ma nel prossimo futuro potrebbe essere la replica vincente al sogno sfumato di Capitale europea della cultura 2019. È in dirittura d’arrivo il lavoro del tavolo progettuale Meb 2015 (Mais Expo Bergamo) che cerca nell’esposizione universale di Milano una decisiva rampa di lancio. Da mesi realtà istituzionali e territoriali lavorano per «seminare» un progetto condiviso rispetto alla coltura del mais e alla cultura che attorno ad esso è cresciuta. Il presupposto è lapalissiano: siamo o non siamo la culla del mais e la terra della polenta?
A dare una risposta affermativa, declinata in una serie infinita di spunti, sono stati innanzitutto Provincia, diocesi, Università, Comune di Bergamo- Orto botanico Lorenzo Rota, Fondazione Mia, Unità di ricerca per la maiscoltura Cra-Mac, Comune e Comunità del mais spinato di Gandino. Proprio i chicchi uncinati dell’antica varietà seriana (arrivati, primi in Lombardia, agli inizi del ‘600) sono i primi protagonisti, dato che il progetto di salvaguardia, promozione e valorizzazione del mais spinato di Gandino, avviato nel 2008, è stato preso come paradigma di sviluppo da esportare su larga scala. «Siamo lusingati del riconoscimento dato al nostro lavoro – conferma Filippo Servalli, presidente dell’associazione costituitasi a settembre – ma teniamo a porre l’accento sulla rete di competenze, sinergie e potenzialità che Bergamo può esprimere in maniera incredibilmente trasversale ».
Al documentato primato gandinese della coltivazione del mais si affianca, a livello scientifico, la presenza a Bergamo dell’Unità di ricerca per la maiscoltura con sede in via Stezzano. È attiva dal 1920 e ha in coltivazione e conservazione oltre 700 varietà tradizionali di mais di tutta Italia e circa 6.000 accessioni di tutto il mondo.
Il tavolo di lavoro
Cultura e coltura sono i pilastri su cui ha basato le proprie fortune il progetto di Gandino, ritenuto agilmente replicabile grazie al partenariato di un vero e proprio parterre de rois: Camera di commercio, Confindustria, Confcooperative, Cesvi, Celim, Bergamo- Scienza, Fondazione della Comunità bergamasca, Aspan, Ufficio scolastico territoriale, Gal, Slow food, Cai, Associazione Fiera di San Matteo, Casa dei boliviani di Bergamo, Promoserio, Ubi Banca, L’Eco di Bergamo e Orobie. «Il tavolo di lavoro – aggiunge Servalli – è diventato un’appassionante fucina di idee.
La “congiunzione astrale” di Expo 2015 e del tema “Nutrire il pianeta, energia per la vita” rende irripetibile questo momento storico». Le proposte valutate al tavolo verranno presto inserite in un delprotocollo d’intesa, da condividere con la Società Expo. Si va dalle attività strettamente scientifiche per la sicurezza agroalimentare e la tutela delle biodiversità, alla didattica per la corretta alimentazione, alla promozione territoriale con enogastronomia (polenta e non solo…) e marketing turistico. «Sino a oggi si è parlato di Expo come vetrina che può consentire alla Bergamasca di intercettare flussi molto significativi – spiega Servalli –. Ora è concreta la consapevolezza che Bergamo ha un tema forte per essere primattrice anche e soprattutto in chiave espositiva.
Basti pensare che i clusters monotematici ideati per Expo, uniranno i Paesi di tutto il mondo attorno a temi specifici (uno riguarda proprio i cereali), avviando un confronto fra nord e sud del mondo assolutamente inedito. In questo senso la nostra diocesi propone esperienze consolidate di dialogo fattivo, unite a quelle di grandi realtà del terzo settore e al network degli antichi mais, che lo scorso anno a Gandino ha coinvolto anche Messico e Bolivia, culle del mais».
Non solo cibo, anche energia
Le ipotesi di lavoro del Cra-Mac riguardano gli aspetti alimentari, senza dimenticare le opzioni energetiche (biocombustibili e biocarburanti) e quelle no-food legate alla chimica verde, che studia materiali e impieghi alternativi. Il tema della biodiversità coinvolge il laboratorio «a cielo aperto» dell’Orto botanico, mentre la Fondazione Mia e la sua Società Valle d’Astino potrebbero offrire una vetrina espositiva di migliaia di metri quadrati per coltivare biologicamente il mais: Expo, da maggio a ottobre, copre esattamente la stagione coltiva. Ad allargare l’orizzonte i temi etici legati alla centralità del rapporto uomo-natura, all’etica dello sviluppo e alla sostenibilità, rispetto ai quali si propongono di lavorare l’Università (che dal 2004 ha una cattedra Unesco in Diritti dell’uomo ed etica della cooperazione internazionale) BergamoScienza e la diocesi. Per non parlare della Bolivia, con cui Bergamo ha un rapporto privilegiato: è lo Stato che al mondo presenta il maggior numero di varietà di mais, un vero e proprio laboratorio delle biodiversità.
I personaggi della nostra terra
«Siamo la terra del Beato Papa Giovanni XXII, il Papa contadino – conclude Servalli con visibile entusiasmo –, la patria di Ermanno Olmi cantore dei valori di un tempo e la città elettiva di Luigi Veronelli, padre dell’enogastronomia italiana. Ci sono l’arte artigiana di panificatori e ristoratori, il sapore della polenta taragna e una cultura popolare strettamente legata al tema. Una vera e propria identità».
Insomma: ci chiameranno polentoni e ne saremo orgogliosi: Bergamo punta sul mais.