L’orizzonte della chitarra può spaziare dal derapage insistito di «Fondali» a una Corale di Bach se la tastiera della dodici corde è sfiorata dalle dita abili di Riccardo Zappa.
Può espandersi anche altrove, in una terra di mezzo dove a far da spartiacque ci sono i Pirenei. La terra è quella dei Paesi Baschi, e la chitarra stavolta è imbracciata da Balen Lopez De Munain che si porta un complice, il fisarmonicista Joxan Goikoetxea, per dar anima e vita alla seconda serata del 3° Festival internazionale della chitarra, domani sera a Gandino, in Piazza Vittorio Veneto (inizio ore 21). I due musicisti baschi propongono dal vivo un dialogo serrato tra strumenti e sensibilità. Lavorano ad un’idea di musica popolare contemporanea elaborata su una matrice tradizionale.
Partono dalla tradizione della loro terra, per superarne il confine stilistico attraverso altri linguaggi, non ultimo il jazz, l’improvvisazione. La proposta non può essere relegata ad un aspetto meramente etnografico, e dunque non è filologicamente identificabile nel patrimonio della musica popolare basca; anche i brani strettamente legati al repertorio tradizionale sono plasmati liberamente, filtrati dalla straordinaria sensibilità dei due musicisti. Verrebbe voglia di usare la parola «contaminazione » se non fosse che è stata fin troppo abusata tempo addietro. Ciò non di meno quella di Lopez De Munain e Joxan Goikoetxea è musica di confine, in senso stretto: dal punto di vista geografico, quello segnato dai Pirenei tra Francia e Spagna, e stilistico, quello che i due artisti valicano in libertà passando dalla musica classica al folk, all’improvvisazione di stampo jazzistico.
L’eloquio tra i due è raffinato, rispettoso, giocato sul filo della leggerezza. Il paesaggio sonoro è intrigante, mosso, spinto con garbo estremo verso l’intreccio da cui nasce sempre il giusto sviluppo narrativo. Quella di Lopez De Munain e Goikoetxea è musica ad alto potere evocativo che mette al centro corde e mantici. La scaletta svaria tra l’album «Lotuneak», del chitarrista, in lingua basca «legami, vincoli», e «Innervisions», album solo del fisarmonicista. Intanto val la pena di ricordare la performance di Riccardo Zappa, in apertura di festival.
Cuffie agli orecchi per non perdere neppure una sfumatura di suono, il chitarrista milanese traffica d’elettronica la sua Martin a dodici corde, uno strumento che ha una straordinaria ampiezza di suono. Suona veloce e preciso, in fingerpicking, e lascia che sia la melodia a prevalere sul prodigio tecnico che pure resta lì a portata di mani, appena sottotraccia. Il portamento «irish» di un brano come «The Avonbridge» non segna una via costantemente praticata, «Slappin’» e «Cooper & M.P.» battono altri sentieri stilistici, con quella tersa melodia che torna anche al momento dei bis.
Piace di più Zappa quando il suono si fa incantato, innamorato delle note, dell’essenza vibrazionale del suono. In quei momenti la musica ti fa dimenticare la chitarra e le corde pizzicate a dovere aiutano a risalire la china della «guitar music» in un tempo lontano, quando erano Robbie Basho e John Fahey a dettar legge dalle stelle.
Zappa a quel mondo resta legato, per averlo vissuto in prima persona, e averlo raccontato in un libro dove gli estremi della musica e del suo mondo si guardano, qualche volta si toccano.
La festa della chitarra è a Gandino. Due fuoriclasse dai Paesi Baschi
05-08-2013