All'«Open day» dell'istituto di Maiscoltura protagonista il mais spinato di Gandino

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13/11/2011
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Biodiversità, alimenti derivati dal mais, impieghi industriali del mais: sembrano argomenti per addetti ai lavori, invece interessano da vicino tutti noi.
Sono temi che fanno parte degli studi per migliorare l'agricoltura al servizio dell'uomo, lavoro che svolge dal 1920 l'Unità di Ricerca per la Maiscoltura. Ieri, come momento di celebrazione dell'Unità d'Italia, la struttura ha aperto le porte al pubblico riscuotendo un buon consenso di pubblico: oltre 250 persone, tra cui tanti giovani infatti, hanno girato tra i campi di mais visitando la mostra didattica e chiedendo informazioni. Interessante il percorso guidato: prima una sfilata di macchine agricole impiegate dalla aratura dei campi alla trebbiatura delle messi, quindi la mostra sui possibili tanti utilizzi del mais e per finire le farine di tre molini (Nicoli di San Paolo d'Argon, Favero di Padova e Peila di Torino) e le gallette di mais da chicco intero confezionate da una ditta di Alba (Cuneo). Tra i visitatori, gli studenti dell'Istituto agrario e del «Natta», intervenuti con tre classi.
Al centro dell'attenzione lo stand del «mais spinato di Gandino», due varietà tradizionali tra le 700 varietà conservate nell'istituto di via Stezzano a partire dagli Anni Cinquanta. A Gandino queste tipologie di mais sono coltivate e danno una farina che può entrare bene nel mix necessario per preparare il pane tipico bergamasco «Garibalda».
Soddisfatto il direttore dell'Unità di ricerca, Nicola Berardo: «Siamo disponibili a tenere allestita la mostra anche nelle prossime settimane se le scuole ce lo chiederanno. Vorremmo che l'opinione pubblica, non solo gli specialisti, capissero l'importanza della ricerca su un cereale che sembra povero ma può dare ancora molto. Il miglioramento genetico del seme può dare qualità e quantità migliori, con minori spese di produzione».
Alla vasta proprietà del Centro di ricerca appartiene anche l'antica chiesetta di S. Pietro in Vincoli, detta anche "della Salvagna" (dal nome della famiglia che la fece costruire nel 1563). Da tempo l'associazione Amici di Colognola, presidente Agostino Cardinali, chiede di fermare il crescente degrado. Ieri la chiesetta era chiusa ma una piccola mostra ha illustrato gli urgenti lavori di restauro che necessitano per salvare importanti affreschi.

Autore: 

Roberto Vitali

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