Torna a splendere l'ex convento all'entrata della casa di riposo

Era stato abbandonato dopo la costruzione del nuovo complessoMesse da parte difficoltà e polemiche, lo storico edificio è stato recuperato

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Data pubblicazione: 

29/08/2010
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L'area all'ingresso della casa di riposo di Gandino, ristrutturata con un progetto da 300 mila euro

Un accesso più adeguato, nuovi servizi e la valorizzazione di un contesto architettonico di grande pregio. Sono in dirittura d'arrivo a Gandino i lavori di riqualificazione degli spazi di accesso alla casa di riposo Fondazione Cecilia Caccia Del Negro, inaugurata con la nuova struttura nel 2005.
«L'intervento di questi mesi – conferma il presidente della Fondazione, Elio Castelli –, prevedeva la sistemazione generale dell'ingresso, con l'antico chiostro e la struttura residenziale abbandonata dopo i lavori avviati nel 2001. C'erano innanzitutto necessità inderogabili, come quella di collocare in un contesto adeguato le camere mortuarie, mitigando nel contempo l'impatto estetico e funzionale dell'ingresso alla nuova casa di riposo». I lavori, che hanno comportato spese per quasi 300 mila euro, comprendono anche la realizzazione della nuova scala di accesso al chiostro con elevatore, la pulizia del corpo edilizio prossimo al cancello d'ingresso (un tempo utilizzato per le docce pubbliche) e il posizionamento di pannellature metalliche a copertura dei muri in calcestruzzo, realizzati per sostenere quanto è rimasto dell'antica chiesa che un tempo dominava il complesso. «Abbiamo in progetto anche altri interventi – continua Castelli – per il quali la sovrintendenza ha già dato il via libera. In particolare, la realizzazione di una pensilina in corrispondenza dell'ingresso principale, per proteggere il trasferimento degli ospiti sulle ambulanze. Poi la realizzazione di una quinta che delimiti, almeno parzialmente, lo spazio dell'aula sacra un tempo riservato ai frati».
La nuova casa di riposo di Gandino (circa 140 ospiti e 6.500 metri quadrati di superficie) è nata su progetto degli architetti Facchinetti e Ubertazzi a partire dal 2001, quando l'allora consiglio di amministrazione sostenuto dalla giunta del sindaco Marco Ongaro, targata Lega Nord, portò avanti la demolizione dell'ala costruita negli anni Sessanta (messa a norma negli anni Ottanta), abbandonando di fatto il complesso edilizio che ruota attorno all'antico convento di Santa Maria ad Ruviales, cui era dedicata la chiesa dei frati minori osservanti riformati, soppressi dalla Repubblica Cisalpina. Del complesso conventuale, datato attorno al 1481, resta oltre al chiostro affrescato (sede di concerti e mostre) anche la sala capitolare, con una particolarissima e preziosa volta ad ombrello. Da ricordare anche la chiesa con la volta affrescata da Ponziano Loverini.
Proprio la scelta di abbandonare la parte antica senza una nuova destinazione d'uso, per edificare al suo fianco un colosso da quasi 10 milioni di euro, che ha provocato in questi anni dubbi e polemiche, cui si sono aggiunti problemi funzionali in fase di utilizzo: la mancanza di parcheggi, in primis, con l'accesso alla struttura a fondo chiuso, ma anche della cappella, ricavata nel seminterrato in un secondo tempo, e l'assenza di spazi verdi esterni, cui ha un minimo posto rimedio l'impegno dei volontari di Omnia Vitae onlus e degli alpini, che hanno realizzato un giardino attrezzato.
La nuova amministrazione dell'ente, subentrata nel 2002 e guidata da Giuseppe Mosconi, ha portato a compimento l'opera, pur con un impegno finanziario che ancora pesa sui bilanci dell'ente. Ora lo sguardo è finalmente rivolto verso il futuro e i lavori avviati lo dimostrano. «Il passato non si cambia – conclude Castelli –, bisogna partire dalla realtà di questa struttura così come ci è stata consegnata per andare a colmare vuoti e mancanze. Abbiamo raggiunto l'equilibrio finanziario e gestionale e si può finalmente puntare a migliorare la qualità dei servizi».

 

Autore: 

Giambattista Gherardi

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