Vassalli brilla a New York nonostante il traffico

Seconda italiana e 57ª assoluta in 2h 57' 36" nella maratona più famosa del mondo. Ma con qualche recriminazione «Mi hanno fatto partire nel quarto gruppo, alle spalle di 15 mila persone: è stato un continuo slalom per sorpassare»

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05/11/2008
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Daniela Vassalli a New York

«L'aneddoto che rende meglio l'idea del contesto? Gli organizzatori che consegnano il pettorale a mio marito Gerardo che atleta non è ed alla gara non era manco iscritto: l'ha corsa e conclusa in 4 ore circa, ad entrambi rimarrà il ricordo dell'America, per il resto…».
Avesse sotto mano il numero del nuovo presidente degli Stati Uniti, Daniela Vassalli, di ritorno da New York, ha l'aria di chi non ci penserebbe su due volte a chiamarlo al telefono e dirgliene subito quattro prima che si insedi alla Casa Bianca. Sulla porta della sua, di casa, i piccoli Sebastiano e Francesco gli hanno fatto trovare al rientro dalla Malpensa la scritta «Brava mamma, sei stata grande anche stavolta». A Gandino, il paese dove abita, ad accoglierla ci sono striscioni festanti. Un clima che stride con lo stato d'animo della «mamma volante» dell'atletica bergamasca (infermiera, casalinga, atleta di rango internazionale): il 57° posto assoluto nella gara femminile vinta da Paula Radcliffe, seconda tra le italiane (la migliore è stata Lucilla Andreucci, 27ª), crono 2h 57'36'' (e molto del malumore sta qui…) proprio non gli va giù.
Soprattutto perché frutto di una gara nella quale non è stata messa nelle condizioni di esprimersi al meglio: «Colpa dell'organizzazione, che non si è dimostrata in grado di salvaguardare gli atleti che in America sono andati per gareggiare sul serio – attacca lei, personale di 2h48' a Zurigo lo scorso aprile – dico solo una cosa e non voglio passare per quella che vuole fare il fenomeno: al momento della partenza avevo davanti a me 15 mila persone…».
Normale, penseranno i più, in gara erano più del triplo. Invece no, diciamo noi, perché i concorrenti (in linea teorica) dovevano essere suddivisi in cinque diversi plotoncini a seconda degli obiettivi di classifica. Daniela avrebbe dovuto partire nel secondo, un'organizzazione per certi versi dilettantistica (e massimo rispetto per i dilettanti…) ha voluto finisse nel quarto.
E in fondo in fondo: «Così la gara si è trasformata in una sorta di slalom tra chi andava alla metà della mia velocità – continua la portacolori dell'Italcementi – ho perso un'infinità di tempo in sorpassi e slalom, in un percorso che già di per sé non era troppo lineare: mi rimarrà per sempre il ricordo di questa esperienza, ma sotto il profilo sportivo sono un po' delusa».
Non dice Daniela, se con l'impegno di New York ha chiuso la sua stagione «perché le gambe giravano bene, concludere l'annata così sarebbe un po' un peccato». Dice, invece, che nel 2009 si alternerà tra maratone e l'amata corsa in montagna (è stata campionessa mondiale a squadre di skyrunning sulle Orobie del 2007): «Anche perché di sicuro, lì, troverò meno gente in mezzo ai piedi (ride)». Dopo un pensiero dedicato ai due atleti che a New York sono morti per infarto: «Li ho visti entrambi, per un attimo mi è venuto spontaneo fermarmi, ma chi di dovere era già al lavoro…» l'ultimo pensiero è dedicato all'Italcementi, di Daniela sponsor, e che ha reso possibile la sua presenza nella maratona più famosa al mondo: «Li ringrazio per la possibilità che mi hanno dato, sono dispiaciuta anche per loro per questo risultato non eccezionale».
Che a detta di tutti quanti poi, tanto male, anzi. È che Daniela quando di mezzo c'è una gara è raro che alla fine sia pienamente soddisfatta: forse è per questo che spesso e volentieri le capita di fare la differenza. Diceva G. B. Shaw, il mondo, fosse degli insoddisfatti, perché sono solo che cercano di cambiarlo.
 

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Luca Persico

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