Sposi in missione: quei bambini del Malawi ci hanno cambiato la vita

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Data pubblicazione: 

24/10/2008
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Denise Andrioletti e Danilo Mignani con due bambini africani. Hanno ricevuto dal vescovo il mandato e giovedì prossimo partono in missione per Kankao, in Malawi

I bambini africani ci hanno cambiato la vita» dicono Denise Andrioletti e Danilo Mignani.Sono una coppia di trentenni semplici, alla mano. La loro, insistono, «è una storia normale», o almeno così è stata finché non li ha toccati l’amore per i più poveri, il desiderio di stare in mezzo a loro a cercare «una vita piena», fatta di fede e pane quotidiano.
Settimana scorsa hanno ricevuto dalle mani del vescovo Roberto Amadei la croce della missione, accanto ad altri due laici, tre religiose e un prete diocesano. Giovedì prossimo partono per Kankao, in Malawi. Vivranno in un orfanotrofio gestito dalle suore delle Poverelle. Denise ha 34 anni, l’aria sbarazzina, e al collo porta una semplice croce di legno. Era impiegata in un’azienda di biancheria per la casa. Suo marito Danilo ha 36 anni, lo sguardo sereno, la parlantina sciolta.Appassionato di calcio, a lungo giocatore della squadra del Casnigo, di mestiere fa l’idraulico e il saldatore. Denise e Danilo si conoscono da quasi vent’anni, sono cresciuti insieme a Casnigo.
Il loro amore è nato e cresciuto all’oratorio,come accade ancora a molte coppie, tra le estati al centro ricreativo, le gite, le feste, le serate in pizzeria. Hanno condiviso tutte le cose importanti della vita, fino a scegliere di trascorrerla insieme. Si sono sposati nel ’97. E a quel punto avevano già incrociato la strada della missione, anche se forse ancora non si rendevano conto che per seguirla un giorno sarebbero stati disposti a lasciare tutto: lavoro, amici, famiglia.

«Era il sogno della nonna»
L’incontro tra i due giovani e l’Africa parte da lontano: a prepararlo, senza saperlo,è stata la nonna di Denise. «Lei – racconta – sognava di partire per la missione. Ma il suo parroco le aveva proposto un destino diverso, in una famiglia che aveva tanto bisogno di aiuto: accanto a un padre rimasto vedovo troppo giovane,con sette figli ancora piccoli». E così era diventata madre e poi nonna, ma nel suo cuore continuava a covare quel desiderio: «Diceva spesso "con tutti questi figli e nipoti, qualcuno partirà pure missionario" ».
Quando la nonna è morta, la mamma e il papà di Denise, che frequentavano da tempo la comunità dei padri monfortani di Bergamo, hanno deciso di raccogliere questa eredità di fede genuina, vicina ai bisogni dei poveri del mondo, che si portavano dentro come un seme, e così hanno accompagnato padre Vincenzo Troletti, monfortano, in un viaggio di tre settimane a Mpiri, in Malawi. Danilo e Denise sono partiti con loro: «Per noi è stato il primo assaggio dell’Africa – spiega Danilo –. Un incontro molto forte. Padre Vincenzo in questa prima occasione ci ha dato un buon consiglio: ci ha detto di non fare nulla ma di essere disponibili ad osservare e ascoltare.Confesso che non è stato facile in un luogo nel quale c’era bisogno di tutto, l’impulso di impegnarsi in modo più attivo era irresistibile. Ma ora, a distanza di tempo, capisco quanto fosse importante prima di tutto prendere contatto con questa realtà. Per me non è stato un colpo di fulmine: dopo tre giorni avrei voluto scappare. Poi pian piano, con l’aiuto di Denise, sono riuscito a rilassarmi e non c’è stato più verso di dimenticare l’Africa.
A catturarmi sono stati fin dall’inizio gli occhi dei più piccoli. Nei villaggi sembrava che non ce ne fosse nessuno poi all’improvviso arrivavano di corsa tutti insieme e restavano lì a guardarci con curiosità,perché eravamo diversi. In quella zona un po’ sperduta l’arrivo dell’"uomo bianco" era ancora una novità, non sempre piacevole. In un villaggio quando ci hanno visti arrivare sono scappati a gambe levate».
Dopo quella prima esperienza i due giovani sono tornati a casa, si sono sposati, hanno messo su casa a Gandino, e hanno continuato la loro vita di tutti i giorni, anche se c’era sempre la voglia di tornare in Africa. «Nel 2000 siamo andati ad esplorare un’altra zona del Malawi – prosegue Danilo –, intorno a Balaka, ospiti di padre Mario Pacifici di Entratico.
Ci siamo fermati per cinque settimane e per la prima volta ci è stata data la possibilità di dare una mano». Il papà di Denise faceva già parte di una «cooperativa di lavoro», e lo stesso la sua mamma,alla guida di un gruppo di cucito. «C’è sempre molto da fare – chiarisce Danilo – le strutture si deteriorano velocemente, la natura tende a riprendersi in fretta gli spazi "rubati" dalle costruzioni».

Accanto agli orfani di Kankao
«Nel weekend – aggiunge Denise – frequentavamo i villaggi dove padre Pacifici andava a celebrare la Messa. È stato molto stimolante l’incontro con questa realtà cristiana forte, che vive i sacramenti in modo gioioso. E per creare un luogo in cui pregare bastavano quattro bastoni e un tetto di paglia. Ogni volta la gente ci trattava come ospiti di riguardo, mettendoci un po’ in imbarazzo. Ci hanno dato una grande lezione su che cosa significa accogliere, e una volta tornati abbiamo cercato di metterla in pratica».
Durante il soggiorno a Balaka la coppia va a visitare per la prima volta l’orfanotrofio di Kankao, gestito dalle suore delle Poverelle. «Siamo rimasti colpiti da questo ambiente – dicono –, dove vengono ospitati bimbi anche molto piccoli: con il loro desiderio di affetto ci hanno rubato il cuore». Così nel 2004 scelgono proprio Kankao come meta di un nuovo viaggio: «Ci siamo fermati più di un mese e questa volta siamo entrati davvero nella vita quotidiana della comunità.Abbiamo ascoltato storie terribili, ci siamo avvicinati come mai prima allo stile di vita della popolazione locale, abbiamo sperimentato la gioia di sentirci utili. Se qui da noi si lavora soprattutto per riscuotere lo stipendio a fine mese là il premio che si ottiene è fatto di relazioni, di incontri. Ci ha stupito la grande gioia di vivere che c’è sempre tra la gente, nonostante la povertà e i mille problemi da affrontare».
Ci sono stati anche i momenti bui: «Abbiamo visto morire bimbi piccoli per malattie banali, perché non c’era modo di curarli. Abbiamo sperimentato la frustrazione, l’impotenza. E poi la necessità di essere comunque presenti, di ricominciare dopo ogni dolore, perché c’è sempre qualcuno di cui occuparsi, e non si può lasciarsi andare.E abbiamo provato sulla nostra pelle il senso dell’ingiustizia e dello squilibrio tra i ricchi e i poveri del mondo». A quel punto è arrivato il desiderio di mettersi in gioco fino in fondo, con una scommessa per la vita: «Una volta tornati a casa ci sentivamo ormai stranieri». Ci sono stati nuovi viaggi ravvicinati.
E poi, nel 2006, la prova di un anno intero in Africa: «Un’esperienza che ci ha rafforzato.Certo lì non c’è quasi niente di quello che abbiamo qui ma non ne abbiamo sentito la mancanza. Ci hanno sempre sostenuto e aiutato gli amici e i familiari, che ci hanno dato grandi prove di amicizia, e una grande disponibilità ad aiutarci in questo cammino». Denise e Danilo non si sentono affatto «speciali»: «Abbiamo cercato di essere sempre noi stessi, con la nostra semplicità e la nostra voglia di fare. E questa partenza per noi è la possibilità di dare corpo a un sogno, una possibilità che ci è stata data dalla diocesi e dal centro missionario diocesano, e che accogliamo con umiltà e gratitudine».

Autore: 

Sabrina Penteriani

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