Lussana, il bergamasco che smentiva Lombroso

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Data pubblicazione: 

07/10/2007
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Angelo Ceroni, ritratto di Filippo Lussana
Lo studioso contraddisse il celebre psichiatra sull'origine della pellagra. Fu anche uomo d'arte e poeta
Quando Cesare Lombroso sostenne che la pellagra era causata da un microorganismo contenuto nel granoturco, Filippo Lussana non ebbe timori a contraddire il celebre psichiatra e a dimostrargli, secondo un'indagine che oggi definiremmo epidemiologica, che le ragioni della grave malattia risiedevano nel tipo di alimentazione. Lombroso a quell'epoca era un monumento, Lussana invece era un medico di grande intelligenza e vivacità che faceva della sua esperienza di medico condotto la materia prima dei suoi studi.
La figura di Filippo Lussana, dopo essere finita per decenni nel dimenticatoio, è stata rispolverata di recente. La sua vita è stata inserita lo scorso anno nel Dizionario biografico degli Italiani realizzato dalla Treccani. Nei mesi scorsi Lorenzo Lorusso, medico dell'ospedale di Chiari, è stato invitato a Boston a parlare dello scienziato bergamasco. In questi giorni, in occasione di BergamoScienza, la biblioteca Angelo Mai ospita una mostra organizzata dal Gruppo volontari della Mai con opere e scritti di Lussana e venerdì nel tardo pomeriggio nella Sala Tassiana si è svolto un seminario, organizzato dall'Archivio Bergamasco, sulla figura del medico. Ha aperto l'incontro il direttore della biblioteca, Orazio Bravi, che di Lussana ha sottolineato la passione per l'arte e la letteratura. Bravi ha annunciato che è in preparazione un volume sul medico nato a Cenate Sopra nel 1820 e morto a Cenate Sotto nel 1897.
Che avesse una mente fertile, era stato chiaro fin dai suoi primi anni di vita, tanto che la sua famiglia decise di farlo studiare. Venne mandato al collegio ecclesiastico di Clusone. Aveva quindici anni quando fu chiamato a scrivere un tema in occasione della morte dell'imperatore d'Austria Francesco I dal titolo: «Il Cesare romano e il Cesare austriaco». Il giovane Filippo fu chiamato a leggere il tema ad alta voce e disse: «Il Cesare romano trionfante perdonava a tutti i suoi nemici, il Cesare austriaco li imprigiona nello Spielberg» e il suo professore gli ingiunse immediatamente il silenzio chiudendogli la bocca. Il ragazzo venne condannato a tre giorni in camera a pane e acqua. Ma dopo un'ora andò a trovarlo il rettore, il reverendo Cantelli, il quale gli chiese che cosa fosse accaduto. Allora il rettore gli chiese dove avesse assorbito quelle idee e Filippo rispose di avere letto Le mie prigioni di Silvio Pellico. Fu così che il rettore abbracciò il ragazzo. Brillante negli studi, Lussana passò poi al Sarpi e all'università di Pavia. Divenne medico, ottenne la condotta prima a San Pellegrino, nel 1844, quindi a Mologno di Casazza e a Gandino. Fu un medico assiduo che curava nella pratica e intanto studiava, cercava di capire. Così annotava, analizzava, scriveva sulla pellagra, sul cretinismo nelle valli bergamasche contestando un'inchiesta governativa, avviò i suoi studi sul cervello, individuò l'area dove risiedono i meccanismi del linguaggio, realizzò una Organologia cerebrale . Studiò gli effetti dell'atropina, si occupò del caffè pubblicando un altro volumetto, delle norme di igiene. Nel 1860 diventò docente universitario di fisiologia a Parma. Della figura di Lussana in generale si è occupato Cesare Fenili dell'Archivio Storico, quindi hanno parlato Lorenzo Lorusso, Alessandro Porro (università di Brescia), Maria Imparato (docente di Lettere al liceo scientifico Lussana). Alla serata hanno partecipato anche il presidente dell'Ordine dei medici, Emilio Pozzi e il preside del Liceo Lussana, Cesare Quarenghi.
Lussana continuò i suoi studi, analizzò la fisiologia del dolore, prese in considerazione il rapporto tra colori e emozioni arrivando a conclusioni simili a Kandinskij. Studiò la funzione del cervelletto, le innervazioni della lingua che consentono il gusto, le origini della sensazione di vertigine.
Ma Lussana fu anche uomo d'arte e poeta. Scrisse: «Nel cammino lento e faticoso che l'umanità percorre onde arrivare all'acquisto della verità, il più delle volte è il genio intuitivo delle arti belle che precede la scienza, e questa non arriva che più tardi, a spiegare e illuminare le ispirazioni di quello».

Autore: 

Paolo Aresi

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