Da Gandino i miei menù per il Sudafrica

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Data pubblicazione: 

04/10/2007
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Paolo Terzi con la moglie June nella sua tenuta in Sudafrica;
i due coniugi con la figlia Luisa, il genero Massimo e i nipotiTerzi con i fratelli; nella sua ditta «Groplast» con un operaio e il figlio Angeloni Nicola e Giorgia;
Paolo Terzi, partito 40 anni fa per Johannesburg, ha aperto una serie di ristoranti italiani E ora un'azienda di materie plastiche. «Sognavo l'Africa grazie ai racconti dei missionari»
Una baita sui monti della Val Gandino non è certo difficile da trovare, ma scovarne una nel centro di Johannesburg, in Sudafrica, è sicuramente meno scontato. È questo uno dei «capitoli» più originali della storia di Paolo Terzi, 60 anni, che da Gandino, una quarantina di anni fa, è partito alla volta del Continente Nero in cerca di fortuna.
«L'Africa è sempre stata nei miei sogni – spiega Terzi, da poco tornato in Africa dopo una vacanza con la moglie nella sua Gandino –. Forse ero attratto dai racconti dei missionari, che a scuola e in oratorio ci proponevano le immagini della savana che tanto mi appassionavano».
Una sorta di «mal d'Africa» esploso in gioventù, che l'ha «afflitto» con tenacia. «Così ho seguito un corso per imparare un mestiere che mi consentisse di lavorare per le grandi imprese che costruivano dighe e strade in Africa. Il contatto decisivo avvenne per merito del dottor Capriata di Gandino: mi segnalò che il Consolato del Sudafrica cercava operai esperti, cui avrebbe garantito un lavoro nella giovane industria meccanica del Paese. Lasciai l'impiego alla Meccanica Orobica di Gandino e partii, insieme a Luigi Genuizzi, nel dicembre del 1968».
Il primo impiego fu alla Turin Motors di Johannesburg, dove si costruivano i motori della Fiat 1500 e poi 124. Poi arrivò un lavoro in una ditta di materie plastiche, che preparava le componenti delle penne Bic. «Mi ritrovai a guidare squadre di operai sudafricani: erano i tempi dell'Apartheid e ai bianchi venivano garantiti posti di comando».
Prevalse però la voglia di scoprire il mondo africano e, dopo un'esperienza nello Swaziland, Terzi decise di ascoltare il «richiamo della foresta», ma anche quello della famiglia. Paolo è, infatti, il quinto dei dieci figli (oltre ai quattro morti in tenera età) di Maria e Angelo Terzi, famiglia ben conosciuta in Val Gandino, soprattutto per la gestione a Gandino del ristorante «Agnello», ormai chiuso da alcuni anni. «Il ristorante era l'attività di famiglia, io stesso ancora ragazzo aiutavo servendo in sala. Altri fratelli hanno seguito questa tradizione. Io decisi di provarci in Sudafrica, e lasciai l'industria per avviare un ristorante a Johannesburg, che si chiamava "La baita". Fu solo l'inizio, perché poi ho aperto anche il ristorante "La gondola" e una pizzeria». I menù? Cucina tipica italiana, con un tocco di Val Seriana: i casoncelli non mancavano mai. Con lui agli inizi c'erano il fratello Piergiorgio e la cognata Paola.
A metà degli Anni '70 la nuova attività era cosa fatta. Ad essa si aggiunse il matrimonio con June, nel 1975. Lei, nativa dello Zambia, aveva un feeling innato con l'Italia. Addirittura alla maturità aveva discusso una tesi sulla figura di Garibaldi. «Il destino ci ha fatto incontrare». Dal matrimonio sono nati due figli: Angelo, nel 1976, e Luisa nel '79.
Nel 1988 un nuovo cambiamento radicale: Paolo Terzi lascia l'attività di ristoratore e acquista una grande tenuta a circa 300 chilometri dalla capitale sudafricana. «È il coronamento dei miei desideri: popolata da moltissimi animali, lo spettacolo che la natura offre è ogni giorno strabiliante. Ricordo ancora l'emozione di quando i miei anziani genitori mi hanno fato visita in Sudafrica: fu davvero bellissimo».
Per non restare con le mani in mano, Terzi in quegli anni avviò anche un' industria plastica con il cognato, poi ceduta a un colosso del settore. Ora, insieme alla moglie e al figlio, ha avviato la «Groplast». «Produciamo i contenitori in plastica per gli alimentari e le verdure e soprattutto le “seminarie”, i contenitori in polistirolo in cui vengono messe le piantine da coltura che dal Sudafrica vengono esportate in Europa. Il nome deriva da Gromo, il paese di cui era originario papà Angelo».
E se papà Paolo ha sofferto il mal d'Africa, la figlia ha il «mal di Gandino». «Luisa venne in Italia alcuni anni fa per perfezionarsi in alcuni ristoranti, dopo gli studi alberghieri in Sudafrica. Ha lavorato Da Vittorio e poi a Curno, alla trattoria "Del Tone"». L'esperienza alla fine si è prolungata, e un incontro in discoteca (complice l'attività di deejay dello zio Umberto) ha portato al matrimonio con Massimo Nodari. Guardacaso, un giovane di Gandino. «Luisa e Massimo si sono sposati nel 2005, e sono arrivati due nipotini: Nicola e la piccola Giorgia, battezzata a settembre nella basilica di Gandino. E per loro torniamo più spesso». Per combattere il «mal d'Africa», insomma, basta il sorriso di due frugoletti.

Autore: 

Giambattista Gherardi

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