«Tra i poveri con gioia e attesa»

Don Andrea e don Massimo si stanno preparando per la Bolivia e la Costa d'Avorio «Ogni cristiano è missionario». «C'era bisogno di qualcuno e io ho semplicemente detto sì»

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Data pubblicazione: 

30/09/2007
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Bambini in un villaggio della Costa d’Avorio. A sinistra, don Andrea Mazzoleni; a destra, don Massimo Cornelli
Mi aspetto di poter crescere come uomo e come prete, confrontandomi con una Chiesa che mi chiederà di mettermi in gioco in una realtà e una cultura che hanno tanto da dire a tutti noi». «Le attese con cui affronto questa nuova missione sono legate all'opportunità di vivere un'esperienza singolare, di incontrare un mondo sicuramente diverso dal nostro, di poter vivere la fede cristiana con occhi diversi».
 
Dagli oratori bergamaschi ai paesi del terzo mondo
Con queste speranze sono pronti a lasciare la Chiesa di Bergamo per diventare sacerdoti nel mondo: don Andrea Mazzoleni e don Massimo Cornelli sono stati destinati come missionari dal vescovo Roberto Amadei, rispettivamente in Bolivia e in Costa d'Avorio.
Don Andrea Mazzoleni , 32 anni, nato il 16 marzo 1975, della parrocchia di Sant'Omobono, è stato ordinato sacerdote il 2 giugno 2001. Da allora ha ricoperto l'incarico di vicario parrocchiale di Gandino. Don Massimo Cornelli , 34 anni, nato il 23 novembre 1973, di Almenno San Salvatore, è vicario parrocchiale di Cene dal 6 giugno 1998, giorno dell'ordinazione.
Dallo scorso 9 settembre si trovano entrambi a Verona, per frequentare il corso di introduzione alla missione organizzato dal Cum (Centro unitario missionario per la cooperazione tra le Chiese), che terminerà a metà ottobre circa. Vi prendono parte una sessantina di missionari, tra laici, religiosi e preti, provenienti da tutta Italia, metà dei quali in partenza per l'America Latina, l'altra metà per il Continente Nero.
Una scelta, quella di partire per le missioni, maturata in modi e tempi diversi. Per don Andrea è nata durante gli studi in Seminario: «Nella consapevolezza che ogni cristiano è anche missionario, in quanto è colui che è chiamato in primo luogo ad aiutare gli uomini a recuperare il senso più profondo e più vero di Dio. Da seminarista ho vissuto alcune esperienze, a Calitri e in Bolivia, che mi hanno fatto capire quanto l'incontro con realtà diverse sia arricchente umanamente e spiritualmente».
Ricorda invece don Massimo: «Ero a un corso di aggiornamento per curati d'oratorio, quando il vescovo Roberto Amadei ha detto di aver bisogno di un sacerdote per la missione diocesana della Costa d'Avorio. Dopo aver riflettuto, ho dato la mia disponibilità».
 
«L'impatto con la nuova realtà sarà sicuramente forte»
Entrambi sono alla prima esperienza: finora hanno vissuto il sacerdozio nelle parrocchie bergamasche. «Dall'ordinazione nel 1998 – prosegue don Massimo – sono direttore dell'oratorio di Cene. Un'esperienza molto profonda, a contatto con tanti ragazzi e giovani. Ho dovuto affrontare qualche fatica, legata all'inesperienza iniziale e al fatto che Cene da nove anni non aveva un curato, ma ho apprezzato molto l'incontro con la gente e l'essere per loro una guida spirituale».
«La prima comunità che ho seguito come sacerdote – racconta don Andrea – è stata Gandino, dove ho prestato servizio per sei anni. Qui ho imparato a fare, ma soprattutto ad essere prete: dal parroco e dagli altri sacerdoti, dalle suore, dagli adulti, dagli anziani e dagli ammalati, dai giovani. Un ricco bagaglio che porterò sempre con me e che mi aiuterà a vivere la nuova avventura in terra boliviana».
Concordano tutti e due: l'impatto con un modo diverso di vivere la fede sarà sicuramente forte: che differenze si aspettano nella pastorale ecclesiale? «Sicuramente – riflette don Andrea – la cultura completamente differente dalla nostra si manifesta nella liturgia, nelle tradizioni, nelle relazioni con le persone e nelle attività parrocchiali».
«Penso di incontrare – aggiunge don Massimo – un ambiente dove al sacerdote viene richiesto in modo specifico di svolgere il suo ruolo di guida spirituale e di guidare i laici che vivono un ruolo da protagonisti e di responsabilità nella comunità cristiana».
 
Agnibilekrou e Munaypata
Il Paese di destinazione è stato loro assegnato dal vescovo: don Massimo andrà ad Agnibilekrou, una delle due missioni diocesane in Costa d'Avorio, terra che non ha mai visitato. Ha però incontrato i due sacerdoti che già operano laggiù: «Mi hanno raccontato che la situazione politica ivoriana non è di certo rosea e mi hanno descritto i compiti che avremo, tra cui seguire i catecumeni e visitare ben ventidue villaggi».
Don Andrea è invece stato in Bolivia un paio di volte, ma non nella parrocchia di Munaypata, a La Paz, dove eserciterà il suo ministero. «Ho sperimentato la povertà materiale delle popolazioni boliviane, ma ho constatato anche una grande semplicità e vivacità nelle persone, che certamente mi faranno incontrare una Chiesa giovane e ricca di speranza».
Il corso di Verona sta preparando don Massimo e don Andrea ad affrontare al meglio questa sfida: in primo luogo aiutandoli a capire che cosa significa oggi essere missionario in terre lontane; secondariamente, approfondendo la conoscenza del Paese dove andranno sotto il profilo ecclesiale, storico, politico, sociale, «proprio perché la prima forma di missionarietà è conoscere la comunità dove si è inviati».
Quindi, incontri sulla spiritualità della missione, sulla globalizzazione nei Paesi poveri, sulla storia e la situazione geopolitica attuale dei continenti di destinazione, sull'antropologia, le religioni e spiritualità locali.
 
«So che lascerò la famiglia ma la gioia è davvero tanta»
La partenza, fissata per entrambi il prossimo gennaio, si avvicina rapidamente: speranze, entusiasmi e timori si accavallano negli animi. Confessa don Massimo: «Nel mio animo si alternano sentimenti diversi: la gioia e l'entusiasmo per la nuova esperienza, ma anche la paura di fronte a qualcosa di completamente nuovo. Sento la fatica di dover staccare dalla famiglia e dalla parrocchia in cui sono stato in questi anni, ma allo stesso tempo è molto bello il clima di amicizia e fraternità nato tra i missionari qui a Verona».
«In questi mesi – conclude don Andrea – mi è stata rivolta spesso una domanda: perché proprio in missione? Non ci sono parole per rispondere. Ci può essere soltanto la vita che parla di questa storia, credibile e affascinante: solo non appartenendosi più, ma diventando l'uomo di tutti e per tutti, è possibile dire quanto sia vero che l'amore di Cristo mi ha afferrato e ora mi spinge verso nuovi orizzonti».

Autore: 

Maria Carla Rota

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