Le camicie dei Mille? Scarlatto Gandino

Le giubbe garibaldine tinte a Prat Serval: in un libro l'impresa di un pool di imprenditori Il color rosso estratto da un insetto. La tecnica importata dall'Olanda e imparata da Venezia.

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03/05/2007
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Un pezzo della storia d'Italia – oseremmo dire il rosso del nostro Tricolore – arriva da Gandino.
La terra dove fu fiorente la produzione dei pannilana (e dove ancor oggi l'attività tessile è ritenuta volano dell'economia) è anche la patria delle camicie rosse di Garibaldi e dei Mille, che nel 1861 «colorarono» l'Unità d'Italia.
Più che di camicie rosse dovremmo parlare di camicie scarlatte, visto che la produzione gandinese era particolarmente pregiata per la rara maestria dei tintori locali nel produrre lo «scarlatto», un rosso acceso, «fiammante» come viene definito in numerosi documenti d'archivio, che colorò le corti di mezza Europa, arricchendo il paese tanto che persino gli imperatori, si narra, chiesero prestiti ai gandinesi.
L'occasione per approfondire questa storia curiosa arriva dalla pubblicazione di un dettagliato volume dal titolo «Scarlatto garibaldino», scritto da Pietro Gelmi e Battista Suardi, due studiosi gandinesi che conducono ricerche d'archivio e hanno prodotto negli anni alcuni volumi della collana «Monumenta Gandinensia» patrocinata dal Comune seriano.
Il libro inaugura la nuova serie de «I Quaderni del museo», portando a compimento gli sforzi del gruppo «Amici del museo della basilica», che intende offrire testi di approfondimento su temi particolari della ricca storia di Gandino.
Il libro indaga in maniera accurata la fornitura da parte degli imprenditori locali delle divise per i garibaldini, notizia che da sempre correda i testi di storia locale, ma che mai era stata approfondita in maniera così specifica.
Gli autori, in primo luogo, hanno cercato di rintracciare le tintorie attive a Gandino all'epoca della Spedizione dei Mille, per poter stabilire dove furono effettivamente tinte le giubbe rosse dei volontari. Al tempo stesso sono stati individuati i singoli proprietari, artigiani o industriali, e descritti i caratteri peculiari e le dimensioni delle loro attività. In altri termini, la fornitura delle «pannine» ha costituito il pretesto per una ricerca a più ampio raggio sull'arte tintoria gandinese. Ci sono aspetti particolarmente curiosi. Le tecniche di tintoria in uso al tempo dei Mille non si discostavano molto da quelle dei secoli precedenti, che impiegavano quasi esclusivamente materie organiche combinate a primordiali composti chimici (solfato ferroso, solfato di rame e nitrato di ferro).
Pregiatissima a Gandino era la tintura dello «scarlatto», della cui «lucentezza insuperata» le tintorie andavano particolarmente fiere. Lo si creava utilizzando la cocciniglia, minuscolo insetto parassita di molte piante. Una varietà era giunta in Europa dopo la scoperta dell'America. Si utilizzavano soltanto le femmine di questo insetto, raccolte ed essiccate, perché produttrici dell'acido carminico necessario alla tintura.
Un procedimento nato probabilmente in Olanda e giunto a Venezia per via dei traffici mercantili particolarmente intensi. Gli imprenditori gandinesi svilupparono essi stessi quest'arte, tanto da rompere con dispute legali e cospicui versamenti di denaro il monopolio che a metà del 1600 era stato decretato a favore dei veneziani Armellini da parte del Senato della Serenissima.
Lo «scarlatto gandinese» divenne il colore distintivo di un'arte che in valle era particolarmente fiorente e fu scelto anche dai generali garibaldini incaricati di predisporre gli aspetti logistici della spedizione verso il Regno delle Due Sicilie. Il «trait d'union» fu Giovan Battista Fiori, imprenditore gandinese che operava a Milano con ottime entrature nel Regno del Piemonte, cui nella prima metà del 1800 aveva procurato forniture militari. Fiori si adoperò per produrre in gran fretta le camicie e mise insieme in poco tempo quello che oggi potremmo definire un «pool» di imprese.
Le contingenze del tempo in cui furono tessute e tinte le pannine lasciano intendere, secondo lo studio dato ora alle stampe, che le operazioni avvennero nelle varie tintorie del paese. All'epoca ne erano attive ben dieci: oltre a quella di Prat Serval, c'erano Radici, Fiori, Crotti, Frana, Pasini, Motta, Bonduri, Rottigni e Ghirardelli. Di quest'ultima famiglia faceva parte Marco Ghirardelli, che fu tra i primi, insieme ai Radici, a introdurre in Val Gandino le nuove tecnologie «imposte» dalla Rivoluzione industriale.
Nel 1961, in occasione del centenario dell'Unità d'Italia, furono realizzati grandi festeggiamenti e un lavoro di ricerca basato su racconti orali e riscontri documentali, identificò in un'antica tintoria vicina alla fonte Concossola, la «Tintoria di Prat Serval», il luogo dove le camicie furono colorate. Su quello stabile, ora in disuso, fu posta una lapide, con il testo dettato dall'allora prevosto monsignor Antonio Giuliani: «Qui arte vetusta tinse le camicie rosse, che sangue generoso avrebbero ritinto nelle battaglie della libertà».
Curioso notare che probabilmente non tutti i garibaldini partirono con una regolare «divisa»: le frenetiche operazioni di tessitura, tintura e confezione riuscirono a partorire non più di 500 camicie. Una buona parte furono cucite a Bergamo, nella sartoria di Celestina Belotti (fidanzata di Francesco Nullo), in via Prato. I diari di alcuni garibaldini ricordano che molti volontari arruolati da Garibaldi indossavano abiti borghesi.
La serata di presentazione del volume, patrocinata dal Comune di Gandino, si terrà domani al centro pastorale di via Bettera, nel salone dedicato a monsignor Giovanni Maconi. Gli autori presenteranno nei dettagli il frutto delle proprie ricerche ed è prevista anche l'eccezionale esposizione di alcune pannine ottocentesche, realizzate con tinture naturali dalla ditta «Torri lane» di Gandino.
Anche la data di presentazione non è stata scelta a caso: il 4 maggio 1860 Giuseppe Garibaldi siglò l'accordo per acquistare dall'armatore Rubattino i due vapori Lombardia e Piemonte, con cui il giorno successivo i Mille salparono da Quarto, uno scoglio alla periferia di Genova. Un'epopea della quale il nostro Tricolore (e lo scarlatto gandinese) sono ancor oggi testimoni.
Il volume è disponibile al prezzo di otto euro al Museo della basilica di Gandino (recapito 349. 3868675 - museobasilica@gandino.it).

Autore: 

Giambattista Gherardi

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