Fulmine uccide ciclista, illeso l'amico

Trentatré anni, di Dalmine, era su una cresta con la sua mountain bike. Sotto choc il compagno di Levate

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30/07/2006
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Assurdo. Lo ripetono gli amici, la madre, il fratello, i soccorritori. Lo ripetono tutti a Gandino, quando la notizia si diffonde. Un ciclista è morto sul Monte Farno, a ucciderlo è stato un fulmine, colpita in pieno la sua mountain bike. Illeso l'amico che si trovava accanto a lui.
È stato stroncato così Alessandro Locatelli, 33 anni, di Santa Maria di Dalmine: colpito da una saetta sotto gli occhi del suo compagno di escursione. Si erano fermati e stavano decidendo il da farsi: il temporale scoppiato sulla Val Gandino, che fino a pochi minuti prima sembrava lontano, diventava via via più violento. Poi, in un attimo, il fulmine è apparso fra le nubi e ha colpito con tutta la sua violenza.
L'incidente è avvenuto ieri a mezzo chilometro dalla baita di proprietà della Comunità montana Valle Seriana che, tragica ironia della sorte, si chiama «Rifugio Parafulmine», per via del dispositivo lì installato ai tempi in cui era una malga isolata. L'uomo, che lavorava in una ditta di Lallio, aveva scelto di affrontare in mountain bike il percorso che, solo domenica scorsa, era stato teatro di una tappa dell'Orobie Cup. Insieme a tre amici di Levate, Locatelli si era inerpicato lungo la via che da Gandino conduce sulla sommità del monte a quota 1.500 metri. Intorno alle 14 i quattro sono giunti sulle alture panoramiche della località Montagnina. «I ragazzi sono arrivati qui per pranzare nel primo pomeriggio – spiega uno dei gestori del rifugio, Paolo Lanfranchi –. Il tempo in mattinata era stato bello, ma via via che passavano le ore aveva cominciato a peggiorare. Dopo mangiato, il gruppetto ha comunque deciso di proseguire l'escursione in bicicletta. Se ne sono andati più o meno alle 15,30, poco prima che cominciasse a piovere. Saranno passati venti minuti, quando uno di loro è ritornato di corsa da noi, era sconvolto, gridava di chiamare aiuto, diceva di avvertire i soccorsi perché uno dei suoi compagni stava male, che era stato colpito da un fulmine. Forse non aveva realizzato che il suo amico era morto. Ho chiamato il 118 e poi mi sono precipitato fuori insieme ad altri due ospiti del rifugio. Abbiamo risalito la strada con la jeep e abbiamo visto il corpo. Purtroppo non c'era più nulla da fare. Una cosa tremenda, non riesco ancora a rendermene conto».
L'incidente è avvenuto a circa 500 metri dalla baita, proprio su una cresta: Locatelli e il suo compagno, che in seguito è stato trasportato in stato di choc all'ospedale di Alzano, erano rimasti indietro rispetto agli altri due ciclisti. Poi il lampo e il boato, con l'uomo rimasto a terra e il suo compagno a pochi centimetri, illeso e incredulo. Ad attirare la saetta, probabilmente, il ferro della bici. «Gli altri due ragazzi non sapevano nulla – prosegue un altro testimone –, erano più avanti e sono stati avvertiti dal personale del rifugio che in macchina è salito a cercarli. È inimmaginabile morire così».
Sul posto sono giunti due mezzi del Soccorso alpino e l'elisoccorso del 118, atterrato nonostante le difficoltà causate dal violento temporale. I sanitari non hanno potuto far altro che constatare il decesso per folgorazione. Del caso si stanno occupando i carabinieri di Ponte Nossa e Gandino, agli ordini del capitano Giovanni Naselli, comandante della Compagnia di Clusone. La salma di Locatelli, con il consenso del magistrato di turno, è stata trasportata alla camera mortuaria del cimitero di Gandino, dove poco dopo sono arrivati i due ciclisti che al momento dell'incidente si trovavano più lontano. Da loro nessuna parola ai cronisti: in attesa della madre di Locatelli si sono chiusi nel dolore, nella rabbia per aver perso un amico in un modo tanto assurdo.
In paese la voce si è diffusa in fretta. «Ho saputo che il ragazzo era in bicicletta – dice una donna –. È assurdo. Chissà quanti di noi sono stati sorpresi in bicicletta in montagna da un temporale. Lì, nonostante il nome del rifugio che risale agli anni passati, non è mai successo nulla del genere. L'ultimo caso in valle, mi pare, risale al 1992: una contadina è stata folgorata mentre si trovava nel suo campo a Cazzano Sant'Andrea, e non c'era nemmeno un temporale».

Autore: 

Anna Gandolfi

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