Gandino e dintorni: com'era ricca quella valle

Occupazione, redditi, invecchiamento e disagio: da una dozzina d'anni gli indicatori sono negativi

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19/07/2005
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Com'era ricca quella valle. Era, appunto. È tramontato, da una dozzina d'anni ormai, il mito della vallata tanto d'oro quanto verde. Lo evidenziano tanti segnali, sociali ed economici. Lo evidenzia già il censimento con le differenze tra il 1991 e il 2001. Lo evidenzia la Cisl che ha messo insieme questi indicatori per arrivare a conclusioni tutt'altro che allegre. E mostrare esempi che stupiscono e ribaltano le convinzioni generali dei bergamaschi. Stiamo parlando della media Valseriana, quella che corrisponde alla Comunità montana che fa capo ad Albino, quella che è composta da paesi come Ranica, Alzano, Nembro, Leffe...
Per riassumere le tendenze generali possiamo dire, come sottolineano Ferdinando Piccinini, Vanni Stroppa, segretari della Cisl e Domenico Bigoni, responsabile dell'Ufficio tecnico sindacale, che, se nel decennio rilevato dal censimento la media Valseriana ha registrato un deciso calo degli addetti nel manifatturiero, dell'8,7% con punte del 37,5% a Leffe, questo calo è stato temperato da un incremento degli addetti nelle attività produttive in generale e nel terziario anche se si tratta di un terziario tutt'altro che avanzato: dagli idraulici alle badanti tanto per capirci. Negli anni successivi però la situazione è peggiorata: una vera gelata occupazionale. Lo si capisce paragonando l'area in questione con l'intera realtà orobica. Nel 2000 sono state avviate al lavoro in Bergamasca 92.000 persone, nel 2004 119.000. Nella media Valseriana nel 2000, 7.400 gli avviamenti scesi a 6.675 nel 2004. La provincia cresce, magari per lavori temporanei, comunque cresce, la Valseriana invece si contrae.
«Ricordiamoci - spiega Bigoni - che la media Valseriana era il motore manifatturiero della Bergamasca. Adesso è ferma, anche se non si deve fare di tutt'erba un fascio perché esistono realtà decotte che non si sono sapute rinnovare, come quelle del triangolo coperte-tappeti-copriletti di Leffe, ma esistono anche situazioni che hanno puntato sull'alta qualità resistendo e rilanciando». Va detto anche che ci sono settori positivi: l'elettromeccanica, la gomma e la plastica, le costruzioni.
Ma le difficoltà della media Valseriana si capiscono anche andando a osservare un altro indicatore, vale a dire i redditi degli abitanti. Sono i redditi desunti dai 730 messi a punto dal Caaf (Centro per l'assistenza fiscale) della Cisl: 114 mila nel 2004 per tutto il territorio orobico. Sono i redditi dei ceti popolari, naturalmente: non comprendono i poverissimi e gli abbienti liberi professionisti che al Caaf non si rivolgono. Ebbene, il reddito medio pro capite della Bergamasca l'anno scorso è stato di 18.026 euro, quello della media Valseriana di 16.713 euro. Non sono i picchi negativi della Valle di Scalve (14.332), ma è certo che l'immagine stereotipata di una vallata più che benestante sta svanendo. E, se entriamo nel dettaglio, troviamo ancora Leffe come fanalino di coda con 14.774 euro.
E c'è di più. Un ulteriore segnale negativo del calo di ricchezza: l'esenzione del ticket sanitario per limiti dei redditi in questa zona è del 4,2%, nell'intera provincia è del 3,8%. Il disagio che sta diventando palpabile è evidenziato dall'invecchiamento della popolazione locale. Anche in questo caso non si arriva al livello della Valle Brembana, ma si è comunque superiori alla media provinciale. È Gazzaniga il paese che più incanutisce. «Insomma - sottolinea Stroppa - è l'immigrazione che garantisce di superare il deficit demografico e anche quello della forza lavoro». E l'elevato invecchiamento della popolazione comporta crescenti richieste di servizi e un parallelo aumento dei carichi assistenziali.
Da una parte dunque ridimensionamento della produttività e della ricchezza, dall'altra incremento delle richieste sociali. Non è, la media Valseriana, l'area più depressa della Bergamasca, è vero. Ma è sicuramente una delle aree più delicate proprio perché l'impoverimento, in primis per le donne (le più occupate nel tessile) e i giovani, peraltro molto più scolarizzati rispetto a vent'anni fa, sta vivendo da qualche anno un trend crescente.

Autore: 

Rosella del Castello

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