Il prete comunicatore Don Emilio Majer, 89 anni, infaticabile pioniere del cineforum«I film come parabole. E si fa catechesi anche con Gran Torino»
Don Emilio Majer, a 89 anni, è un «piano americano»: dalle ginocchia in giù le gambe gli funzionano poco, per questo non va più al cinema. Ma guarda i dvd e continua ad aggiornare le 60.000 schede della Mediateca del Sas, Servizio assistenza sale, che dirige dal 1965. Soprattutto, continua ad avere un occhio capace di leggere le immagini: quelle del cinema, della tv, delle facce della gente. E quindi della società nella quale vive «da prete comunicatore». Merito dei decenni passati, al ritmo di quattro incontri la settimana, a discutere di cinema di qualità in parrocchie sperdute nella nebbia, in sale di città assediate dai cinepanettoni anche a ferragosto.
Il suo Cinema Paradiso lo scopre a sette anni, all'oratorio di Romano: «Era il 1929. È stata una rivelazione, non ho più smesso...». Da un mese, il leggendario Sas si è trasferito dalla sede storica di via Bonomelli a una nuova e grande nel perimetro delle Missioni Monfortane in via Goisis. Spazio per la mediateca, l'archivio, uffici, sale di riunione e una bellissima sala di proiezione da ottanta posti a disposizione della comunità e non solo delle parrocchie. Il Sas di Bergamo è figlio di don Majer, che ne è stato direttore dal 1965 al 2008. Dal 1981 al 1999 il sacerdote è stato anche presidente nazionale Acec, l'associazione cattolica esercenti cinema. «Come prete, sono partito da un cinema considerato ricreazione e divertimento per scoprirne poi la componente culturale e pastorale. A Gandino, dov'ero curato nel '45, ho cominciato col cineforum che la sala era senza vetri per via di uno scontro tra partigiani e repubblichini e la gente veniva al cinema portandosi un mattone riscaldato per non gelare». L'idea del cineforum la copia dal francese padre Morlion, che aveva inventato la formula imbattuta: presentazione-proiezione-discussione. L'idea viene importata a Milano e si diffonde nelle diocesi lombarde. «Prima abbiamo fondato i Circoli del cinema, eravamo una ventina di parrocchie, in un anno facevamo 500 dibattiti. Siccome non ero preparato, ho cominciato a raccogliere le recensioni dai giornali che recuperavo a L'Eco di Bergamo. Poi ci siamo abbonati alle prime riviste. Quando è nata l'Associazione cattolica esercenti cinema, i Sas sono diventati lo strumento operativo. Le parrocchie avevano bisogno di film e il Servizio assistenza sale pensava a tutto, dal reperimento dei film al pagamento anticipato dei noleggiatori».
Dai tempi eroici alle 80 sale di oggi che proiettano film di qualità e hanno un pubblico in crescita. «Sacerdoti e laici hanno capito che la qualità è l'avvenire del cinema. I film divertenti, ricreativi, li posso trovare da un'altra parte, non c'è bisogno che lo facciano le sale cattoliche, noi dobbiamo dare qualcosa in più. Se riesco a far crescere l'umanità di uomini e donne, anche il cristiano sarà migliore. L'ateismo pratico che vediamo intorno a noi è prodotto dalla mancanza di cultura, umana e cristiana. Occorre più cultura per tutti, laici e preti». Il cinema riesce a rispondere ai bisogni che il pastore capta nell'aria e a esplicitare i segni dei tempi?
«Concepisco la mia vita di prete come comunicatore del Vangelo. Ma non posso subito parlare di Cristo e pensare di essere capito. Prendo la vita umana, faccio pre-evangelizzazione. Gran Torino si può fare in chiave religiosa, perché è la trascrizione laica del sacrificio di Cristo: il protagonista sacrifica consapevolmente se stesso perché il quartiere possa essere liberato da una banda di delinquenti. Si può fare catechesi così. Le parabole erano cinema, perché la gente le "vedeva", sapeva cosa facevano pescatori, pastori e contadini. Adesso i pescatori non ci sono più. Allora invento parabole nuove. O prendo quelle inventate da altri. Faccio crescere prima l'uomo, poi gli trasmetto un messaggio evangelico più rigoroso. Facessi il parroco adesso, metterei lo schermo in chiesa. Prendo il discorso del Papa della domenica, lo registro e lo proietto. O la catechesi del mercoledì, che nessuno ascolta, montata opportunamente perché è troppo lunga. O le introduzioni di Gianfranco Ravasi ai testi della domenica, nessuno le vede, sono 12 minuti... più bella omelia di quella... alta cultura in parole comprensibili. Ecco la nuova evangelizzazione, in un linguaggio che il mio tempo può comprendere». Quanti film ha visto nella sua vita? «E chi si ricorda! Gli ultimi anni era diventato faticoso tenere i dibattiti tutte le sere. Allora programmavo lo stesso film in varie sale, lo conoscevo così bene che durante la proiezione potevo sonneccchiare con l'audio basso in cuffia. Così recuperavo un po' le forze». Film che tutti dovrebbero vedere? «Uomini di Dio». Film che tutti i giovani dovrebbero vedere? «Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni». Film che hanno cambiato don Majer? «Bergman di Luci d'Inverno».