Venerdì Santo, tradizioni in scena

Deposizione a Vertova, a Leffe la processione, a Gandino risuona la «tola»

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13/04/2006
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Si rinnovano domani a Vertova, Leffe e Gandino, le tradizioni che rievocano la Passione e la morte di Cristo.
A Vertova , attorno alle 20, è in programma la rievocazione, in forma drammatica, della Deposizione di Cristo, con figuranti in abiti d'epoca – i Giudei – che staccano dalla croce la statua in legno con le braccia snodabili, realizzata nel 1725 da Andrea e Gian Bettino Fantoni. Al rituale partecipano numerosi altri personaggi in costume: i Confratelli del Santissimo Sacramento, le «Torce», la «Lanterne», le «Picche» con le alabarde, il drappello di soldati romani, che partecipano anche alla processione per le vie del paese, dove sfilano oltre al Cristo morto sulla lettiga portata a braccia dai Giudei, anche un Cristo vivo, un anonimo fedele vestito di saio rosso, incappucciato e scalzo, con una pesante croce sulle spalle seguito da un disciplino in saio bianco, anch'esso incappucciato e scalzo, che impersona il Cireneo.
In passato, durante la processione che si teneva in forma di Via Crucis vivente, venivano rappresentate anche alcune scene, che oggi non si tengono più, come le cadute di Cristo, la Madonna in pianto e le Pie donne in gramaglie, la Veronica con il sudario e il Cireneo che aiutava Gesù a portare la croce.
Anche a Leffe, dalle 20, la sera del Venerdì Santo si svolge una processione in cui la statua del Cristo morto, posta su una portantina coperta da un telo rosso, viene portata a braccia da 12 giovani celibi vestiti di tunica bianca e scalzi, che percorrono le vie del paese in una processione notturna illuminata dai ceri, mentre i lampioni del paese vengono spenti per creare un clima di grande suggestione. Al termine del percorso il corteo rientra nella chiesa parrocchiale, dalla quale aveva preso l'avvio, e dove il sacerdote impartisce la benedizione con la reliquia del legno della Croce.
A Gandino, infine, si rinnova un rito antichissimo: quello della «tola», una tavola in legno con maniglie in ferro che viene agitata da due addetti stasera, domani e il Sabato Santo, quando le campane tacciono, per scandire i momenti di preghiera (l'«Ave Maréa», il «Pater» e la «funziù»).
Il rito si svolge sulla torre campanaria alta 73 metri, da dove il suono provocato dalla tabella suonata sui sei lati del campanile dagli addetti Celestino Caccia ed Emanuele Bertocchi si propaga in tutta la vallata ed è udito anche nelle frazioni. La tradizione ricorda l'usanza in vigore al tempo del Comune medievale di convocare l'arengo «ad tolam batutam».
Il Venerdì Santo, infine, ha collegamenti anche con la cucina popolare tradizionale: a Gandino si usa tutt'oggi mangiare «la Cruca» o «Crostone», una focaccia cotta nell'olio e composta di farina, zucchero, uva candita e altre spezie; a Vertova, a Pasqua e in altre occasioni speciali, si usava consumare la «Schisciola», una specie di ciambella cotta alla brace in un'apposita pentola di ferro.

Autore: 

Franco Irranca

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