Valgandino al bivio

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Un'immagine della serata con gli ospiti presenti sul palco

Quella di venerdì 5 Marzo è stata una serata davvero interessante e con una discreta presenza di pubblico: imprenditori, professionisti, artigiani, ma anche semplici cittadini e lavoratori che cominciano a percepire come vero problema, con seri risvolti occupazionali, la difficoltà economica in cui versa il sistema industriale locale.
Hanno portato il loro contributo il Dott. Domenico Occheddu, sociologo che ha studiato a fondo il distretto industriale della Valgandino, l’Architetto Picinali esperto di territorio, il Dott. Gino Zambaiti noto imprenditore della valle, i Sindaci di tutti i paesi della Valgandino.
 
Si è parlato dei principali fattori della congiuntura internazionale:

  • La debolezza del dollaro rispetto all’Euro che rende difficili le esportazioni
  • L’ingresso sui mercati mondiali dei prodotti dei paesi emergenti: la Cina, di cui si parla molto, ma anche l’india, il Pakistan ed altri ancora
  • Il mancato rispetto delle regole che già esistono. Due degli esempi portati:
    • Al porto di Napoli arrivano 1000 containers al giorno; i finanzieri che dovrebbero verificarli (valore e contenuto dichiarato, dazi doganali, ecc.) sono solo 3: in Italia e in Europa entra di tutto senza il minimo controllo.
    • Oggi chiunque, comprese le aziende italiane,  può etichettare come made in Italy prodotti importati da qualunque altra parte del mondo: questo vuol dire uccidere la specificità di un area o di un distretto industriale.

Sono emersi più volte i limiti e i problemi del nostro territorio

  • Una settorializzazione troppo spinta dell’industria manifatturiera troppo incentrata sul solo settore tessile
  • Una carenza infrastrutturale (soprattutto strade) storica e mai risolta dovuta anche allo scarso interesse del mondo politico: la Valgandino è di fatto logisticamente isolata
  • Una scarsa attenzione negli anni passati, da parte anche degli imprenditori, alla ricerca e all’innovazione del prodotto e alla formazione del personale
  • Una eccessiva frammentarietà che non si riesce a superare per fare sinergia e azione comune nelle sedi opportune.

Il pericolo futuro per i nostri paesi è stato sintetizzato in un’espressione molto suggestiva: diventare un’area triste: disoccupazione, marginalità, smantellamento dei servizi pubblici, diminuzione demografica, carenza di risorse per sostenere o migliorare la qualità della vita.
Un altro serio pericolo è che anche in Italia, come già ora negli Stati Uniti (PIL cresciuto nel 2003 del 4-5%, ma occupazione cresciuta di sole 21.000 unità), vi sia una ripresa senza aumento dell’occupazione e quindi senza risvolti sociali positivi.
 
Azioni concrete si stanno facendo sia a livello locale che Europeo:

  • Etichettatura obbligatoria e tracciabilità dei materiali perché non si possa vendere come “made in Italy” un paio di pantaloni importato dalla Cina
  • Istituzione del primo corso di laurea in Ingegneria Tessile presso l’Università di Bergamo
  • Azione di coinvolgimento e sensibilizzazione nei confronti dei parlamentari eletti dalla nostra provincia
  • Posticipo di qualche anno della scadenza del 1 gennaio 2005 in cui dovrebbe cadere il vincolo delle quote di mercato per l’importazione in Europa da parte dei paesi extra-europei: questo potrebbe dare il tempo necessario per elaborare nuove strategie industriali e riconvertire le produzioni attuali.

Si è anche messo in luce come dal grande patrimonio storico, artistico, ambientale della nostra terra potrebbe venire un aiuto per uscire dall’anonimato, dalla marginalità, forse anche per creare qualche posto di lavoro.
 
Uno scenario, insomma, che definire “serio” è probabilmente poco... I prossimi due/tre anni saranno decisivi per capire se la lunga tradizione di lavoro, creatività, ingegno, caparbietà che ha dato prosperità e benessere alla nostra valle nei decenni passati, avrà ancora un posto nel futuro.

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