Gli Hosoo Transmongolia domenica a Gandino per due concerti: suggestioni senza tempo
Lunga tradizione di canto popolare rimasta integra. «Viviamo nel rispetto della natura»
Propongono la loro particolare tecnica canora, l’Höömij
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Danga Khosbayar «Hosoo » da alcuni anni è alla testa di Hosoo Transmongolia, una delle formazioni più importanti della musica tradizionale della Mongolia. Maestro del canto difonico gutturale, coi suoi musicisti arriva dai Monti Altai, dalla parte occidentale della sua terra, canta e suona strumenti come il violino ed il violoncello a testa di cavallo e propone un viaggio musicale nell’immensa prateria mongola dove persone e cammelli innalzano al cielo lo stesso lamento.§
La musica di Hosoo Transmongolia si potrà ascoltare domenica pomeriggio e sera, alle 16 alla chiesetta di Valpiana, sopra Gandino, e alle 21 in paese, nel chiostro di Santa Maria ad Ruviales (inizio ore 21; ingresso libero), come ultimo appuntamento di «Andar per musica». Riecheggia il soffio del vento, lo zoccolio dei cavalli che attraversano il deserto dei Gobi, le onomatopee dei paesaggi naturali di un territorio aspro e incontaminato. Lì la musica è rimasta quella da sempre, protetta dagli uomini e dalla stessa natura. «I Mongoli si occupano di caccia e allevamento – spiega Hosoo –, per questo hanno spesso a che fare con gli elementi e la violenza della natura, con la quale restano strettamente collegati. Per questo trattano la natura in maniera estremamente rispettosa, con grande deferenza. Considerano sacri terre, monti, fiumi e vivono in un’infinita armonia con la natura stessa».
Le contaminazioni dei tempi non hanno minimamente intaccato l’armonia di una musica che fa da cordone ombelicale con la cultura di una terra che ha radicamenti forti. «La fonte storica più antica riguardo l’arte del canto è la cronaca non ufficiale “Geheime Geschichte der Mongolen” (Storia segreta dei mongoli), che venne stilata al tempo della costruzione dell’impero mongolo, intorno al 1240», racconta il musicista e ricercatore. «In essa si ritrovano molti esempi della letteratura popolare mongola, frammenti di canti epici, di eroi e numerosi canti utilizzati durante i matrimoni, altri di carattere encomiastico, di lode e di lamentela». «Il missionario francescano Giovanni da Pian del Carpine nei suoi resoconti di viaggio – continua – racconta della gioia del cantare tipica degli abitanti della Mongolia, che dopo due giorni di digiuno cantano e ballano come se avessero gustato il miglior pasto del mondo. E descrive ugualmente grande loro gioia della gente all’ascolto della musica.
Persino Gengis Kahn, dopo la conquista di Bukhara, nel 1220, mandò nella città cantanti e danzatori perché cantassero e ballassero, e lui stesso intonò con i compagni i canti tradizionali. Ci sono testimonianze storiche. E questo in qualche modo spiega la lunga tradizione popolare del canto, una tradizione che resta integra, anche se non è così diffusa tra le nuove generazioni». Per noi occidentali l’effetto del canto difonico è addirittura emozionante. Ascoltare un cantore in stile Höömij con l’emissione di una voce che riesce a dare effetto polifonico è addirittura straniante. «L’Höömij è una tecnica vocale imitativa – continua Hosoo – e consiste nella particolare tecnica canora del sovratono che può essere accompagnata da un qualunque strumento musicale.
La particolarità sta nel fatto che il cantante produce contemporaneamente due note: una continua, di base, allungata e ronzante, sulla quale la melodia aumenta in termini di altezza. La nota viene prodotta attraverso l’espirazione, le viene data forma attraverso le diverse posizioni della lingua, del velo pendulo, dell’epiglottide e dalla forma stessa della cavità orale. In alcune tecniche di canto il suono viene creato tramite la contrazione e l’estensione dei muscoli della gola e del diaframma.
La tecnica respiratoria del canto sovratonale sollecita notevolmente le corde vocali, la laringe ed il diaframma. Un buon cantante Höömij canta senza muovere le labbra».