Tessival, giù il sipario E la crisi rende cupo il futuro dei lavoratori

Mesta assemblea dei dipendenti dopo l'annuncio della chiusura Alla ricerca di nuova occupazione, con speranze ridotte in Valle

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18/10/2008
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«Venerdì 17 nero. 1 novembre a casa», si legge su di uno striscione all'ingresso dello stabilimento del gruppo tessile Tessival a Fiorano al Serio. E il clima che si respira nell'aria è quello dei momenti più bui. È la crisi del tessile. Che colpisce duro. Che colpisce forte soprattutto la Valle Seriana, storicamente «territorio culla» di questo settore in Bergamasca.
A testa bassa, ieri i dipendenti della Tessival sono usciti dalla fabbrica alla spicciolata al termine dell'assemblea sindacale convocata per analizzare con i 150 addetti in organico (60 dei quali in cassa integrazione straordinaria da marzo) la situazione alla luce della comunicazione aziendale di giovedì dell'imminente chiusura delle attività.
«Ho lavorato per 8 anni alla Tessival, da quando ne avevo diciotto - dice Tiziana Novelli, ventiseienne di Gazzaniga, la prima ad uscire -. È come una famiglia, mi sono sempre trovata bene. Io sono giovane, potrò trovare senz'altro qualche altra occupazione, tipo commessa all'Iper o ad Orio. Certamente in un'altra fabbrica non vado, men che meno tessile: stanno chiudendo tutte».
Chi è giovane ripone qualche speranza nel futuro, ma quelli che hanno trascorso più di dieci anni nell'azienda tessile di Fiorano pensavano di rimanervi sino alla pensione. «Di Alitalia parlano tutti, di noi poveri disperati no - afferma Annalisa Vermi di Vertova, quasi 19 anni in azienda -. Si dice che entro fine anno rimarranno a spasso circa 3.000 dipendenti della Valle. Tutti noi siamo disperati. Io non ho un mutuo da pagare, ma una figlia fuori casa da mantenere all'Università. Il che è come un mutuo. Mio marito lavora come me alla Tessival. Io, a luglio, ho firmato la mobilità volontaria: la prima rata dovrei riceverla il 21 ottobre, se mantengono i patti. Mio marito invece rimarrà in cassa integrazione. Proprio lui, a cui mancavano solo due anni per andare in pensione. A me sette, e pensavo che avrei raggiunto i 40 anni di lavoro qui. Invece? Spero di trovare lavoro, ma dove?».
Domandare è lecito, rispondere, in questo caso, più che cortesia «è un problema – incalza Gianluigi Furia di Colzate da 13 anni in Tessival -. Da marzo si ventilava l'ipotesi di una chiusura, anche se non immediata, così ho iniziato a cercare un nuovo posto di lavoro. Ma in Val Seriana non ci sono prospettive. È dura».
Anche per Andrea Carobbio di Gandino, 15 anni in Tessival il prossimo aprile, «trovare lavoro in zona sarebbe l'ideale. So che è difficile ma non desisterò perché lavorare serve. Fortunatamente abito ancora con mia madre e mio fratello, ma trovare il lavoro è la priorità».
La situazione della Val Seriana è critica, sia per le difficoltà socio-economiche ed occupazionali del territorio sia per la crisi del tessile e la congiuntura internazionale, ma Fedele Zucchelli di Ardesio, da 21 anni in Tessival, non rimane con le mani in mano: «Con due figli e moglie a carico si deve trovare lavoro. Qualsiasi: d'altra parte la famiglia bisogna mantenerla. È difficile con uno stipendio normale, figuriamoci oggi con lo spettro della cassa integrazione. Ma stiamo a vedere come finirà. Il 25 ottobre i sindacati incontreranno l'azienda. Per ora non si sa ancora con esattezza quando si chiuderà».
«Io non credo più alle favole - dichiara Carlo Morandi di Clusone, dipendente Tessival da dieci anni -. Per me dal primo di novembre iniziano a spegnere i macchinari. C'è chi ha firmato per la mobilità volontaria, ma non viene pagato. Con cosa si mangia? Fortunatamente i miei figli lavorano. Ma che futuro si prospetta?».
Marina Signorini di Albino, da sette anni in azienda, teme uno sfratto dopo il 21 ottobre: «Entro quella data devo pagare i 2.000 euro del semestre d'affitto. A luglio ho lavorato, ma non ho visto la paga ad agosto. Eppure le bollette sono da pagare. In più ho tre figli a carico e il marito in cassa integrazione per un'altra azienda. Veniamo nello stabilimento a dormire?», si chiede con le lacrime agli occhi.
Per Rosetta Filisetti di Cene la situazione non cambia di molto. Una casa c'è. «Ma il mutuo è da pagare. Sono a casa da un anno e mezzo. Prima la maternità e da marzo scorso ho firmato la cassa integrazione a zero ore. Prendo 700 euro al mese, mio marito è impiegato e la bimba è piccola. Va male: tra mutuo e spese si arriva tirati alla fine del mese. E pensare che in Tessival ho lavorato 18 anni. Ci lascio il cuore. E adesso? La Val Seriana è il territorio del tessile. Ma ora per il settore esiste solo un punto di domanda. Inizierò a cercare un'altra occupazione, certo non analoga. C'è crisi».

Autore: 

Daniela Morandi

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