«È un momento difficile, e non solo per il tessile. Solamente i costruttori di macchine per strutture produttive per Cina, India e altri Paesi emergenti non soffrono. Gli altri reggono meno. Però noi non ci tiriamo indietro, non fa parte del nostro Dna. Per cui abbiamo deciso di investire nove milioni di euro nel nuovo polo logistico di Gandino, che sarà inaugurato tra pochi mesi, e di realizzare due nuove fabbriche, in Egitto, dove si produce il migliore cotone del mondo. Non ci mettiamo in un angolo. Anzi, attacchiamo».
Silvio Albini, presidente del Cotonificio Albini di Albino, è preoccupato per la crisi che sta attraversando il nostro Paese e i mercati industrializzati in generale. Ed ha espresso questa preoccupazione durante la visita, l'altra sera, allo stabilimento di Albino della società seriana, leader internazionale nella produzione di tessuti per camicie, organizzata dal Rotary Club Città Alta. Una preoccupazione però costruttiva, che ha spinto l'imprenditore bergamasco a premere nuovamente sullo sviluppo.
«Il 2007 si è chiuso con un fatturato di quasi 170 milioni di euro (di cui il 70% export) – ha proseguito Albini – il più alto mai realizzato dal nostro gruppo, che conta otto stabilimenti e 1.450 dipendenti, un cash-flow di circa dieci milioni di euro e 20 milioni di metri di tessuto prodotti. Ma ora le difficoltà della congiuntura internazionale sfavorevole si fanno sentire». Tasso di cambio pesante («Con l'euro che quota 1,58 dollari, la sterlina che ha perso l'8,43%, la lira turca svalutata del 14% - e per noi il mercato turco è temibile, per la forte concorrenza, più di India e Cina - il won coreano sceso del 19%, mentre la corona ceca si è rivalutata del 10%»), domanda in sofferenza, prezzo del petrolio e delle materie prime in aumento, così come quello dei prodotti alimentari «sono fattori che incidono sulle decisioni di acquisto delle persone – ha aggiunto l'imprenditore – che hanno meno voglia di comprare beni di cui si può fare a meno. In questa crisi “perfetta”, per noi produttori del tessile si è aggiunto il fattore tempo, in senso meteorologico. In questi ultimi anni non è stato molto favorevole, ha piovuto spesso e questo ha influito sulla domanda di prodotti tessili».
«Il tessile è uno dei settori più globalizzati e competitivi; il prezzo è importantissimo – ha proseguito Albini - e il ricambio dei prodotti è enorme. Ogni sei mesi si cambia la collezione. Il Cotonificio Albini è presente sul territorio da 132 anni e negli ultimi dieci è passato da 70 milioni di fatturato a 170, da 450 dipendenti a 1.450 (per la maggior parte impiegati in Italia), da uno a otto stabilimenti, di cui quello di Mottola (Taranto) fonte di grande soddisfazione, con un tasso di assenteismo tra i più bassi all'interno del gruppo e una produzione di elevata qualità. Caso unico nel comparto poi, abbiamo realizzato, ad Albino, una struttura-gioiello dove operano 80 persone specializzate nella sola produzione di campionatura, perché per noi l'innovazione di prodotto è importantissima. Abbiamo acquisito nel '91 due brand inglesi di alto livello (Thomas Mason e David & John Anderson) e abbiamo portato qui il loro prezioso archivio che racconta la storia del tessile dai primi dell'Ottocento, notevole patrimonio fonte di idee».
Ma la strategia per restare sul mercato e acquisire nuove quote - senza dimenticare che «i mercati tradizionali rappresentano sempre la quota più significativa del fatturato» – passa attraverso «l'attenzione ai costi – ha sottolineato Albini – la non delocalizzazione selvaggia degli stabilimenti, l'ammodernamento continuo degli impianti (investiamo in macchinari il 10% l'anno del fatturato, negli anni buoni come negli anni di crisi), il miglioramento continuo secondo la logica giapponese, l'attenzione al prodotto e alla sua qualità (con controlli sul 100% di tutta la produzione), il servizio alla clientela (camiciai specializzati, grandi griffe della moda, come Zegna, Armani, Dolce e Gabbana, e grandi e piccoli retailer, come Coin e Mark & Spencer), presenza commerciale nel mondo, marketing e comunicazione. Perché è importante valorizzare la propria impresa e farla conoscere. Perché aziende tessili brave, che producono buoni tessuti per camicie, ce ne sono. Ma che hanno 132 di anzianità e presentano una produzione così varia e di alto livello come la nostra, no, non esistono».
Silvio Albini, presidente del Cotonificio Albini di Albino, è preoccupato per la crisi che sta attraversando il nostro Paese e i mercati industrializzati in generale. Ed ha espresso questa preoccupazione durante la visita, l'altra sera, allo stabilimento di Albino della società seriana, leader internazionale nella produzione di tessuti per camicie, organizzata dal Rotary Club Città Alta. Una preoccupazione però costruttiva, che ha spinto l'imprenditore bergamasco a premere nuovamente sullo sviluppo.
«Il 2007 si è chiuso con un fatturato di quasi 170 milioni di euro (di cui il 70% export) – ha proseguito Albini – il più alto mai realizzato dal nostro gruppo, che conta otto stabilimenti e 1.450 dipendenti, un cash-flow di circa dieci milioni di euro e 20 milioni di metri di tessuto prodotti. Ma ora le difficoltà della congiuntura internazionale sfavorevole si fanno sentire». Tasso di cambio pesante («Con l'euro che quota 1,58 dollari, la sterlina che ha perso l'8,43%, la lira turca svalutata del 14% - e per noi il mercato turco è temibile, per la forte concorrenza, più di India e Cina - il won coreano sceso del 19%, mentre la corona ceca si è rivalutata del 10%»), domanda in sofferenza, prezzo del petrolio e delle materie prime in aumento, così come quello dei prodotti alimentari «sono fattori che incidono sulle decisioni di acquisto delle persone – ha aggiunto l'imprenditore – che hanno meno voglia di comprare beni di cui si può fare a meno. In questa crisi “perfetta”, per noi produttori del tessile si è aggiunto il fattore tempo, in senso meteorologico. In questi ultimi anni non è stato molto favorevole, ha piovuto spesso e questo ha influito sulla domanda di prodotti tessili».
«Il tessile è uno dei settori più globalizzati e competitivi; il prezzo è importantissimo – ha proseguito Albini - e il ricambio dei prodotti è enorme. Ogni sei mesi si cambia la collezione. Il Cotonificio Albini è presente sul territorio da 132 anni e negli ultimi dieci è passato da 70 milioni di fatturato a 170, da 450 dipendenti a 1.450 (per la maggior parte impiegati in Italia), da uno a otto stabilimenti, di cui quello di Mottola (Taranto) fonte di grande soddisfazione, con un tasso di assenteismo tra i più bassi all'interno del gruppo e una produzione di elevata qualità. Caso unico nel comparto poi, abbiamo realizzato, ad Albino, una struttura-gioiello dove operano 80 persone specializzate nella sola produzione di campionatura, perché per noi l'innovazione di prodotto è importantissima. Abbiamo acquisito nel '91 due brand inglesi di alto livello (Thomas Mason e David & John Anderson) e abbiamo portato qui il loro prezioso archivio che racconta la storia del tessile dai primi dell'Ottocento, notevole patrimonio fonte di idee».
Ma la strategia per restare sul mercato e acquisire nuove quote - senza dimenticare che «i mercati tradizionali rappresentano sempre la quota più significativa del fatturato» – passa attraverso «l'attenzione ai costi – ha sottolineato Albini – la non delocalizzazione selvaggia degli stabilimenti, l'ammodernamento continuo degli impianti (investiamo in macchinari il 10% l'anno del fatturato, negli anni buoni come negli anni di crisi), il miglioramento continuo secondo la logica giapponese, l'attenzione al prodotto e alla sua qualità (con controlli sul 100% di tutta la produzione), il servizio alla clientela (camiciai specializzati, grandi griffe della moda, come Zegna, Armani, Dolce e Gabbana, e grandi e piccoli retailer, come Coin e Mark & Spencer), presenza commerciale nel mondo, marketing e comunicazione. Perché è importante valorizzare la propria impresa e farla conoscere. Perché aziende tessili brave, che producono buoni tessuti per camicie, ce ne sono. Ma che hanno 132 di anzianità e presentano una produzione così varia e di alto livello come la nostra, no, non esistono».
Data di inserimento:
06-07-2008