La crisi del tessile in Valgandino
Tutti in campo per limitare la crisi, imprenditori tessili dal Prefetto e incontro dibattito a Gandino, qualcosa bisogna fare, ma per qualcuno è già tardi. Dal Prefetto ci sono andati tutti, in prima fila il Comitato formato da 70 piccole aziende della Valle Seriana che hanno rilanciato la richiesta di crisi del settore. Dall’incontro è scaturito un duplice impegno: da un lato un documento unitario che mette in luce la gravità della crisi che interessa il settore tessile e dell’abbigliamento orobico, e dall’altro l’avvio di alcuni tavoli tecnici che abbiano l’obiettivo di individuare strade percorribili per far fronte alle difficoltà economiche urgenti. Sull’altro fronte si è svolto venerdì 5 marzo, presso il Cinema Al Parco di Gandino, l’incontro–dibattito “Valgandino al bivio”, organizzato dall’Associazione Professioni e Commercio Gandino con il patrocinio del Comune di Gandino e della Pro Loco.
Una serata cui ha partecipato un buon numero di persone, nella quale si è avuta la percezione concreta e assolutamente condivisa che la crisi economica generale e quella del tessile in particolare non sono più semplici argomenti per discussioni di maniera, ma sono dati concreti, palpabili, che nel breve periodo avranno senza dubbio un impatto sulle comunità della valle. La Valgandino è davvero al bivio: stretta tra la morsa della crisi e la volontà di reagire per sottrarsi al declino… Al dibattito erano presenti il dott. Domenico Uccheddu, l’arch. Gustavo Picinali e il dott.Angelo Gino Zambaiti, presidente degli Industriali tessili bergamaschi e tutti i sindaci della Valgandino (per Gandino il vicesindaco rag. Colombi, per la concomitante conferenza sull’artista Loverini programmata a Trescore che ha impegnato il sindaco Maccari). L’aggressività spinta dei mercati dell’Estremo Oriente (Cina, ma non solo) costituisce senza dubbio un elemento di forte preoccupazione, ma evidenzia come la nostra valle, pur essendo di fatto un Distretto industriale che vanta una tradizione e una conseguente specializzazione di livello assoluto, non ha mai provveduto a dotarsi di mezzi idonei a fare “sistema”. Si potrebbe parlare in termini brutali di mancanza di “peso” a livello politico ed economico.
E’ forse vero che dagli anni ’60 in poi in Valgandino “non c’era tempo, si doveva solo produrre e guadagnare”. Una critica che a livello sociale e di animazione del territorio è stata mossa da tempo e da più parti e che ora emerge nella sua brutalità in quanto il “treno” della produzione manifatturiera si sta inesorabilmente fermando. Le prospettive di uscita dalla crisi appaiono così legate allo sviluppo di funzioni di leadership da parte di imprese capofila, ma anche alla crescita di autonomia relazionale da parte delle piccole avvalendosi di reti o rapporti di cooperazione con altre imprese e con tutte le istituzioni. Angelo Gino Zambaiti ha poi catalizzato l’attenzione e suscitato diversi interventi del pubblico, fornendo una serie di dati preoccupanti (in Bergamasca si perdono ogni anno migliaia di posti di lavoro nel tessile) che confermano il declino e prospettano una svolta assolutamente necessaria e immediata. Zambaiti ha elencato una serie di richieste avanzate a livello di Comunità Europea, che possano quantomeno “tamponare” nei tempi una situazione che può letteralmente crollare nel volgere di pochi mesi: politiche d’investimento in formazione e in risorse umane, obbligo dell’etichettatura d’origine dei prodotti per avviare la tracciabilità dei prodotti stessi, revisione dell’organizzazione delle dogane per combattere le frodi e la contraffazione, dilazione della liberalizzazione doganale prevista per il gennaio 2005 e reciprocità nell’applicazione dei dazi. Il pericolo futuro per i nostri paesi è stato sintetizzato in un’espressione molto suggestiva: diventare “un’area triste” (espressione propria del gergo economico): disoccupazione, marginalità, smantellamento dei servizi pubblici, diminuzione demografica, carenza di risorse per sostenere o migliorare la qualità della vita.
La Valgandino ha finalmente aperto gli occhi, rischierà di smettere di lavorare (e non sarà cosa facile né tantomeno immediata) ma potrà finalmente comprendere in politica, nel sociale, nel lavoro, magari nel turismo che non si può certo vivere di gloria passata e addormentarsi sui comodi allori di un benessere sempre meno reale.