Un giorno mi disse: “Vedi Carlo le cose si possono fare solo ed unicamente in due modi, bene o male. Ma se le fai male sei costretto a pentirtene, meglio, molto meglio farle bene”. Era la sua filosofia.
Giuseppe Mosconi era cresciuto in oratorio, il passaggio alla DC era stato quasi obbligato, ma sempre con le sue idee e i suoi principi che sapeva difendere senza mai prevaricare. Conoscerlo e diventare amici fu quasi automatico. Non che fossimo sempre insieme, sarebbe stato impossibile perché entrambi strattonati da mille incombenze. Ma quando era possibile un piccolo scambio di idee sia sul piano professionale che su quello organizzativo, sia sul piano politico o etico era per entrambi sempre arricchente e portava quasi sempre qualche frutto. Ricordo, fra l’altro, l’organizzazione della guardia medica festiva e notturna in Val Gandino quando tutta l’Italia neppure ci pensava.
Attorno a lui ci si riuniva, magari alla sua mensa a gustare i piatti della sua caccia (infatti era anche un bravo cacciatore) e la conversazione mirava subito a uno scopo preciso e aderirvi era entusiasmante.
Il Dottor Mosconi era sempre indaffarato, impegnato in tutti i comitati: protezione ebrei, pro alluvionati del Polesine, pro terremoto del Friuli, pro alluvionati del Piemonte ecc. ecc. E poi ancora Assessore Provinciale all’Ecologia dove avviava i primi progetti di monitoraggio dell’inquinamento atmosferico e del terreno, Presidente del Consorzio Sportivo Consortile di Valle, Presidente della Casa di Riposo di Gandino, Direttore Sanitario dell’AVIS e dell’AIDO, componente del Comitato per la celebrazione del 150° dell’Unità d’Italia e tanto altro ancora. Perché era sì gentiluomo sempre, cavalleresco sempre ma uomo del suo tempo e concreto. Ottimo oratore, appassionato ricercatore, quando il male che non gli dava tregua, lo lasciava un poco, si recava alla biblioteca di Bergamo e così nei primi mesi di quest’anno aveva tenuto un’affollata conferenza avente per tema il Dott. Filippo Lussana cui è dedicato anche il Liceo Scientifico di Bergamo ma che fu medico condotto a Gandino, Direttore dell’Ospedale di Gandino (che nel tempo poi fu trasformato in casa di riposo) e successivamente Primario per chiamata all’Università di Padova concludendovi una carriera strepitosa da vero genio e non solo della medicina. Kafka diceva che scrivere ricette è facile ma intendersi con la gente è difficile perché bisogna amare e servire l’umanità, ma questo era proprio quello che il Dottor Mosconi faceva e bene.
Ma qualche cosa era in agguato. Lo incontrai per caso all’uscita della Banca e mi disse: “Sono stato a sistemare le mie cose perché non mi sento bene e poi… è vero che non credo ai presentimenti però non sono tranquillo”. Aveva ragione, infatti gli specialisti gli diedero in breve una notizia terribile: “Lei è affetto da una malattia che possiamo curare con chemioterapia …”. Incominciava il tempo del dolore, ma con esso il desiderio di vivere, di non arrendersi, di lottare e di crescere ancora. Aveva attorno la moglie, tre figli, quattro nipoti e due nuore, tutti lo adoravano ricambiati ad abundantiam. Era diventato nonno, un vero patriarca e attendeva di prendere in braccio un nuovo nipotino che si chiamerà Marco ma che non potrà conoscere perché un triste mattino della scorsa settimana il Dott. Mosconi è scivolato dolcemente nell’eternità.
Il più piccolo dei nipotini ripeteva: “E adesso chi giocherà con me, come farò ad accendere il fuoco nel camino e chi mi dirà le cose che mi raccontava il nonno?”. Il nonno dopo quattro anni di cure aveva visto avvicinarsi il momento che lui, medico, non poteva non riconoscere e la sua umanità si trovò a desiderare un conforto superiore, desiderando di congedarsi dalla vita, senza rancori, senza rimorsi, senza rimpianti, con tanta fede, quella che non lo aveva mai abbandonato.
Addio caro amico, addio come messaggio di significato assoluto ma che non avrei mai voluto dire a te.
Ricordando il Dott. Giuseppe Mosconi che mi onorò della sua amicizia
27-12-2011