«Officina addio, sul monte riapro il rifugio Farno»

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Data pubblicazione: 

05/02/2012
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Da sinistra, Francesco Ongaro con il figlio, Debora Parolini e Cristian Imberti

Seguire nel quotidiano la passione del tempo libero, riannodando i fili di una storia importante. È la scelta di vita di Cristian Imberti «Ranch», 40 anni di Gandino, che in queste settimane sta completando i lavori per riaprire, entro Pasqua, il rifugio Monte Farno. Un locale ricco di storia, un irrinunciabile riferimento di cui escursionisti e sciatori sentivano la mancanza da più di due anni, dopo la morte di Caterina «Cati» Ongaro, vera e propria custode del Farno.
Lo stabile, che unisce alle ampie sale del piano terreno la disponibilità di dodici camere (per ora non ristrutturate), è posto in una zona nevralgica del Farno, passaggio obbligato per chi sale, a quote più alte a piedi o con gli sci da fondo. Sono molto frequentate le mete di pizzo Formico e Montagnina, dove è aperto il rifugio Parafulmine gestito dallo Sci club Valgandino, unica struttura che in questi anni ha garantito il servizio.
Gli alberghi che furono
Ma fino agli Anni Settanta sul Farno le strutture dove potersi appoggiare non mancavano di certo: c'erano l'Albergo Ongaro e la Capanna Pinéto, di proprietà dell'Atalanta, ma anche l'Albergo Edelweiss e poi la seggiovia. Poco a valle il Ristorante Simba (per il quale è stato lanciato un progetto di ristrutturazione residenziale) e soprattutto l'enorme ex colonia delle Orsoline, di proprietà del Comune, in attesa di rilancio.
«Il Farno – conferma Cristian con malcelato orgoglio – è ideale per quanti cercano un contesto suggestivo e naturale a pochi passi da casa. Non è un caso che nei fine settimana arrivino qui centinaia di milanesi». L'idea di riaprire il rifugio non è legata a un mero aspetto speculativo.
«Sin da piccolo – continua Ranch – seguivo le mandrie fra il Campo d'Avene e Valpiana, la montagna "rivale" del Farno. Come volontario ho lavorato per anni al Parafulmine e conosciuto Cati, con la quale condividevo ricordi e filosofia di vita. Ora la decisione di avviare questa scommessa. Ho chiuso la mia piccola officina meccanica e ho scelto la quiete dei monti che offrono un'incomparabile qualità di vita».
A dar manforte a Cristian ci sarà Debora Parolini, che vanta una consolidata esperienza in ambito commerciale e condivide la passione per il Farno, dove la famiglia possiede una casa.
Nel ricordo della zia
Il ricordo di Cati, morta il 6 aprile di due anni fa e per più di 50 anni residente sul Farno, resta il segno distintivo del locale, che manterrà nella disposizione e negli arredi la stessa impostazione. La proprietà del rifugio è passata al nipote Francesco Ongaro, che con la moglie Emanuela Vian (sindaco di Cazzano Sant'Andrea) è visibilmente soddisfatto dell'iniziativa di Cristian.
«Per noi nipoti – conferma Ongaro – era importante mantenere in famiglia la proprietà dello stabile che per decenni è stato punto di incontro e ritrovo estivo per la nostra famiglia tanto numerosa. La zia insisteva affinché mantenessimo aperto il rifugio, sentiva il Farno come parte di se stessa. Chiedeva di portare avanti con cordialità e spirito di servizio la sua attività. L'entusiasmo di Cristian è in questo senso la miglior garanzia». Sul Farno ricomincia la storia.

Autore: 

Giambattista Gherardi

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