Parla don Paolo Rudelli, di Gandino, segretario della nunziatura apostolica nella capitale dell'Est «Tanti giovani, ma non solo, pregavano fino al mattino per il Papa». Domani Messa nella grande piazza
«Sabato sera dopo l'annuncio del Papa siamo rimasti qui, in nunziatura, abbiamo seguito le notizie, le reazioni. Abbiamo pregato. E poi siamo usciti e per le strade c'era tanta gente, qui nella città vecchia, nel centro storico c'erano soprattutto giovani che andavano alla chiesa di Sant'Anna che è un po' la chiesa degli universitari. All'una di notte la chiesa era stracolma di studenti. Ma tante chiese di Varsavia sono rimaste aperte nella notte fra sabato e domenica e in tutte c'erano fedeli che pregavano per il Papa».
Don Paolo Rudelli è segretario della nunziatura vaticana a Varsavia, la nunziatura guidata dall'arcivescovo Jozef Kowalczyk. Don Paolo Rudelli è nato a Gandino 35 anni fa, si trova a Varsavia da due anni. Gandino, il paese che ha visto ben due suoi sacerdoti venire nominati vescovi dal Papa, monsignor Angelo Gelmi, ausiliario di Cochabamba in Bolivia e monsignor Luigi Bonazzi, nunzio apostolico a Cuba.Racconta don Paolo dalla sede della nunziatura, nel cuore storico di Varsavia, il cuore storico raso al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale e poi ricostruito, pietra su pietra. Dice don Paolo: «A Varsavia in queste ore si respira un clima di tristezza, però anche un senso di riconoscenza. I polacchi amano questo Papa, sanno benissimo quello che ha rappresentato per loro. I giovani e i meno giovani. Non dimenticano quello che ha fatto per loro, non dimenticano le visite che Giovanni Paolo II ha fatto in Polonia in questi anni di pontificato. Non dimentica quello che il Papa disse la prima volta che tornò in Polonia, da Papa. Era il 2 giugno 1979».
Paolo Rudelli ha voce pacata e modi calmi, viene da Gandino. Prima di essere assegnato come segretario a Varsavia ha trascorso due anni nella nunziatura in Ecuador. Continua don Paolo: «Quel 2 giugno durante la predica Giovanni Paolo II disse: "Manda il tuo spirito, Signore e rinnova la faccia della Terra". E poi aggiunse: "Di questa terra".»
In Polonia trasmettono tre canali televisivi di Stato insieme a un paio di altri canali nazionali privati. Spiega don Paolo che la televisione polacca ha avuto un atteggiamento sobrio nei confronti dell'agonia del Papa: «C'è stata un'attenzione costante, ma più che commenti si trasmettevano per gran parte della giornata filmati tratti dalle visite in Polonia di Giovanni Paolo II. Ecco, non ci sono stati talk show attorno a quello che stava accadendo».
«In questo Paese - continua don Paolo - si respira una spiritualità abbastanza diversa da quella che si avverte in Italia. Una spiritualità anche a livello individuale, in Polonia non è difficile trovare chiese piene di giovani che si inginocchiano davanti all'altare, giovani che vivono il nostro tempo, magari con il piercing e i pantaloni a vita bassa...»
La secolarizzazione di cui si parla tanto è un fatto globale, ma non sempre riesce a scalzare la spiritualità. Non sempre e non ovunque. «La dimensione trascendente qui è molto sentita anche a livello individuale». E don Paolo ricorda il Papa, ricorda quando, ancora seminarista, si trovava a Roma a studiare. Dice: «Quando ero a Roma ho avuto modo di incontrare diverse volte il Papa, era quando veniva a trovarci al seminario. Di lui mi ha sempre colpito il fatto che volesse incontrarci uno per uno, magari per un tempo breve, però voleva stringerci la mano e guardarci negli occhi. E il suo sguardo non si dimentica. Si capiva che questo era il suo stile, il suo modo di essere, era la sua carica di umanità che voleva esprimersi».
La nunziatura è impegnata in queste ore nella preparazione del «Libro delle Condoglianze». Autorità polacche raggiungeranno la nunziatura, apporranno la loro firma, verranno accolte. E insieme alle autorità di ogni genere, le persone normali. «Sarà un impegno notevole per la nunziatura. Ma non sarà l'unico impegno. Stiamo organizzando per martedì pomeriggio la Messa in piazza Pilsudski, quella che durante il periodo comunista era chiamata "Piazza della Vittoria". Organizziamo la Messa in questa piazza perché fu proprio qui che Giovanni Paolo II celebrò l'eucarestia in occasione del suo primo ritorno in Polonia in quel giugno del 1979. Celebrerà la messa il nunzio apostolico».
«Ci sembra importante, - continua don Paolo - ci sembra un gesto di gratitudine nei confronti di Giovanni Paolo II, di questo Papa che non ha dimenticato la sua Polonia come non ha dimenticato nessun popolo della Terra. Ricordo quando ero in Ecuador. Il Papa visitò quel piccolo stato una volta e la gente ricordava ancora e mi spiegava dove si trovava quando arrivò il Papa, come lo aveva visto, le parole che aveva sentito... C'era ancora tanta emozione legata a quell'evento. Noi in Italia non ci rendiamo conto dell'importanza che per i popoli sparsi per il mondo ha una visita del pontefice. Per noi è normale potere incontrare il Papa, al massimo è a qualche centinaio di chilometri di distanza. Ma c'erano popoli che non avevano mai visto un pontefice».
In questo pomeriggio di domenica su Varsavia splende un sole limpido, ma l'aria è ancora fredda. Don Paolo Rudelli ritorna al lavoro. Conclude: «Di Papa Wojtyla si possono dire tantissime cose belle, importanti. In questi giorni sono state dette tutte. Io voglio dire che più di tutto mi ha colpito il suo rapporto personale con Dio, il rapporto che aveva e che riusciva a manifestare. Ecco, credo che da questo poi discenda tutto il resto, che sia la fonte del suo modo di essere, della sua parola, dei suoi gesti».