Marcialonga, Aukland primo tra 4.700

La classica al norvegese, sul podio anche gli svedesi Andreasson e Ahrlin. Oltre 200 i bergamaschi

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Data pubblicazione: 

30/01/2006
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Il podio è tutto dei «cugini» di Stromberg, vichingoni che tagliano il traguardo, Aukland in testa, giganteggiando non solo per la possanza fisica, ma per il passo che – dopo 70 chilometri - è ancora pieno, il fiato largo e la racchettata sicura.
Il podio è tutto scandinavo, è un preludio olimpico. La Marcialonga, invece, è tutta della gente. E la gente bergamasca, tra i 4.761 iscritti ufficiali, è tanta: 200 il numero degli orobici al via. È un numero fittizio, non rende bene l'idea. Basta guardare le targhe dei camper posteggiati da venerdì sera nel parterre di Moena in attesa del via: tantissime sigle Bg. Inutile bussare perché, alle sette e mezza, sono già tutti in pista. Nelle griglie di partenza, si captano espressioni dialettali che non lasciano dubbi se non marginali, bergamaschi della Val Seriana o della Val Brembana?
In pole position, nel gruppo riservato ai più forti e ai senatori, sorride Severo Piccinini di Bergamo affiancato da Santo Del Vecchio di Rogno, mentre in altra griglia scruta il cielo Renato Bonazzi, da Gandino, che senatore non lo è più per una di quelle circostanze che segnano la vita sportiva di un marcialonghista: un attacco di febbre lo costrinse ad abbandonare la gara qualche Marcialonga fa, e allora addio primato di continuità. Però Renato ha la sua personalissima claque di sostenitori capitanati dalla moglie e da Giampietro Piccinali, calati dalla Val Gandino con un'infinità di altri con valligiani, da Parre, Leffe, Clusone, impegnati in un weekend di bisbocce e tifo sfrenato. Del resto, l'infinità di tute marchiate Scame fanno sentire tutti un po' a casa, come se, invece che in Val di Fiemme, fossimo alla «Spessa» di Clusone, con il Beppe Barzasi direttore di gara.
La voce di Pavarotti, «all'alba vincerò», suona la carica, ma all'alba qui non si vince niente, mentre qualcuno vincerà la sua personalissima scommessa solo a pomeriggio inoltrato, quando le ombre della sera caleranno sulla via centrale di Canazei e l'ultimo concorrente verrà insignito della corona d'alloro che la Soreghina (tipica bellezza della Val di Fassa ma niente a vedere con le Veline) provvederà a gettargli al volo al collo. La gloria, quella vera, non la determina un cronometro: è la sfida con se stessi e con una fatica che ieri si è fatta sentire ancora di più. Perché se è vero che la nevicata dei giorni scorsi ha reso il paesaggio che «così non lo si vedeva da vent'anni», è anche vero che la temperatura caldina della neve e dell'aria ha fatto impazzire le variabili di sciolinatura, contrassegnate fino all'ultima da una serie di incognite.
Allora, quando gli sci vanno poco, ci vuole soprattutto il cuore. I vari Costantin, Fauner, Paluselli e Peyrot fanno capitolo a sé, la Marcialonga è pur sempre una gara della Fis Marathon Cup, anche se la si prospetta, in futuro, come gara di Coppa del Mondo; e poi, per loro, tra dieci giorni sarà già tempo di Giochi. Tutti i grandi, alla fine, puntano a quello. Così come ci punta anche Nkrumah Acheampong, atleta del Ghana in forza all'Apt di Cavalese che si sta allenando per Torino 2006. Questo per dire dell'universalità dello sci nordico, così bello da catturare con una passione esagerata anche chi è nato nella savana, e che magari, con maggiori fortune e meno fatiche, avrebbe potuto dedicarsi alla caccia al leone.

Autore: 

Donatella Tiraboschi

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