Lignite, tre secoli di storia

La ricerca di Franco Irranca sui giacimenti scoperti nel '700

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15/02/2007
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Un gruppo di minatori in una cava di lignite a Leffe
Sono molti gli studiosi e i geologi che, in tempi diversi, hanno rivolto il proprio interesse all'antico bacino lacustre della Valgandino. Come sottolineato in un recente convegno svoltosi a Leffe, la zona che comprende gli attuali comuni di Gandino, Leffe, Casnigo, Peia e Cazzano Sant'Andrea era di fatto un grande lago-palude che al suo prosciugamento lasciò il sottosuolo ricco di fossili di flora e fauna, banchi d'argilla e di ligniti.
Franco Irranca di Vertova, dirigente scolastico in pensione e collaboratore de «L'Eco di Bergamo», ha avviato uno studio approfondito della materia e, dopo vent'anni di ricerche – soprattutto negli archivi e sulla rivista del Distretto minerario che pubblicava i resoconti di tutte le miniere – ha prodotto un elaborato molto accurato di cento pagine, corredato di documenti e mappe antiche, anche dell'Ottocento, che presenta contenuti per certi versi sorprendenti.
Oltre alle varie ipotesi dei diversi studiosi circa la formazione, la datazione e il prosciugamento dell'antico bacino lacustre, si scoprono per esempio le origini dell'escavazione della lignite, che risalgono con certezza al Settecento, quando Alessandro Radici di Gandino aveva intuito che nelle viscere della valle ci poteva essere la ricchezza. Da solo iniziò a scavare la lignite, ma senza un gran successo. Lo imitarono altri privati, con lo stesso risultato. Si dovette aspettare il nuovo secolo, il 1800, perché ditte solide e ben organizzate potessero intraprendere un vero e proprio sfruttamento del sottosuolo.
Furono impiantate teleferiche, scavati pozzi profondi e lunghe gallerie in tutti i comuni della Valle. Un cunicolo, passando sotto l'altipiano di Casnigo raggiungeva addirittura il fiume Serio, a Vertova. Durante gli scavi furono raccolti alcuni fossili animali (tigri, elefanti, rinoceronti), ma anche relativi alla flora, ora esposti in vari musei nazionali, tra i quali quello delle Scienze naturali Caffi e Bergamo e il Museo delle scienze di Milano.
I lavori nelle miniere si protrassero con alterne vicende e l'impiego di diverse migliaia di operai, fino a metà del ventesimo secolo. Nel corso di questi centocinquant'anni furono numerose le ditte che operarono in valle: le più importanti erano denominate Monti, Botta, Biraghi. S.i.l.l.a, Valgandino e Perani. Oggi, ancora in vita, sono pochi gli uomini che lavorarono alle «büse», negli ultimi tempi dell'attività estrattiva. Ma parecchia gente ha ancora un chiaro ricordo dei carri colmi di lignite lungo gli stradoni della Valle. Nella prima metà dell'Ottocento, per favorire il trasporto del minerale, erano sorte nuove carreggiabili, declassando mulattiere e sentieri secolari, e dando vita in molti casi all'attuale articolazione viaria della valle.
Nella seconda metà dell' 800 la ditta Biraghi volle sperimentare lo scavo a cielo aperto. Lo fece in alcuni prati nei dintorni di Leffe (poco lontano dall'attuale Centro sportivo consortile di Casnigo) e quando, molto più tardi, «lo scavo a giorno» fu abbandonato, il grande fossato, colmandosi d'acqua, divenne un laghetto, frequentato da famiglie e giovani. In esso morirono per annegamento, nel 1938, un bambino di Leffe, Peppino Martinelli, di nove anni; nel 1961, Mario Savoldelli, di 14 anni, e Luciano Bertocchi, di 17, entrambi di Gandino.
Una parte dello studio è dedicata alle vicende giudiziarie per i danni provocati alle abitazioni, rogge e mulini di Leffe, dai lavori di scavo nelle gallerie. Interessante anche il carteggio relativo agli infortuni e ai decessi, provocati da questi lavori duri e pericolosi.
L'evento più funesto avvenne a Cazzano nel 1873, quando per il crollo di una galleria, morirono, sepolti vivi, 13 minatori. Erano di Leffe, Cazzano e Casnigo. I compagni di lavoro per giorni e notti, sotto una pioggia battente e incessante, immersi nel fango e alla luce di torce, cercarono di estrarli. Ma invano. Sulla vecchia mulattiera che da Leffe sale a Cazzano, un'antica santella ancora li ricorda.
Franco Irranca ha predisposto un racconto minuzioso e l'auspicio è che la storia delle miniere di lignite della Valgandino possa rivivere presto in un volume che enti pubblici o istituzioni private vorranno eventualmente pubblicare.

Autore: 

Giambattista Gherardi

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