Lavorò nella sede di Parigi dove fu nunzio Angelo Roncalli

Nell’ultima intervista disse: «La globalizzazione deve consentire la soluzione dei drammi della povertà in un’ottica mondiale»

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08/11/2005
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«Di fronte a tanti temi emergenti, gli Stati aderenti all'Unesco vogliono conoscere il pensiero della Chiesa cattolica. Il mio compito è di illustrarlo e di far riflettere su temi che mettono in gioco il destino stesso dell'uomo». Così, quattro anni fa, in un'intervista, monsignor Lorenzo Frana parlava del suo impegno a servizio della Santa Sede all'Unesco, protrattosi per 27 anni. Dopo una parentesi come coadiutore parrocchiale di Villasola (1951-'55), monsignor Frana era stato studente a Roma (1955-'60) e poi era entrato nella diplomazia della Santa Sede: addetto alla nunziatura in Nicaragua (1961-'62), segretario della nunziatura in Brasile (1962-'66), uditore nella Segreteria di Stato (1966-'71), nella delegazione apostolica di Londra (1971-'74) e in quella degli Stati Uniti (1974-'75). Dal 1975 al 2002, anno del suo ritiro per limiti di età, era stato osservatore permanente della Santa Sede all'Unesco, organizzazione delle Nazioni Unite con sede a Parigi con il compito - come recita lo statuto - di contribuire «alla pace e alla sicurezza, promuovendo la collaborazione tra le nazioni nell'ambito dell'educazione, della scienza e della cultura». Come osservatore all'Unesco, monsignor Frana era stato fra i successori del nunzio in Francia Angelo Giuseppe Roncalli, futuro Papa Giovanni XXIII, che nel 1951 aveva ricevuto anche questo incarico da Pio XII. «Lo conobbi a Parigi - ricordava monsignor Frana nell'intervista -. Roncalli seppe svolgere il suo ruolo con bontà, intelligenza e rispetto, avvicinando tutti i delegati oltre le differenze politiche e religiose. Anche all'Unesco il futuro Pontefice comprese l'anelito di pace che saliva dal mondo uscito dalla guerra. Infatti, la situazione geopolitica di allora era segnata dalla divisione del mondo nei blocchi occidentale e sovietico».
Uno dei temi più dibattuti negli ultimi anni di presenza di monsignor Frana all'Unesco era la globalizzazione. «È un termine ancora di difficile decifrazione - raccontava nell'intervista -. Per alcuni è una pericolosa uniformità voluta dai Paesi ricchi, per altri è una possibilità concreta di migliorare le condizioni del mondo. Poi ci sono altri gruppi variegati in cui albergano troppe anime, anche estremiste, che alla fine assumono posizioni più dogmatiche di quelle che vogliono contestare. La globalizzazione non deve essere uniformità, perché bisogna salvaguardare la ricchezza delle identità culturali. Inoltre, essa deve consentire la soluzione dei drammi della povertà e del sottosviluppo nell'ottica della solidarietà mondiale. Invece, sembra che i Paesi ricchi vogliano dettare le regole. Oggi, sulla globalizzazione, e anche su altri temi, la posizione della Chiesa cattolica è molto più ascoltata rispetto al passato». Monsignor Frana ricordava anche le parole di Giovanni Paolo II in visita all'Unesco nel 1980: «L'uomo vive di arte, ragione e cultura. Una delle urgenze di oggi è la spiritualizzazione della materia».

Autore: 

Carmelo Epis

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