La bretella di Barzizza? E’ un doppio disastro

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Data pubblicazione: 

15/12/2006
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Alcune precisazioni riguardo al disastro della bretella di Barzizza.
Cominciamo col dire che anche e soprattutto per questa opera, nel corso dei cinque anni di questa Amministrazione sono stati cambiati la bellezza di 5 responsabili all’Ufficio Tecnico e precisamente: il primo subito dopo le elezioni nel 2002, Arch. Massimo Moro, solo perché faceva capo al progetto esecutivo della precedente Amministrazione e quindi faceva l’interesse della popolazione e non dei consiglieri neoeletti.
Il secondo Geom. Carlo Marchesi, il quale dopo essere stato costretto ad avviare il procedimento di esproprio contro la famiglia Ongaro, resosi conto che l’esito che ne sarebbe scaturito, non era poi così scontato come gli avevano promesso i suoi referenti, l’Assessore ai Lavori Pubblici, Sindaco e consulenti legali, ha rassegnato le dimissioni.
Al terzo Arch. Marco Fiorina, fi nalmente, l’Amministrazione riesce a far fi rmare il decreto di esproprio, ma poco dopo se ne va anche lui. Succede l’Arch. Silvana Mutti, la quale invece rigetta tutto ciò che non è limpido e trasparente, ma pressata dai suoi superiori, in questo caso il Sindaco, che oramai ha dovuto accollarsi anche la carica di Assessore alla edilizia privata e pubblica, invia allo stesso una lettera per essere sollevata dalla responsabilità, richiesta naturalmente non accolta e dopo essersi visto tagliate le gomme della propria macchina, anche Ella rassegna le dimissioni.
Ora siamo all’era dell’Arch. Francesca Rossi, nuovo responsabile. Vedremo, quindi.
Non possiamo poi dimenticare che per l’approvazione della variante n. 5, quella appunto che avrebbe aperto la strada al nuovo percorso, nella seduta consigliare del 20 marzo 2004, ben 5 consiglieri della maggioranza si sono astenuti dalla votazione e la seduta è andata nulla e quindi è ragionevole pensare che anche la variante medesima poco avesse di pubblico e molto di privato.
Nella seduta consigliare successiva, quella del 20 aprile 2004, invece, un consigliere della maggioranza, e precisamente l’Arch. Leonardo Motta, assessore ai Lavori pubblici e all’edilizia privata, cognato di una delle espropriande, non solo ha parlato, ma ha anche votato, quando secondo il disposto dell’art. 77 doveva astenersi. Questo comportamento, cioè la mancata astensione dal voto, si è poi ripetuto, sempre dallo stesso assessore, anche nella seduta consigliare del 28 settembre 2004, seduta relativa all’esame delle osservazioni e alla approvazione defi nitiva della variante n. 5. Peggio ancora quello che è successo in Giunta Comunale e precisamente delibera n. 103 del 28 giugno 2005 “Approvazione progetto defi nitivo esecutivo relativo ai lavori di realizzazione strada collegamento tra il monte Farno e l’abitato di Gandino secondo lotto”, e la n. 147 del 4 ottobre 2005 “Opposizione avverso i motivi aggiunti e l’istanza incidentale di sospensione per via cautelare d’urgenza presentati dalle Sign. Ongaro Maria, Laura, Paola, Raffaella e avverso l’atto di intervento presentato dalla Sign. Suardi Michelina al ricorso amministrativo n. 2157/04 avanti il Tar Lombardia sezione staccata di Brescia”, atti determinanti ai fi ni del procedimento ed annullabili perché, con l’obbligo di astensione dell’incompatibile parente, privi di maggioranza. (…).

Sappiamo anche che la Camera di Consiglio del Tar di Brescia si è pronunciata il 18 ottobre 2005 con l’ordinanza di non sospensiva, ma i lavori sono cominciati il 12 ottobre 2005 con conseguente reato di violazione di domicilio, ma ormai siamo in materia penale tra privati. A noi cittadini interessa solo una cosa e cioè che eventuali danni cagionati all’Ente vengano poi addebitati ai diretti responsabili, così come del resto sancito dalla carta della dichiarazione dei diritti dell’uomo del lontano 26 agosto 1789 dove appunto all’art. 15 si dice: “La società ha diritto di chiedere conto ad ogni pubblico uffi ciale della sua amministrazione”. Questa Bretella, se dal lato giuridico ed amministrativo, come detto sopra, fa acqua da tutte le parti, dal lato tecnico è un vero disastro, come risulta sia da una semplice visita in loco, anche al cittadino qualunque, ma soprattutto dalla relazione dell’Ing. Umberto Noris, incaricato dalla stessa Amministrazione per il collaudo in corso d’opera.
Costui così relaziona: “Nel progetto e quindi nella esecuzione delle opere non si è ritenuto di: eseguire ponte in corrispondenza della sezione 44 (valletta), in sua vece è stata eseguita tubazione diametro 100 cm in cemento (…) provvedere a dispersione su suolo in più punti delle acque meteoriche, soluzione alla quale si è preferita tombinatura stradale con caditoie (…) si fa presente che le indicazioni dei geologi furono integralmente riprese dagli Enti preposti al rilascio delle specifi che autorizzazioni (Provincia, Comunità Montana) con inserimento tra le altre nelle prescrizioni di progetto (…) che il cassonetto stradale risulta realizzato con fornitura e posa di frantumato con discreta percentuale di materiale di demolizione a fronte del previsto materiale arido ghiaioso di cava (…) necessità di eseguire prova su piastra in corrispondenza delle sezioni più signifi cative (…) necessità di opere di mitigazione ambientale (…) necessità di verifi care la compatibilità delle portate idrauliche consegnata alla valletta (…) la denuncia c.a. risulta agli atti, non la relazione a struttura ultimata [a tale proposito lo diciamo noi: c’è un muro di contenimento che sta crollando] (…) gli atti amministrativi per l’acquisizione delle aree risultano tutti avviati ma nessuno completato; nessuna ditta esproprianda risulta avere ricevuto acconto né tanto meno liquidazione (…) nessuno degli incontri ad oggi tenutisi sono stati convocati dallo scrivente con fi nalità di visita di collaudo”.

Domanda. Ma ora che la Concossola spa è stata chiusa e guardacaso in attivo sia pure dopo aver svenduto i mezzi di cui era dotata, su chi scaricare la colpa, ma soprattutto chi pagherà il conto? Purtroppo abbiamo il triste presagio che anche questa volta sarà la popolazione a dover mettere mano al portafoglio.

Lettera firmata
Gandino

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