In Valgandino due aziende specializzate (sul totale di sei italiane)

Il grande mercato dei campi sintetici dalla mouquette all’erbetta “filata”

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Data pubblicazione: 

20/05/2005
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I grandi telai silenziosi srotolano tappeti d’erba: erba sintetica di diversa altezza, diverso spessore, diversa destinazione. Questa è una delle sei aziende che in tutta Italia producono erba sintetica per campi da tennis, da calcio, da calcetto ma anche per giardini e parchi. Appena sei aziende con un mercato potenziale che sembra l’affare del secolo? Fulvio Strapparava viene da Lumezzane. Ogni mattina si sorbisce 75 chilometri per rifarli al ritorno ogni sera. E’ amministratore delegato della Unieco Green spa, una delle 2 aziende (attenzione, sul totale delle 6 italiane) che hanno sede in Valgandino. Sono la Sitin Sport di Cazzano S. Andrea (Gruppo Radici), che l’anno prossimo sponsorizzerà l’Atalanta e appunto l’Unieco Green. In realtà ci sarebbe anche una terza azienda, la Safitex di Leffe che lavora per la Sitin Sport. In Italia le altre quattro aziende sono la Rossi Flora (Vicenza), la Mondo (Alba), la Limonta (Cologno) e un’altra bergamasca, la Italgreen di Villa d’Adda.

Uno si chiede subito come mai in Valgandino ci sia il 33% delle aziende italiane produttrici di erba sintetica.


"Ma è semplice: qui c’erano i mouquettari…". Ci vuole un po’ a capire che si riferisce ai produttori di mouquette. Su queste produzioni in Italia si è al ribasso: "Certo, in Italia adesso tutti vogliono il parquet… ma non è solo questione di moda. Il fatto è che abbiamo negli anni passati prodotto una mouquette di bassa qualità e gli italiani non la gradiscono più.

In America copre ancora il 64% del settore. Certo, però loro fanno mouquette di alta qualità. E’ chiaro che le aziende che producevano mouquette erano già predisposte per fare anche i tappeti di erba sintetica. Ecco perché in Valgandino abbiamo tre aziende del settore". A occhio sembra l’affare del secolo, quello della conversione di tutti i campi da calcio, e un affare adesso che la Serie A ci si butta: "La serie A è una briciola, in Italia ci sono circa 15 mila campi, è la Lega Nazionale Dilettanti che in realtà ha aperto il settore.

L’Atalanta? Beh, a parte che lo sponsor è la Sitin, non è il massimo fare da cavia, il primo impianto in serie A avrà addosso gli occhi di tutti… Comunque la capacità produttiva delle aziende in Italia è di 500 campi all’anno". Beh, allora c’è spazio per tutti.


"Ci sono limiti che non dipendono dalla capacità produttiva, basti pensare che il periodo per realizzare questi impianti si riduce ai pochi mesi estivi, per non intralciare i campionati".

Ma durano poco: "Durano dagli 8 ai 10 anni. Quindi è un mercato aperto che si rinnova". E magari poi arrivano anche qui i cinesi. "Ci sono già da vent’anni. Bisogna ricordare che non è una moda scoppiata adesso, i campi in erba sintetica risalgono al 1963-64. Fortunatamente i cinesi hanno due problemi: uno è quello

che per ora sono occupati nel mercato interno. Sembrerà strano ma il ministero della Pubblica Istruzione cinese ha avviato una politica per dotare tutte le scuole di un campo. In Cina ci sono in tutto 30 produttori di tappeti di erba sintetica, ma la fanno di bassa qualità, durata massima 3 anni. Questo è il secondo vantaggio nostro. Non ripeteremo l’errore strategico della mouquette, puntiamo a produrre campi di alta qualità e restereno sul mercato".

Quanto costa un campo da calcio di dimensioni regolamentari? "E’ un altro dei punti di vantaggio sui cinesi. Loro producono per campi di misure tutte uguali, noi dobbiamo adattarci a misure diverse.

La Lega Dilettanti ha posto una serie di limiti e regole precise, sulla qualità e le dimensioni. Prendiamo un campo di calcio di 100 metri per 60. Noi produciamo strisce di 4 metri per 60 metri, le posizioniamo trasversalmente e…". Mi spiega il meccanismo di posa, in cui è compresa anche la "sabbiatura", cioè nel tappeto viene versata anche la sabbia e altro materiale colloso… Che ci frega, basta che funzioni. Torniamo ai costi: "Si va dai 250 mila ai 500 mila euro". Ci sarà un motivo su queste differenze:

"Dipende dal materiale, se si adopera materiale di riciclo o no, il risultato invece sul campo è praticamente lo stesso". Ma si parla di possibili conseguenze di inquinamento. "Ci vuole un po’ di buon senso, a mio parere. L’inquinamento dal riutilizzo di copertoni, se c’è, è in tutti i campi. Ma noi, a richiesta, utilizziamo anche materiale non di riciclo, è chiaro che il prezzo è diverso".

Andiamo a visitare lo stabilimento, i grandi telai che sfornano erba sintetica di diverso spessore, diversa altezza, diverso materiale.

L’Unieco Green ha una quindicina di dipendenti, è in arrivo un sesto telaio, esporta i suoi prodotti in Libia, Romania, Albania. Albania? Sembrano paesi poveri, ma forse i campi sintetici sono più convenienti e in definitiva meno costosi di quelli in erba.

Ma il mercato dell’azienda spazia in Sardegna, Sicilia, Campania. Per assurdo in bergamasca si muove poco, anche se adesso arrivano commesse anche dalla provincia.

Mentre percorriamo i grandi spazi dello stabilimento dove i telai srotolano i diversi "tappeti d’erba" Fulvio Strapparava mi riserva una chicca che riguarda ancora la Cina, in un discorso più generale: "Tanto per capire come sono avanti, basta pensare alla nave-fabbrica.

Hanno montato su una nave tutto un sistema produttivo. Ricevono ad esempio le commesse (che sono gli ordinativi, non le ragazze, a scanso di equivoci – n.d.r.) a Shangai e parte la produzione sulla nave che mentre naviga verso il porto di consegna praticamente finisce il prodotto. Viene risparmiato il tempo di trasporto".

Uno stabilimento galleggiante. Per noi sarebbe una rivoluzione. Già, in Cina di rivoluzioni ne hanno già fatte, militari e… culturali. Ma, ad occhio, sembra che abbiano lasciato solo conseguenze in linea con il più "liberista" dei capitalismi.

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