Riproduzione limitata per l'Unità d'ItaliaAvviate le macchine: coinvolte 16 aziendeTessitura in un telaio attrezzato come un tempo
In Val Gandino si sono accese le macchine per riprodurre in tiratura limitata le camicie garibaldine: ne saranno fatte 150, come gli anni dell'Unità d'Italia. Il progetto ha messo in moto uno spirito di «patria» rinnovato e per certi versi inaspettato. Così un secolo e mezzo dopo 14 aziende della valle, più due di Sorisole e Valle Imagna, lavorano per ritessere e confezionare le camicie scarlatte con cui combatterono i volontari garibaldini.
E non è solo amarcord, ma un progetto che s'intreccia con la storia e l'evoluzione del distretto tessile locale, che sta riscoprendo anche con questa iniziativa una filiera completa.
Il campionario del 1861
Tutto comincia da una storia, quella della tintura delle camicie rosse a Prat Serval, e da alcuni pezzi di stoffa rintracciati negli archivi della famiglia Maccari.
«L'idea di riannodare i fili di una storia – spiega Filippo Servalli, assessore alla Cultura di Gandino e direttore corporate marketing di Radici Group – è diventata una piccola grande scommessa, un lavoro appassionante cui tutti hanno dato e daranno un contributo decisivo. I maestri tintori che a Prat Serval tinsero lo scarlatto garibaldino furono quasi certamente Abramo e Pietro Maccari, esponenti di una dinastia storica fra gli industriali lanieri della valle».
I Maccari furono titolari di un Lanificio che, per il tunnel di stoffe che fino agli anni Quaranta caratterizzava la processione del Corpus Domini di Gandino, offriva panni bianchi. Ma erano probabilmente maestri nel produrre quello «scarlatto» che i mercanti gandinesi vantavano alla clientela. Prezioso per questo il ritrovamento di una cartella di campionario che risale al 1861, nella quale spiccano alcuni tagli che in modo inequivocabile riportano la dicitura «scarlatto».
«Da qui siamo partiti per riprodurre il filato – spiega Ruggero Rottigni dell'omonima filatura gandinese –. Abbiamo preferito, per attualizzazione ed evoluzione di genere avvenuta in valle, privilegiare un filato pettinato, rispetto al cardato allora utilizzato».
Il filo è fatto al 75% di lana, con la materia prima acquistata in America Latina, e al 25% di poliammide 6 prodotto da Radici Group.
Tessitura vicina all'originale
Dopo l'orditura da parte dei F.lli Bosio a Leffe, la tessitura è tuttora appannaggio di Torri Lane a Gandino, dove è entrata in campo l'esperienza di Fernando Torri, erede di una dinastia storica.
«I campioni in nostre mani erano probabilmente stati tessuti a mano – afferma Torri – come evidenzia l'altezza di soli 70 centimetri e la conformazione delle cimosse. Ho dovuto attrezzare un telaio secondo le modalità di un tempo, ormai desuete, per ottenere una densità di tessitura che fosse il più possibile rispondente all'originale».
Il Lanificio Torri ospita fra l'altro l'ultima «ciodera» ancora presente in Val Gandino (tutelata dal Fai come «luogo del cuore»): si tratta di un enorme stenditoio sul quale i pannilana venivano stesi per l'asciugatura, come certamente avvenne anche per quelli destinati alle camicie rosse del 1861.
Per la tintura in pezza si è attivata la Zambaiti Concept di Cazzano Sant'Andrea, affiancata per la formulazione della ricetta del colore, dalla Lafitex di Presti, ultima tintoria ancor oggi attiva a Gandino. Le operazioni di follatura per rendere il tessuto più compatto passeranno a Vertova in un'altra realtà che rappresenta una delle ultime espressioni del settore: il Feltrificio Gusmini. E fin qui arriva la produzione per quanto attiene filo e tessuto cercando di rispecchiare la tradizione. Ma altre realtà stanno partecipando mettendo in gioco anche nuove tecnologie.