Il fascino indiscreto della chitarra nelle mani di autentici campioni dello strumento. Dopo Pierre Bensusan, arrivano altri fuori classe. A Gandino il 1° Festival internazionale di Chitarra regala in questi giorni musica di alto livello e straordinarie fascinazioni. Come ci ha detto il valente chitarrista francese, il «bla bla» chitarristico, la tecnica strumentale che sopravanza la musica, non è la via. E questo lo sanno bene anche quelli di GeoMusic che per l'appunto hanno invitato solo artisti che privilegiano il progetto musicale, anche se sono autentici virtuosi delle corde.
Stasera nel chiostro di Santa Maria ad Ruviales (inizio ore 21; ingresso 10 euro) tocca al chitarrista italiano Andrea Valeri e al belga Karim Baggili; mentre domani il festival si conclude con l'esibizione di Marco Valietti e del chitarrista americano Alex De Grassi. Intorno tante altre iniziative a partire dalle 11 di oggi con la lezione-concerto di Andrea Castelfranato all'auditorium dell'Istituto comprensivo di Gandino. Dalle 11 alle 21 nel Salone della Valle, in piazza Vittorio Veneto, mostra di strumenti e partiture musicali d'epoca a cura di Giacomo Parimbelli; alle 16 nello stesso spazio, incontro sul tema «Liutai chitarrai di Lombardia, dalle origini ad oggi». Seguono un paio di showcase con Andrea Valeri e Mario Galimberti, sempre nella zona di piazza Vittorio Veneto. Per domani va segnalata la visita, guidata da Silvio Tomasini, alla Basilica di Santa Maria Assunta e al museo della stessa (inizio ore 16), cui farà seguito il concerto di Giorgio Cordini, ospitato nella Sala degli Arazzi.
Nato in Belgio nel 1976, di origini giordane e jugoslave, Karim Baggili è un giovane compositore, chitarrista autodidatta, buon suonatore di oud, il liuto arabo. Da quando ha sedici anni attraversa il territorio di tante musiche, raccogliendo la suggestione di ognuna: dalla musica araba, al jazz, alla musica flamenco. Lo stile è aperto e virtuoso, sia che Baggili suoni in solo o con altri musicisti. Il suo ultimo disco s'intitola «Lea & Kash» e meglio dei precedenti sintetizza l'appassionata fusione di stili. Alex De Grassi (nella foto) è invece un veterano della «guitar music», balzato agli onori delle cronache verso la fine degli anni Settanta, all'interno della «fucina» Windham Hill, l'etichetta New Age fondata da William Ackerman. Con antenati italiani, De Grassi da più parti è considerato tra i più autorevoli eredi della tradizione chitarristica americana bianca: una scuola non così frequentata, che evolve stilisticamente a partire delle elucubrazioni spiritual-musicali di John Fahey, per arrivare all'essenza vibrazionale di Robbie Basho, e alle prodezze ritmico-armoniche di Michael Hedges. Del resto sotto l'ombrello della cosiddetta «guitar music» convivono esperienze musicali diverse, dal folk, al blues, senza dimenticare l'improvvisazione e le forme estetizzanti della New Age. Il chitarrista americano ha sempre coltivato uno stile «impressionistico». La tecnica è cristallina, il tocco pulitissimo, le armonie sono libere, raramente dissonanti. De Grassi tratteggia le melodie con brevi pennellate di suono, senza mai cedere alla lusinga del virtuosismo, pur padroneggiando una tecnica strumentale assolutamente invidiabile.
Il fascino indiscreto della chitarra nelle mani di autentici campioni dello strumento
17-09-2011