Nel decennale della scomparsa un volume di Leone Belotti ricostruisce la storia dell’imprenditore
Dai tuffi nelle pozze in Val Vertova agli anni d’oro a Milano dal ’47 al ’52, alla Germania, allo sbarco in Ungheria
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«Si può far scrivere un libro a un morto?».
Leone Belotti, direttore creativo di una nota impresa bergamasca di marketing e comunicazione, un passato da pubblicitario, copywriter, scrittore di romanzi rosa, gialli, fotoromanzi, c’è riuscito. Il suo «99r+1, 99 radici + un’anima», recentemente edito da RadiciGroup, fa parlare lo spirito di Gianni Radici (Leffe, 1924-2005), l’imprenditore leffese di cui ricorre, quest’anno, il decennale della scomparsa. Protagonista della trasformazione di un’azienda tessile «locale» in un grande gruppo internazionale, ramificato in numerosi settori produttivi. Il libro nasce da un’idea di Filippo Servalli, direttore marketing di RadiciGroup; è costituito da 99 testi brevissimi, le «radici», e da molte fotografie, a colori e in bianco e nero, a seconda di tempi, temi e luoghi, di Virgilio Fidanza.
Immagini in gran parte dedicate al lavoro in azienda –macchinari, magazzini, complessi industriali, laboratori–, in parte all’ambiente naturale in cui le aziende si incastonano. Bandita la celebrazione iconografica del personaggio. I 99 testi sono divisi in tre gruppi di 33 (come le cantiche dantesche). Il secondo, in particolare, dedicato al racconto della vita, cioè, quasi tout court, della storia di lavoro di Gianni. Schede, flashes, affioramenti, ricordi brevissimi, in prima persona. Anche molto personali, che cercano di restituire l’essenza più intima della persona e del lavoratore, dalle origini umili del padre al titolo di Cavaliere del Lavoro.
Una storia d’impresa raccontata «dal di dentro», un pezzo di storia d’Italia che affonda le sue radici in una dura povertà, nella guerra e nel dopoguerra. Uomini, giovani che erano fuorché «difficili da accontentare».«Mio padre – racconta la voce “ricostruita” di Radici – ha fatto il coértì», e la moglie in certe stagioni storte andava in fabbrica a fare i turni di notte, d’inverno, per portare a casa i soldi». Gli svaghi, le vacanze: «Da ragazzini andavamo a tuffarci nelle pozze in Val Vertova, la maggior parte di noi non aveva la biancheria intima, fabbricavamo delle specie di perizoma di stracci. Poi, esausti e affamati, chiedevamo qualcosa da mangiare nelle cascine della zona. Soldi non c’erano, ci si divideva una fetta di polenta fredda».
Gli esordi: «Ho iniziato a lavorare a 17 anni, negli anni della guerra, succedeva tutto e il contrario di tutto. Pochi anni dopo, nel dopoguerra, ricordo di aver fatto festa per le prime coperte che ho venduto in Germania».
Poi, nel dopoguerra, la ricostruzione, i soldi: «Soldi a palate, a sacchi, non è un modo di dire. Dal ’47 al ’52, a Milano, una ressa di compratori nel nostro magazzino, tutto per contante, riempivano sacchi di banconote, li si portava in banca, senza nemmeno contarli, non c’era il tempo». L’avvento della pubblicità: «Primi anni Cinquanta, autostrada Bergamo-Milano, una sola corsia, ai lati della carreggiata questi enormi cartelloni, noi siamo stati tra i primi, un carosello Radici, coperta Pastore…». Scene che ci ricordano, se ci è concesso, «I magliari» di Rosi: «La coperta ci costava 3.000 lire, la si vendeva a 12.000, un esercito di venditori napoletani ha battuto per vent’anni, casa per casa, tutta la Germania… ».
Anni Sessanta, guerra fredda: «Noi esportavamo molto nei paesi del blocco comunista. Fissano il prezzo a 2.300 lire, a noi costava 2.400. Lavorare sottocosto o perdere la commessa? Da un giorno all’altro, abbiamo trasferito la produzione a casa loro, in Ungheria». Come il Napoleone manzoniano («Di quel securo il fulmine...»), la capacità di decidere in tempi brevissimi: «Quando dovevo affrontare un problema, trovavo la concentrazione assoluta tenendomi la testa fra le mani per due minuti, poi dicevo: facciamo così».
«Sono tutti materiali – spiega Belotti – tratti da testi, registrazioni, testimonianze di persone a lui vicine: parenti, colleghi imprenditori, amici. Soprattutto mi ha dato molto Piero Torri, suo amico, figura singolare di imprenditore acculturato, che lo ha conosciuto bene. Da lui viene il ricordo dei bagni in Val Vertova». Ma, alla base, c’è anche lo studio dell’archivio del gruppo, discorsi, assemblee, interviste, bilanci, rassegne stampa. In assenza di un diario autografo strutturato, «ho cercato di isolarne quei brevi testi. Un lavoro di sintesi, un po’ come nella produzione del nylon».
Copie del libro sono distribuite gratuitamente, a richiesta, nello spazio Greentainer di RadiciGroup, in piazza della Libertà, a Bergamo, per tutto il periodo di presenza della pista di pattinaggio. Altrimenti, scrivere a marketing@radicigroup.com