Gente di Gandino, Giusta fra le nazioni

Il più alto riconoscimento dello Stato d'Israele assegnato alla memoria di sei persone A rischio della propria vita salvarono una sessantina di ebrei nascondendoli ai nazisti

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Data pubblicazione: 

26/11/2005
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Margherita Rudelli, figlia di Vincenzo Rudelli
Bortolo e Battistina Ongaro
Ritratto di Vincenzo Rudelli
Giovanni Servalli, al tempo impiegato in Comune a Gandino dove preparava i certificati falsificati e le carte di identità ai cittadini ebrei per favorirne la fuga
I coniugi Francesco Nodari e Chiara Carnazzi che diedero ospitalità a diversi cittadini ebrei nella località detta Prat Serval

«Mio padre lavorava in Comune a Gandino. Non so come nacque tutta questa vicenda degli ebrei nel nostro paese, non so come fu che decine di persone furono aiutate a sfuggire ai lager e ai forni crematori. Di fatto si dice che furono 63 gli ebrei che trovarono scampo a Gandino. Mio padre si chiamava Giovanni Servalli, a quell'epoca aveva 28 anni perché era nato nel 1916. Lavorava all'anagrafe e preparava i certificati falsificati, le carte di identità agli ebrei che poi magari ripartivano e andavano in Svizzera».
Maurizio Servalli oggi ha 52 anni, lavora alla Acerbis di Albino: è uno dei due figli di Giovanni Servalli (l'altro si chiama Franco, ha 57 anni e abita a Stezzano). Racconta di suo padre che domani verrà premiato a Gandino. Un premio alla memoria. Continua Maurizio: «Mio padre è morto nel 1983. A dire la verità non amava parlare della guerra, a noi figli non ha raccontato quasi mai niente, le cose le ho sapute dagli altri. Sapevamo degli ebrei più che altro per le cartoline che arrivavano dagli Stati Uniti, per le visite che ogni tanto ci facevano quelli che magari erano rimasti a Milano. Ma certo mio padre non era solo, esisteva a Gandino tutta una rete di persone che davano una mano agli ebrei».
E alcune di queste persone, ormai scomparse, hanno ricevuto il più alto riconoscimento che viene attribuito dallo Stato di Israele, quello di «Giusti fra le nazioni», che viene conferito a coloro che hanno aiutato persone ebree durante la persecuzione nazista anche mettendo a rischio la propria vita. Il più famoso di loro è Oscar Schindler, l'uomo a cui Spielberg ha dedicato il film «Schindler's list». Ma di Schindler ce ne furono tanti, piccoli e grandi. Anche a Gandino. Il riconoscimento di Giusti fra le Nazioni verrà consegnato domani nel Salone della Valle alla memoria di Giovanni Servalli, Bortolo e Battistina Ongaro, Vincenzo Rudelli, Francesco e Chiara Carnazzi Nodari. Vincenzo Rudelli era docente di matematica all'Istituto tecnico di Bergamo. Ricorda la figlia Margherita che oggi ha 93 anni: «So che mio padre nascondeva gli ebrei d'accordo con altre persone di Gandino. A noi figli ripeteva sempre che bisognava avere rispetto degli ebrei e di tutte le persone. "Ricordatevi che sono esseri umani proprio come noi" ci ripeteva. Abitavamo a Redona, ma in quel periodo eravamo tornati sfollati a Gandino. Ricordo che gli ebrei venivano ospitati nel nostro roccolo su al Colle delle Monache, ma che qualche volta venivano anche giù in casa in paese». Il roccolo venne poi incendiato dai tedeschi nei giorni in cui si verificò l'episodio della Malga Lunga. Vincenzo Rudelli dopo la guerra fu anche sindaco di Gandino.
Tra coloro che in paese hanno meglio conservato la memoria di quei giorni c'è Giuseppe Ongaro, che all'epoca era un bambino. Giuseppe è conosciuto in Gandino come «Bepi Oca», come suo padre e suo nonno. Domani anche ai suoi genitori sarà assegnato il riconoscimento di Israele. Bortolo e Battistina Ongaro ospitarono la famiglia di Maria Löwi nella loro abitazione. I figli degli Ongaro e quelli della donna ebrea crebbero insieme per più di un anno. E Marina Löwi, figlia di Maria, è stata la più tenace nel chiedere allo Stato di Israele il riconoscimento di «Giusti fra le nazioni» per la gente di Gandino. La famiglia Löwi restò nascosta a Gandino per due anni, presso diverse famiglie: gli Ongaro, i Rudelli e nella casa di Francesco e Chiara Carnazzi Nodari. Racconta Luigi Carnazzi che abita a Gandino ed è pronipote dei coniugi: «Anche loro ospitarono degli ebrei su in montagna dove c'era un fondo affittato dai signori Testa, quelli dello stabilimento. C'era il fondo su al Prat Serval e il pascolo dove tenevano i cavalli perché a quell'epoca i miei facevano i carrettieri. Chiara era sorella di mia madre. Lei stava su al fondo e teneva polli e conigli e suo marito, Francesco Nodari, lavorava alla cava di sabbia e di ghiaia. Noi li chiamavamo la zia Ciara e il barba Cesco. Sono morti da molti anni. Mio zio era del 1893 ed è morto nel 1976, mia zia era del 1889 ed è morta nel 1969. Lui lavorava alla cava Guerini, su verso Valpiana. Era povera gente, ma quando c'era da dare una mano non si tirava indietro. Facevano parte di quel giro di famiglie e abitazioni dove gli ebrei si rifugiavano. Ma non stavano sempre nella stessa casa, ruotavano, penso per evitare sospetti».
Ma in oltre due anni di soccorso, di ebrei nascosti, aiutati a fuggire, sembra che in Gandino non si sia verificato mai neppure un atto di delazione. Anche per questo la cerimonia di domani non coinvolge soltanto alcune famiglie, ma è la festa di tutto il paese.

Benemerenze «partite» dagli Usa
 
Domani mattina a Gandino si svolge la cerimonia di consegna ufficiale dei riconoscimenti di «Giusti fra le nazioni» che lo Stato di Israele ha assegnato ad alcuni gandinesi che hanno offerto aiuto e ospitalità agli ebrei perseguitati nel corso della Seconda guerra mondiale.
L'appuntamento è alle 11 nel Salone della Valle alla presenza del sindaco Gustavo Maccari, delle autorità e del delegato dell'ambasciata di Israele a Roma, Shai Cohen. Il riconoscimento viene assegnato dall'Istituto per la Memoria dei martiri e degli eroi della Shoah Yad Vashem, istituto fondato dal parlamento israeliano nel 1953 al fine di commemorare i sei milioni di ebrei assassinati dai nazisti e dai loro collaboratori, tramandando la memoria di quel terribile genocidio alle future generazioni.
Compiti principali dello Yad Vashem sono la commemorazione e la documentazione degli eventi della Shoah. Fra l'altro anche l'attribuzione del riconoscimento di «Giusti fra le nazioni». Il massimo onore andrà alla memoria di Bortolo e Battistina Ongaro, di Vincenzo Rudelli, Giovanni Servalli, Francesco Lorenzo e Maria Chiara Carnazzi Nodari. I loro nomi con le fotografie saranno inseriti sulla «Parete d'onore dei Giusti» nell'Istituto per la memoria dei Giusti a Gerusalemme. A sostenere in particolare il riconoscimento ai cittadini di Gandino è stata Marina Löwi, attualmente residente negli Stati Uniti. Marina Löwi era una bambina quando si scatenò la ferocia nazista. Con la madre e il fratello venne ospitata a Gandino in particolare dalla famiglia Ongaro.
Marina ha scritto una lunga lettera ai gandinesi dove fra l'altro dice: «Abbiamo ricevuto rifugio a Gandino da gente eroica. Anche loro intrappolati nella tempesta della tirannia nazista... Per questo per tutta la mia vita sono stata così grata alle persone che hanno dato rifugio a una giovane mamma con due bambini dai furori razzisti».
Nel 1948, nel terzo anniversario della Liberazione, gli ebrei profughi a Gandino (circa una sessantina) consegnarono all'allora sindaco Alberti una pergamena di ringraziamento, ancora oggi esposta in municipio.
Vi si legge: «Gli ebrei che in questo Comune ebbero rifugio e il bene supremo di salvare la vita, ricordano con commossa riconoscenza e perenne gratitudine quanti tra i generosi abitanti di questo Comune furono loro prodighi di cure e di aiuti, spesso a rischio di compromettere per sempre il loro stesso avvenire. Possa tale nobile esempio in questo mondo ancora travagliato da odi inumani e sconvolto da chi antepone tuttora l'interesse alla morale, essere di monito ai presenti e da guida alle generazioni future».

Autore: 

Paolo Aresi

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