«Generoso e capace di ascoltare, infondeva serenità»

Il ricordo di monsignor Bonaldi dei compagni di Messa: «Soprannominato "il guerrigliero di Dio", si è sempre battuto per la libertà»

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22/10/2006
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Il legame che c'è tra sacerdoti compagni di Messa è qualche cosa di indefinibile. È un rapporto stretto, forte, fraterno. Ecco, don Giuseppe Ferrari - che è stato anche compagno di seminario del vescovo Amadei - per i suoi compagni di Messa, quei 29 giovani che il 9 giugno 1956 consacravano la loro vita a Dio, era proprio un fratello. Il ricordo viene spezzato dalla commozione. «Abbiamo condiviso tante cose… – esordisce con la voce rotta don Gianni Ceruti, vicario parrocchiale a Gandino –. Siamo stati per anni compagni di banco, poi ci siamo confidati tanti segreti: eravamo come fratelli. Con don Giuseppe si parlava volentieri, mi ascoltava nella sua semplicità. Mi raccontava la sua esperienza a Roma, poi quel suo desiderio di andare in Bolivia. Nonostante le distanze, i diversi impegni, la lontananza riusciva sempre a mantenere questa fratellanza tra di noi».
Il silenzio prende il sopravvento. C'è un ricordo che si fa più presente e vivo nella memoria di don Ceruti. «Ricordo che recentemente era venuto a Gandino per predicare nel settenario della Madonna Addolorata – racconta don Ceruti –. È stata una settimana bellissima, ero contentissimo perché avevamo avuto l'occasione di stare insieme e potevo ascoltare le sue riflessioni. Durante la processione, lungo il tragitto, abbiamo avuto un momento intenso di preghiera e credo che la sua omelia a conclusione di quella settimana sia stata così toccante per tutti. Parlava dei sofferenti, dei malati, degli ultimi. Alla fine molti fedeli sono venuti a salutarlo sul sagrato della basilica: credo che a tutti abbia donato una serenità che si mantiene con gioia nel cuore».
Parallelo affiora anche il ricordo di monsignor Alessandro Recanati, già arciprete di Clusone. «Più che un compagno è stato un fratello. È una grande perdita per noi, per la Chiesa, per le comunità che ha servito – afferma monsignor Recanati –. Era un prete meraviglioso, limpido, aveva una freschezza giovanile, generoso fino all'impossibile e animato da uno spirito missionario esemplare. Don Giuseppe è sempre stato lineare in ogni suo modo di pensare. Io ho avuto la fortuna di stare a Zogno, suo paese d'origine, e conoscere i genitori e i fratelli. Don Giuseppe aveva il senso e il culto dell'amicizia, riusciva sempre, nonostante tutto, a farsi sentire».
Don Giuseppe Donghi, parroco di Castagneta, ieri mattina ha benedetto la salma del sacerdote confratello prima che venisse portata a Zogno. «È stato un momento tristissimo – ammette – Eravamo 29, ora siamo rimasti in ventuno. Don Giuseppe era quello che tra di noi aveva sempre espresso il suo animo missionario e ha avuto la grazia di esaudire il suo desiderio. Io lo chiamavo “il guerrigliero di Dio” perché andava a celebrare la Messa, dopo la funzione per i suoi minatori in Bolivia, anche per i guerriglieri. In fondo credo che anche con loro si trovasse bene, li comprendeva perché si è sempre battuto per la libertà».

Autore: 

D. Ag.

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