Con «L’Eco café» alla riscoperta della valleDopo la crisi del tessile si cercano nuove prospettiveIl ritorno alla terra, l’ambiente come risorsa «nuova»
Comincia venerdì e sabato con Gandino e Castione il viaggio de «L’Eco café», la postazione mobile del nostro giornale che durante l’estate toccherà diversi paesi della provincia per raccontarne la realtà, caratteristiche e problemi. Cominciamo da Gandino.
Giovanni Perletti è qui nella grande piazza, sta dando gli ultimi ritocchi alla sua bottega. L’insegna è dipinta in elegante, vecchio stile, c’è scritto: «Perletti, alimentari dal 1961». Dice Giovanni: «Questo negozio lo ha aperto mio padre cinquant’anni fa. Io e mia sorella Anna Maria andiamo avanti, domani inauguriamo la ristrutturazione. Abbiamo investito tutto quello che possiamo perché crediamo nel nostro lavoro e crediamo in Gandino, pensiamo che questo paese abbia ancora un futuro importante. Il nostro era un negozio di alimentari, adesso facciamo anche caffè, gastronomia, abbiamo avviato una collaborazione con Slow Food. Stiamo nella tradizione, ma guardiamo avanti».
Tiburio
E Gandino gronda tradizione.
Il suo centro storico è fra i più preziosi della provincia, la sua basilica è un tesoro dell’architettura seicentesca, con il suo grande tiburio, l’enorme campata centrale, con le sue decorazioni, le imponenti colonne quadrilobate di marmo nero. Il restauro del tiburio è in corso, tutta la comunità parrocchiale è chiamata da dare un contributo perché lo sforzo è notevole.
Continua Perletti: «Il nostro è un centro storico che ha bisogno di interventi, di restauri, certo. Ma un problema è la burocrazia. Sa quanto tempo ho dovuto aspettare per ottenere il permesso di intervenire? Adesso ho il problema di spostare l’insegna. Mi hanno detto che devo tornare a Milano in sovrintendenza. E ci passerà più di un anno. Ecco, un problema è proprio l’eccesso di burocrazia, di carte e documenti che non sono davvero sostanziali, di tempi insostenibili».
Eppure queste vie, nonostante gli intonaci scrostati, qualche puntellatura, nonostante certe ristrutturazioni piratesche degli Anni Sessanta e Settanta, eppure queste vie esprimono l’importanza, persino lo splendore che il paese aveva raggiunto nei secoli passati, grazie ai panni di lana, alle coperte, alle tessiture. Si erano creati mercati, si era creato tanto lavoro. E il lavoro portava ricchezza.
Emanuele Caleca da cinque anni gestisce il bar Centrale nella piazza davanti al municipio.
Crede nello sviluppo: in cinque anni il bar è diventato ristorante e poi albergo. Dice Caleca: «Adesso il problema più serio della valle consiste nella mancanza di lavoro. Ma le possibilità per uscire dalla crisi ci sono. Nel mio piccolo ho trasformato il bar in qualcosa d’altro, riscoprendo le tradizioni locali. Per esempio i prodotti a base di mais, il mais spinato, tipico della Val Gandino che è stato riscoperto negli ultimi anni e il cui seme è stato depositato anche nella banca del seme in Norvegia. Ci sono contadini in valle che hanno ripreso a seminarlo e a raccoglierlo. Ma non basta riscoprire le tradizioni, bisogna portarle nel tessuto della società, delle esigenze contemporanee. Così noi abbiamo pensato a valorizzarlo, proponendo sapori vecchi, ma nuovi.
Si è cominciato a produrre i biscotti di mais spinato, per esempio. E dolci. Abbiamo inventato un gelato particolare al biscotto di melgotto, cioè il nostro mais. Insomma, bisogna puntare nella direzione dell’ambiente, di dare valore al nostro territorio, credo sia un tesoro da riscoprire. Ma sa quanti turisti francesi o austriaci passano di qua e restano di stucco, meravigliati davanti ai tesori del museo della basilica, davanti al nostro centro storico. Per non parlare del convento delle suore Orsoline, dell’archeologia industriale... Una cosa importante che dobbiamo cercare è la collaborazione fra i commercianti, fra chi lavora per Gandino. E la collaborazione fra i paesi della valle. Qualcosa si è mosso con "Le cinque terre della Val Gandino", ma c’è ancora tanto da fare».
La tradizione, la novità che arriva dal passato. Lorenzo Servalli ha ottant’anni, ha fatto il contadino, il carpentiere emigrato in Svizzera. Adesso fa il pensionato. Dice: «Avevo le mucche in località Curino, dopo Cirano. Una volta la vita era più tranquilla, adesso corrono tutti, sempre. Penso che Gandino dovrebbe riscoprire la bellezza della sua terra e di un modo di vivere diverso, senza tutta questa fretta del diavolo».
Loggia puntellata
Palazzi suggestivi, come questo di via Forzenigo, dalla loggetta puntellata. Piera Zenoni è un’imprenditrice, si occupa di servizi ambientali e di pulizia, dice: «Il tessile è finito, a parte qualche nicchia, è inutile stare a piangere. Adesso la scommessa è il rinnovamento.
Eravamo una terra di immigrazione, adesso andiamo noi a lavorare fuori ed esiste una preoccupazione per i nostri figli. Anche l’edilizia è ferma... Adesso ci vogliono idee, iniziative. Per esempio, l’edilizia è ferma, ma in Gandino ci sarebbe tanto lavoro da fare se consideriamo il tesoro del centro storico, tutte le case da recuperare.
Abbiamo il Farno, abbiamo zone bellissime...».