Antonio Colombi fu internato in un campo di lavoro in Austria, poi non si seppe più nullaGrazie all’elenco pubblicato da «L’Eco» nel 2010 s’è scoperto dove era sepolto. Sabato il funerale
Gandino ha riaccolto dopo 68 anni Antonio Colombi, classe 1912, alpino del Battaglione Edolo morto il 1° aprile 1944 in Austria, nel campo di internamento di Grems Gneixendorf e sepolto nel cimitero internazionale di Mauthausen, nel reparto riservato agli italiani.
Di lui si erano perse le tracce dopo gli eventi dell’8 settembre 1943 e solo grazie alle ricerche svolte da Roberto Zamboni, veneto di Montorio Veronese che era sulle tracce di uno zio, anch’egli disperso in guerra, è stato possibile rintracciare il cimitero dove era stato tumulato l’alpino gandinese, così come quelli dove riposano i due compaesani Giuseppe Nodari e Vincenzo Servalli.
Del ritrovamento dello Zamboni e del lungo elenco dei soldati di cui si era persa ogni traccia e che erano sepolti nel cimitero di guerra, «L’Eco di Bergamo » aveva dato notizia nell’edizione del 22 giugno 2010, contribuendo a far sì che le famiglie dei dispersi avessero la possibilità di conoscere la sorte dei loro cari, ma, soprattutto, di riaverne la salma.
Il rientro in Patria
Così è avvenuto anche per Antonio Colombi i cui familiari, in particolare la nipote Cecilia Nodari e Anna Nicoli, figlia di un cugino, con determinazione si sono attivate per ottenere il rimpatrio della salma che, grazie anche al Consolato onorario d’Italia a Lintz, è giunta martedì all’aeroporto di Malpensa con un volo Lufthansa.
L’ossario è stato trasportato a Gandino e collocato nell’abitazione paterna in via Simonini 6, dove rimarrà fino ai funerali che si svolgeranno sabato alle 15 nella basilica di Gandino. Secondo di tre figli nati dal matrimonio di Giuseppe Colombi e Teresa Nicoli, nel 1933 Antonio, appena ventunenne, è arruolato nel 5° reggimento alpini battaglione Edolo, di stanza a Merano. Allo scoppio della guerra è richiamato alle armi e l’armistizio dell’8 settembre lo trova in forza al reparto dove il cugino Andrea Nicoli riferisce, al rientro in patria, di averlo incontrato tra il 10 e il 13 settembre.
Anche il cugino verrà deportato e finirà in un campo di lavoro, addetto alla rimozione delle macerie dei paesi bombardati, ma si salverà e tornerà a casa.
Internato in un campo
Nella confusione dei giorni successivi all’armistizio si perdono anche le notizie su Antonio Colombi: si sa solo che è stato internato in Austria, in un campo di lavoro. Di lui non si hanno altre notizie fino alla sua morte avvenuta per tubercolosi e ulcera perforante (conseguenza degli stenti patiti), il 1° aprile 1944.
L’annuncio del decesso, portato in paese un anno dopo da un commilitone suo compagno di prigionia, viene poi ufficializzato con uno scarno comunicato del ministero della Difesa solo nel novembre 1945. Da allora di lui non si hanno più notizie, fino all’individuazione del cimitero internazionale dove riposa, non lontano dal campo di sterminio di Mauthausen.
La trafila burocratica
Le iniziative dei familiari per ottenere il rimpatrio della salma non sono state semplici: sono stati stabiliti contatti con il ministero della Difesa, con l’Associazione famiglie dispersi in guerra, con la sede di Bergamo dell’Associazione nazionale ex deportati e con la Provincia.
Ma non da tutti gli enti è giunta risposta tempestiva, allora Cecilia e Anna hanno proceduto di loro iniziativa e a loro spese. Vi è stato anche uno scambio di lettere con lo stesso Zamboni che ha fornito ai familiari indicazioni utili. Sono state così superate le difficoltà di ordine burocratico e amministrativo e dall’amministrazione comunale di Gandino, quando ancora era sindaco Gustavo Maccari, è arrivato un contributo di 1.500 euro per le spese sostenute.
Dopo i funerali che saranno celebrati sabato la salma verrà sepolta nella tomba dove giace il fratello Felice.
La comunità di Gandino accoglie così con gli onori che merita un altro dei suoi sfortunati figli caduti per la Patria e aggiungerà il suo nome nelle lapidi che testimoniano la gratitudine del paese per il loro sacrificio.
Nove mesi per riportarlo a casa
Cecilia Bosio e Anna Nicoli, nipote e figlia di un cugino di Antonio Colombi, sono le due donne che si sono impegnate in prima persona per riportare a casa le spoglie mortali dell’alpino gandinese. Partendo dalle notizie pubblicate su «L’Eco di Bergamo » nel giugno 2010, hanno seguito la pista tracciata da Roberto Zamboni per scoprire dove il loro parente era stato seppellito.
«Ci siamo rivolti a tutti gli organismi competenti a partire dal gennaio di quest’anno – dice Anna –, ma solo ora siamo riuscite a concludere il nostro progetto. Ho potuto visitare il cimitero dove era sepolto il nostro congiunto e ho visto una struttura ordinata e curata, dove ho trovato subito la tomba del mio parente». Cecilia aggiunge: «L’ho fatto per un impegno morale nei confronti di mia mamma, sorella di Antonio, e di mia nonna che avrebbero voluto dare degna sepoltura al loro caro, morto in terra straniera e di cui non si sapeva più nulla».
Ad accogliere la salma, a Milano, c’erano tre generali inviati dal ministero. «C’erano anche i famigliari di un altro soldato – spiegano le parenti di Colombi –: nel vederli in attesa ci sono venuti i brividi».