Da Leonardo a Ugo Foscolo Gandino vola alto

In un libro la storia del paese: scoperte inaspettateL’aviatore Nosari finì sul New York TimesNel 1912 stabilì il record d’altezza con passeggero

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28/03/2012
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La grande storia passa da Gandino.
Ci sono Leonardo da Vinci e Mozart, ma anche Garibaldi, Ugo Foscolo, San Carlo Borromeo, Giuseppe Verdi, San Padre Pio da Pietrelcina, l’imperatore Federico II d’Asburgo e il Beato Innocenzo XI tra i personaggi citati in Gandino la storia, il volume che viene presentato domani (ore 21,15 Teatro Loverini). Edito dal Comune, è un’antologia che traccia un percorso dalle primordiali ere geologiche fino ai giorni nostri.

Un archivio ricchissimo
«La storia – sottolinea il sindaco Gustavo Maccari – è maestra di vita per un popolo. A Gandino abbiamo la fortuna di disporre di un archivio storico e di un altro parrocchiale di rara ricchezza. Lo sforzo per realizzare questa pubblicazione, coordinata dal professor Pietro Gelmi, è stato notevole e numerose le difficoltà da superare.
La mole di spunti è impressionante e non è stato facile fuggire alla tentazione di approfondire e indagare ulteriormente molte tematiche, nonostante Gandino vanti una copiosa letteratura sugli ambiti più disparati». In effetti Gandino rappresenta un unicum nella storia della Bergamasca, così come lo è in campo architettonico la sua maestosa Basilica di Santa Maria Assunta.
La posizione geografica, la conformazione territoriale e l’attività dei mercanti di pannilana che fecero del tessile una vera e propria arte sono elementi che hanno fatto di Gandino un crocevia obbligato per la storia antica e contemporanea. Ecco allora arrivare Leonardo da Vinci fra il 1506 e il 1508, quale cartografo al seguito dei francesi, oppure Garibaldi nel 1860, che qui fece tingere le stoffe per vestire di scarlatto i Mille partiti da Quarto.
Fu un gandinese, Quirino Gasparini, a comporre nel ‘700 un Adoramus Te a lungo attribuito a Mozart, così come non sono fantasia i concerti a quattro mani del gandinese Andrea De Giorgi con Giuseppe Verdi. «La galleria di personaggi e aneddoti è infinita – sottolinea Pietro Gelmi – ed è stato utile, per dare organicità al lavoro di ricerca, adottare un metodo rigoroso, che partisse da reperti e documenti scritti, utilizzando come spunti di ulteriore verifica e approfondimenti la ricchissima tradizione orale». In un vero e proprio fiume di dati le «pepite» dorate sono emerse lucenti, rivelando notizie ai più sconosciute.

I legami con gli Asburgo
«Sono confermate – aggiunge Gelmi – l’origine gandinese per parte materna di Papa Innocenzo XI e la presenza a Gandino di San Carlo Borromeo, ma anche i forti legami con la corte degli Asburgo», che addirittura nel 1659, nominarono il gandinese Gian Andrea Giovanelli «barone dell’Impero».
La storia offre spunti impensabili anche nel secolo appena concluso, con il saio reliquia di Padre Pio giunto a Gandino sin dagli anni ’40 e la particolare storia di Giuseppe Nosari, pioniere dell’aviazione. «Era nato nel 1883 – spiega Iko Colombi – e a vent’anni rimase affascinato dal primo volo dei fratelli Wright e dalle primissime gare di aviazione degli anni successivi a Brescia. Nel 1910 si propose di costruire in proprio un aereo, tipo Blériot, con canne d’acciaio.
Costruì personalmente anche il motore, premiato con medaglia d’oro della Camera di Commercio a San Pellegrino Terme. Nel luglio 1912 ottenne il brevetto di aviatore allo storico Campo Mirafiori di Torino. Il 19 settembre di quell’anno Nosari, con un “Asteria 3”, stabilì il nuovo primato italiano di altezza con passeggero, raggiungendo sopra Torino la quota di 1.200 metri. Un volo di circa 80 minuti, sorvolando Superga e la Mole Antonelliana. Un’impresa memorabile che fece scalpore. Il 3 febbraio 1913, sempre a Mirafiori, si schiantò al suolo durante un volo di prova.
La notizia della tragica morte dell’aviatore gandinese fece il giro del mondo e finì sulle pagine del prestigioso New York Times, negli Stati Uniti, il 4 febbraio 1913». Un’intraprendenza e un orgoglio, quelli di Nosari, tipici dei gandinesi di ieri e di oggi, quasi un Dna su cui si sono fondate le fortune dell’industria tessile nei secoli e la continuità di incredibili tradizioni (basi citare la Raggiera del Triduo e il Corpus Domini) ancora ai giorni nostri. «Il libro apre un’infinità di finestre – dice l’assessore alla Cultura Filippo Servalli – su cui si innesteranno in futuro nuovi percorsi di ricerca. È un’occasione fondamentale per dare il giusto rilievo a una storia troppo spesso, e a torto, ritenuta “provinciale”».

Il passato nei disegni di Bepi Rottigni
A Il volume «Gandino la storia» conta oltre 450 pagine. L’iniziativa editoriale del Comune, avviata già da alcuni anni, è stata coordinata dal professor Pietro Gelmi, con il quale hanno collaborato sette autori: Iko Colombi, Battista Suardi, Enrico Mosconi, Gustavo Picinali, Mario Carrara, Giambattista Gherardi e Silvio Tomasini. In copertina con il palazzo municipale e l’antica fontana c’è un frammento dell’Atto di Emancipazione che i gandinesi siglarono nel 1233.
Il volume, venduto alla Biblioteca Civica al prezzo di soli 10 euro, contiene più di 400 immagini, necessarie a raccontare persone e personaggi, opere vecchie e nuove e, soprattutto, luoghi che mutano nel tempo. Efficaci a tal proposito gli straordinari disegni di Bepi Rottigni. Una quarantina di tavole (acquerelli e carboncini) che ricostruiscono la Gandino di un tempo. «Non è stato un semplice esercizio artistico – sottolinea l’autore –.
Ogni disegno è la ricostruzione minuziosa di un luogo così com’era in origine, dopo la minuziosa consultazione di documenti, affreschi e planimetrie, senza tralasciare sopralluoghi diretti. Ho ricreato le antiche porte della cinta muraria la cui costruzione fu avviata nel 1397. Ora sono in massima parte andate disperse». Fra i disegni di Rottigni non mancano le frazioni di Cirano e Barzizza, ma anche uno scorcio di Piazza Vittorio Veneto così come appariva nel XVII secolo, quando in bella vista si ergeva la Colonna Veneta con il leone di San Marco. I disegni di Bepi Rottigni sono esposti in questi giorni, sino a domenica 1 aprile, nella Sala Ferrari di piazza Vittorio Veneto (tutti i giorni dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 22).

Autore: 

GIAMBATTISTA GHERARDI

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