Che successo la farina con il mais spinato

Il rilancio di Gandino, fra ricette speciali e iniziative culturaliSi punta a raddoppiare la produzione: nel 2011 era di 50 quintali

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19/03/2012
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Il mais spinato di Gandino ed il biscotto melgotto, primo nato con la farina che se ne ricava

Certo, c’è quel documento datato 1632 - o forse addirittura 1623 come è stato accertato dai rilievi svolti presso l’Archivio storico del Comune - a testimoniare che Gandino vanta il record di essere stata la prima terra lombarda ad ospitare il mais arrivato dalle Americhe. Ma se non fosse stato per un manipolo di persone convinte e determinate a riportare in auge la tradizione, la storia sarebbe stata vanificata ed il lavoro dei contadini che di generazione in generazione si sono tramandati il seme sarebbe andato irrimediabilmente perso. Per fortuna gente che ci crede e che spontaneamente e con il solo interesse di valorizzare la propria terra ancora ce n’è.
A Gandino si chiamano Filippo Servalli, anche assessore alla Cultura del Comune, Antonio Rottigni della Pro Loco e coordinatore del progetto, Giacomo Zucca, fornaio creativo (è lui ad avere ideato anche l’impasto della «Garibalda», la pagnotta che è diventata il nuovo pane di Bergamo), Emanuel Caleca, ristoratore appassionato che nel suo Caffè Centrale ha messo a punto una serie di ricette che vedono protagonista la farina di mais spinato. A loro va aggiunto Paolo Valoti, che di Gandino non è, ma in quanto direttore dell’Unità di ricerca per la Maiscoltura di Stezzano, ha raccolto la sfida con entusiasmo dando il supporto scientifico necessario al progetto che ha preso ufficialmente il via nella primavera del 2008 con l’istituzione della De.Co. (la Denominazione comunale di origine ideata da Luigi Veronelli). Il primo passo, fondamentale, è stato ritrovare semi della varietà autoctona di mais spinato.
Le tracce hanno portato alla Cascina Cà Parecia, al confine con Cazzano Sant’Andrea, dove la famiglia Savoldelli, avendo per secoli praticato la risemina del mais prodotto in loco, lo aveva mantenuto in purezza. La ricerca del dna ne ha confermato l’origina antica. Per fissarne i caratteri è stato necessario lavorare in selezione ed in riproduzione per i tre anni successivi. Nel frattempo l’opera di sensibilizzazione degli ideatori del progetto nei confronti dei contadini e di tutta la popolazione locale ha continuato a fare proseliti. La distribuzione delle sementi è andata di pari passo alla nascita delle attività correlate, dal piccolo mulino artigianale attrezzato all’interno del Palazzo Giovannelli all’elaborazione di nuove ricette con la farina che se ne ricava (vedi box nella pagina), dalle iniziative culturali per le scolaresche alla partecipazione ad incontri e manifestazioni come la «Disfida della polenta» di Varzi (Pv), una sorta di gara fra le Pro Loco provenienti da ogni parte d’Italia (in entrambi i casi sul gradino più alto del podio è salita quella preparata dai gandinesi). Sempre a proposito di test comparativi, va segnalato quello organizzato nello scorso dicembre presso il Centro di Maiscoltura di Stezzano.
Tra le sei polente preparate con varietà di mais nostrano con identica procedura, ha prevalso nel giudizio degli esperti quella con farina di mais spinato di Gandino per merito della carica aromatica intensa e della consistenza particolarmente vellutata. Avuta la conferma della qualità, a che punto è ora il progetto di diffusione della coltivazione sul territorio di Gandino e dei paesi confinanti che si riconoscono nel cartello delle 5 terre della valle? «Abbiamo già predisposto il protocollo per i prossimi due anni - dice Rottigni - e contiamo di raddoppiare almeno la produzione che l’anno scorso è stata di 50 quintali. Ora ci seguono costantemente 6 contadini, i 4 fornai di Gandino ed alcuni ristoranti.
Dopo le naturali diffidenze iniziali il gruppo è adesso solido e convinto di avere una risorsa importante per ritrovare identità ed al contempo costruire una piccola ma significativa economia che leghi la cultura contadina a quella artigianale e dell’ospitalità».

Autore: 

ELIO GHISALBERTI

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