Chiese e palazzi «spiegati» agli stranieri da cartelli in inglese
Yes, a Gandino chiese e palazzi parlano inglese. Abituati al latino, superata la moda del dialetto, a Gandino guardano avanti e su chiese e palazzi arriva l'inglese. Nelle ultime settimane è stato completato il progetto di Comune e Pro loco che ha «targato» una trentina di edifici del centro storico con una segnaletica che, in sintesi, spiega origini, storia e peculiarità delle bellezze architettoniche (davvero tante) che il turista si trova di fronte.
Qui la «guerra del dialetto» non c'è stata: l'amministrazione leghista guidata sino al 2002 da Marco Ongaro aveva in effetti «targato» gli ingressi di Gandino con vistosi cartelli «Gandì», che però la successiva amministrazione di Gustavo Maccari, a capo di una lista civica, ha di fatto confermato, limitandosi all'eliminazione del Sole delle Alpi dai maniglioni del Salone della Valle, dove forse la provocazione leghista si era spinta all'eccesso.
Il turismo di oggi è in cerca di tipicità più legate alla gola che non alla lingua: il dialetto resta con i suoi valori e i suoi colori incredibili, ma hanno più successo per i turisti il biscotto Melgotto, la formaggella, i capù e ovviamente la polenta. Per l'informazione l'inglese è necessario: ecco il motivo delle targhe in doppia lingua sui palazzi e le guide in divenire by «Le Cinque Terre della Val Gandino». Un modo per dimostrare che a pochi chilometri dall'aeroporto di Orio e pochi anni dall'Expo sarebbe una sciagura restare periferia.
Anche perché Gandino «periferia» non lo è mai stata: i suoi commercianti hanno portato i pannilana in mezza Europa, nella basilica e in museo ci sono opere, tessuti e presepi da ogni angolo della Terra. Qui è arrivato, primo luogo in Lombardia, il mais per la polenta e negli affreschi ci sono carte geografiche che indicano Amsterdam e Norimberga. Sempre a Gandino hanno tinto la camice rosse dei Garibaldini: se qualcuno a Bergamo pensa a rimuovere i cartelli «Città dei Mille», a Gandino c'è posto!