Bielorussi addio: sciolto il comitato

Aveva ospitato 150 bambini. «Dopo il caso Cogoleto, stop all'accoglienza»

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06/02/2008
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Sopra, un gruppo del comitato della Fondazione «Aiutiamoli a vivere» della Val Gandino nel 2005, durante la visita al villaggio di Chatovnia, in Bielorussia; alcuni bambini in valle e al loro arrivo in aeroporto
Era stata una festa semplice e molto gioiosa, ma con un significato particolare, perché il saluto dato lo scorso autunno dal comitato della Fondazione «Aiutiamoli a vivere» della Val Gandino ai bambini bielorussi ospitati nelle famiglie è stato un addio.
Il comitato ha deciso infatti di sciogliersi, sia per la difficoltà di trovare nuove famiglie ospitanti, sia per le restrizioni causate dal caso della piccola Maria di Cogoleto, trattenuta dai genitori italiani. Si chiude così un'attività intensa, che ha coinvolto centinaia di bambini provenienti dalla regione di Minsk e in tutta la valle 150 famiglie. «Il gruppo era nato dieci anni fa a Gandino – spiega Marco Presti, coordinatore dell'attività negli ultimi anni – e siamo riusciti ad organizzare più di 150 soggiorni, grazie all'aiuto di una quarantina di famiglie. Oltre a ospitare i bambini abbiamo organizzato moltissime attività ricreative, rese possibili da tanti enti e associazioni che ci hanno aiutato. In questi dieci anni abbiamo vinto scommesse importanti, come gli interventi chirurgici che hanno ridato l'udito al piccolo Dimitri Kuksau e portato in Bielorussia la nostra solidarietà. Un gruppo di gandinesi ha raggiunto infatti l'Europa dell'Est, prendendo diretta conoscenza con il disagio di quelle realtà. Ma per i prossimi anni abbiamo deciso di chiudere i progetti di accoglienza, a causa del mancato ricambio di famiglie ospitanti».
La Val Gandino in questi anni è stata senza dubbio un punto di aggregazione importante per i progetti di accoglienza dei bambini bielorussi. Il Comitato di Leffe che scelse, fra i primi, di accogliere bambini e ragazzi provenienti dagli istituti, ha rafforzato negli anni legami molto stretti, occupandosi anche della ristrutturazione di alcuni orfanotrofi.
Anche a Casnigo l'esperienza di accoglienza si è esaurita lo scorso luglio, dopo centinaia di soggiorni garantiti ai bambini. Il tempo trascorso dal tragico evento di Cernobyl nel 1986 è un elemento importante. «La tragedia avvenne in Ucraina, ma ebbe ricadute forti soprattutto in Bielorussia, dato che la centrale era vicina ai confini. Poi la disgregazione dell'Unione Sovietica ha reso, se possibile, ancora più povere le popolazioni di quelle zone. Negli anni è stato sempre più difficile trovare famiglie disponibili ad accogliere i bambini e volontari pronti ad accollarsi le attività burocratiche e organizzative. L'aspetto emozionale dei primi anni si è affievolito e il blocco degli arrivi dello scorso anno, dovuto al caso della piccola Maria di Cogoleto trattenuta dai genitori italiani, ha ulteriormente contribuito a togliere motivazioni».
L'addio non è però definitivo: l'attenzione e la disponibilità restano. «In questi anni abbiamo insistito molto perché al legame affettivo che necessariamente si instaura con alcuni bambini si affiancasse anche una disponibilità a sostenere progetti più ampi che la Fondazione sostiene in Bielorussia. I "Tir della speranza", per esempio, hanno trasportato in Bielorussia tonnellate di aiuti sotto forma di medicinali, attrezzature sanitarie, materiale scolastico, arredi, poltrone per studi dentistici, strutture idrauliche, coperture, abbigliamento».
«Tutto questo ha messo "in rete" un dialogo fra famiglie, comitati e associazioni che anche per Gandino è elemento importante, che certamente non andrà disperso», aggiunge Presti.

Autore: 

Giambattista Gherardi

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